La Meditazione come Via
“Ciao Claudio, si può considerare la meditazione come via?”
Questa è una domanda molto interessante.
Io personalmente ritengo che la meditazione dovrebbe essere il terreno fertile per qualsiasi percorso di crescita personale e sufficiente a se stesso, quindi basterebbe anche solo l meditazione in molti casi.
Quindi certo sotto molti punti di vista -ora ne parliamo meglio- si può considerare la meditazione come via
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La meditazione crea il terreno fertile per qualsiasi percorso di crescita personale, sia esso un percorso di crescita psicologico, sia esso un sostegno, sia esso un processo spirituale, sia esso qualsiasi cosa tu voglia ottenere.
Dipende poi anche da cosa intendi con via.
la meditazione come via per la crescita personale e psicologica
Secondo me la meditazione è un punto di riferimento quasi imprescindibile. Non dico che chi non medita non riesca ad arrivare dove vuole, ci mancherebbe altro.
La vita stessa è un processo che ci dovrebbe portare da qualche parte, a prescindere dalla meditazione.
Diciamo però che la meditazione ci aiuta a essere più presenti nella vita quindi anche a vivere meglio e a fare più tesoro delle esperienze e della vita. Si è più pronti ad affrontarle.
Secondo me la meditazione è senz’altro la via principale.
Vediamo in che senso.
Per esempio è sicuramente una via per ritrovare noi stessi e infatti in ambito psicologico è molto usata, soprattutto come Mindfulness.
Un tempo la psichiatria ha fatto un po’ il training autogeno: non posso dire che sia esattamente come la meditazione, ma i benefici riscontrati nei training autogeni secondo me sono di gran lunga riscontrabili nella meditazione.
Assolutamente.
Direi anzi che nasce diversamente ma ritorna in qualche modo alla meditazione, se il training autogeno non rimane una tecnica di semplice rilassamento.
In ambito psicologico è sicuramente molto valida.
Anche il training autogeno in qualche modo è una forma che si avvicina alla meditazione.
Non è esattamente la stessa cosa ma è nata in qualche modo dalla psicologia.
Secondo me è un modo della psicologia per avvicinarsi alla meditazione.
La Mindfulness è invece una meditazione a tutti gli effetti, oggi come oggi usata moltissimo in ambito psicologico.
Fa chiaramente riferimento alla Vipassana, è di derivazione buddista Theravada.
Perché questo? Perché in qualche modo le correnti “atee” arrivano a un concetto che era quello tra l’altro scritto nel Tempio di Deli, “Conosci te stesso”.
Quando conosci te stesso conosci un pochino come ti relazioni nel mondo, conosci di più il mondo proprio perché vedi le interazioni tra te e il mondo.
Proprio grazie a questa osservazione, a questa comprensione derivante dall’osservazione, si può arrivare a conoscere tantissimo la realtà che ci circonda, molto più di quando ci passiamo distrattamente, quando non ci fermiamo a osservarla proprio così com’è, senza sovrapposizioni mentali.
La meditazione quindi è anche una via per conoscere, è anche una chiave “spirituale”, anche se forse è più corretto utilizzare il termine “transpersonale”.
La meditazione come via spirituale
La parola “spirituale” non piace a tutti perché si può ricollegare alle religioni e qualche volta le religioni hanno tradito i loro stessi messaggi, la loro stessa saggezza di cui invece dovevano essere veicolo.
Quando diventano istituzioni religiose, quando diventano istituzioni in mano a persone che non veicolano messaggi di saggezza allora ne fanno un abuso.
Torniamo alla parola “transpersonale”, una parola che mi piace di più.
Con “persona” si indica la maschera che usavano in teatro gli antichi romani e greci, che trasfigurava e serviva anche ad amplificare il suono.
C’è qualcuno al di là della maschera, c’è qualcuno al di là di questa apparenza.
Noi tutti sentiamo qualcosa di più profondo rispetto a quello che appare di noi.
Andare a indagare rispetto a cosa c’è al di là della maschera secondo me è un percorso che ci aiuta a scoprire qualcosa di trascendente, o quantomeno qualcosa di transpersonale.
