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Chi Muore Quando Si muore e il “non sè”

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chi muore quando si muore - il sè oltre l'ioChi muore quando si muore è il succo della domanda che ho ricevuto, ma la domanda originale fa riferimento a delle parole nell’antica lingua usata da Buddha oltre 2500 anni fa Anatta che significa “non sè” nel senso che non esiste un anima distinta dagli altri e sempre uguale a se stessa, e Nama-Rupa letteralmente “Nome e Forma”.

Questo ci aiuterà a capire in effetti chi e cosa muore veramente di noi quando moriamo e cosa continua.

La domanda originale è:

Ma poiché tutto è anatta, compreso me, la mia mente e i miei pensieri, quando lasciamo il corpo, cos’è che rinasce in un altro corpo?

Anatta è una parola per chi non la conosce nella lingua di Buddha, il pali e significa Non Sé. Anatman è il corrispettivo nel più conosciuto sanscrito. Poiché tutto è anatta, compreso me, la mia mente e i miei pensieri, quando lasciamo il corpo, cos’è che rinasce in un altro corpo?

e nel frattempo guardando in diretta la chat vedo che parla anche di Nome e Forma: Nama-Rupa.

Nome e forma

Oh, è bello che non avevo ancora letto questa parte della domanda e già parlavo di forma e nome. Nome e forma. E adesso rispondo anche a questa domanda. Sì, è una cosa che riguarda l’aldilà, ma insomma, noi siamo qui.

Perché siamo qui? Perché siamo in questo mondo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Poi in fondo fa tutto parte dell’esplorazione. Fa tutto parte del conoscere te stesso, che è quello che cerchiamo di fare in meditazione. Quindi sono felice di risponderti anche a questa domanda. (questo è il bello di avere un coach)

Identificazione dopo la morte

Ma vado avanti nella lettura di quanto hai scritto. Come posso pensare di identificare me o di me in qualcos’altro dopo la morte? Ok,  Nama-Rupa, nome e forma.

Allora, il concetto di Non Sé è un concetto che vedo che conosci. Non lo approfondisco ma lo cito solo per chi non lo conosce perché ci vorrebbe tanto tempo. Mettiamola così, andiamo direttamente all’aspetto più pratico. Almeno quello che ritengo essere più utile.

Aspetti che cambiano e non cambiano

Ci sono degli aspetti di noi che non cambiano e ci sono degli aspetti di noi che cambiano. Buddha diceva tutto ciò che nasce muore, ma sempre Buddha diceva che nulla, nulla che noi, cioè tutto ciò che nasce muore, ma nulla nasce e nulla muore. Cioè in realtà tutto si trasforma.

Eh, questo lo dice anche la fisica moderna. Quindi la fisica moderna si basa su questo concetto di Lavoisier. Peccato che poi la coscienza non viene presa in esame come qualcosa di preesistente al corpo per una parte della fisica degli scienziati moderni, per altri sì.

Punto di vista dottrinale

Allora, da un punto di vista dottrinale, tanto per offrirti una chiave dottrinale del buddismo tibetano, che è quello che si occupa più specificatamente dell’aldilà, a me, e probabilmente anche a te, basandomi sui termini che usi, piace probabilmente di più il Buddismo originale, cioè quello legato al canone pali.

Se vai da un buddista theravada (legato agli insegnamenti originali), probabilmente analogamente a se andavi da Buddha a chiedergli com’era l’aldilà, ti diceva occupati dell’aldiqua, che è sensato. A me piace però pensare all’aldilà proprio perché mi aiuta a dar valore all’aldiqua.

che cosa succede alla coscienza?

La coscienza è qualcosa che non cambia.

Facciamo un esempio: guardo la TV. C’è 007, sono molto coinvolto nel film e mi identifico con il protagonista. Vivo le sue emozioni, mi spavento quando lui si spaventa, mi arrabbio quando lui si arrabbia e vivo la realtà. La mia coscienza è in quel momento presa da essere 007.

Identificazione con il personaggio

Poi mi risveglio, vado a dormire, sogno… e sogno. L’esempio tipico è di essere questo Garcia, un tabaccaio. Quindi, io, Claudio, sogno di essere Garcia.

Mentre sogno, sono Garcia, vivo l’angoscia di Garcia. Qualcuno nel sogno mi dice che io sono solo un sogno, che non esisto veramente, e quindi io, come Garcia, vorrei risvegliarmi.

Ma non è Garcia che si risveglia, è Claudio. Posso anche decidere di fare un sogno lucido, cioè, io, Claudio, a un certo punto mi rendo conto che mentre prima ero completamente identificato con Garcia, mi rendo conto che sto sognando, che io non sono Garcia, che io sono Claudio che sta sognando di essere Garcia, e posso decidere di continuare a sognare di essere Garcia, ma da una posizione di coscienza diversa, sapendo che quel Garcia è solo un sogno sognato da qualcosa di superiore. In questo caso, da Claudio.

Essere il tramonto

Ora, quando sono assorbito in un tramonto… Quindi, io, Claudio, mi sveglio la mattina, passo una bella giornata, arrivo, passeggio, sono in un tramonto, in un tramonto bellissimo, coinvolgente, sono assorbito totalmente da quel tramonto.

In quel tramonto, durante quel tramonto, io sono il tramonto, non c’è più un ego, non c’è più un pensiero, non c’è più uno schema mentale, in quel momento mi scordo pure chi sono, perché io e il tramonto siamo in uno, siamo un tutt’uno.

Non c’è pensiero cognitivo, non c’è distrazione, non ci sono schemi mentali. Ecco, quello è un momento di unione univoca.

Variabilità della coscienza

Tutto questo mi serve per dirti che la coscienza cambia. Cambia in continuazione l’identificazione, cioè, io posso essere cosciente di essere 007, di essere Garcia, di essere Claudio, di essere un tutt’uno col tramonto, quindi non essere neanche più identificato in quel punto con qualcosa di specifico.

Ma la costante è che io sono sempre cosciente di qualcosa. Questa è la costante.

Di cosa sono cosciente cambia: quando io mi sveglio e non sono più Garcia, Garcia muore? Sì, in realtà, non è mai nato, non è mai esistito. Eh, quindi se dovessimo dire che Garcia l’ho fatto nascere, beh, allora l’ho fatto anche morire quando mi sono risvegliato.

Intervalli della morte

Ecco il punto è questo: quando noi abbandoniamo la vita, ci dicono i tibetani, quando noi attraversiamo la soglia della morte, attraversiamo vari fasi, vari intervalli.

Questi intervalli, tibetani in tibetano si chiamano Bardo.

Il Bardo Todol, il libro tibetano dei morti, parla di questi intervalli. Gli intervalli sono 4 o 6, a seconda delle scuole di pensiero. Nella versione a 6 oltre a quello della vita, c’è anche nella vita ordinaria, c’è anche lo stato di meditazione e lo stato di sogno o di sonno.

Ecco, sono stati di coscienza diversi. Poi ce ne sono tre che riguardano la morte.

Uno riguarda il morire. Il morire è come addormentarci, lasciamo abbandoniamo il corpo, prima il corpo fisico. Quindi, prima la forma, e poi però abbandoniamo anche tutti i nostri vizi mentali, tutti i nostri vizi mentali potremmo chiamarli noi cristiani li chiameremo quelli legati ai Sette Vizzi capitali, per i buddisti sono