Viene molto usata in ambito religioso, anche cattolico, anche se non si dice molto. Tutti gli elementi, tutti quelli che coltivano il silenzio stanno in qualche modo in meditazione.
Padre Pio diceva che chi non medita è come colui che non si specchia mai.
Sono parole sue. Invita spesso a scoprire l’importanza della consapevolezza grazie alla meditazione, anche perché quando siamo connessi, quando siamo in linea con noi stessi, in qualche modo ci allineiamo con qualche cosa che trascende anche noi stessi, proprio perché cominciamo a capire come stanno le cose.
Capiamo che forse non siamo soli in questo mondo ma siamo interconnessi.
C’è qualche cosa in più rispetto a questo involucro, quanto meno perché sono interconnesso, sono connesso con tanti esseri. C’è forse una rete.
Inutile scomodare parole come Dio, come coscienza universale, come Darma: sono concetti che in qualche modo vanno compresi, per non lasciarli astratti, parole vuote.
La meditazione aiuta a comprendere queste parole che altrimenti resterebbero vuote.
Per questo sono ampiamente usate in ambito transpersonale, in ambito spirituale.
Con la meditazione vista come via intendiamo anche la meditazione come via per esempio buddista.
la meditazione come via buddista
Nel buddismo, nel primissimo discorso che ha fatto il Buddha una volta raggiunta l’illuminazione, lui dice semplicemente quattro cose (una delle quali si fa in otto).
Ecco le prime quattro:
Esiste la sofferenza.
Esistono delle cause della sofferenza.
Esiste la cessazione della sofferenza.
Esiste una via per la cessazione della sofferenza.
Questa via è quella che in ambito buddhista viene chiamata L’Ottuplice Sentiero.
In questo Ottuplice Sentiero ha un ampio spazio la meditazione.
Infatti L’Ottuplice Sentiero è una serie di comportamenti, di azioni, di cose che possiamo attuare per raggiungere quella che è la fine della sofferenza.
Tre di queste sono legate alla meditazione.
Il retto sforzo, la capacità che io chiamo lo sforzo gioioso, è la capacità di ricordarci di essere attenti, di essere presenti a noi stessi, piuttosto che uno sforzo per rimanerci. Il retto sforzo è un richiamo continuo alla presenza.
Poi c’è una retta concentrazione. In realtà il termine è Samadhi e in qualche modo si rifà alla tecnica di meditazione Samatha, quella tecnica che permette di essere più concentrati, più raccolti.
La parola “concentrati” può far pensare a un campo di concentramento o a una costrizione, ma non è così.
Si tratta di un richiamo alla presenza, è uno stato di assorbimento. Di concentrazione e di raccoglimento.
Raccoglimento è la parola giusta, perfetta.
Quindi retto sforzo, retta visione, retta consapevolezza, retta comprensione al punto delle cose così come sono.
Questi tre aspetti fanno parte dell’Ottuplice Sentiero e riguardano la meditazione come via, anzi come tre vie per il raggiungimento, in caso del buddismo, della buddità, della capacità di essere risvegliati e di smettere di soffrire, smettere di sentirci in una condizione di sofferenza, questo grazie soprattutto alla meditazione.
Nell’ Ottuplice Sentiero c’è anche un comportamento etico e una retta visione delle cose.
Diciamo che le cose, questi elementi, si possono anche concatenare tra loro.
Come vedi quindi la meditazione come via è fondamentale, è un po’ trasversale a vari approcci proprio perché permette di sfrondare tutte quelle sovrapposizioni mentali e cognitive che i pensieri ci inducono a fare.
Ci permette di smettere di farci quelle che tecnicamente io chiamo le pippe mentali.
Quando smettiamo di farci le pippe mentali noi stiamo nella realtà così com’è, senza ulteriori sovrapposizioni.
Quando vediamo la realtà così com’è abbiamo la capacità di dimorare nel presente, di essere più tranquilli e più pacifici e di aprire di più il cuore, di goderci di più la vita, in tutti i suoi momenti alti e bassi. Persino i momenti di “basso”.
Secondo me quindi la meditazione si può considerare come via. Assolutamente sì.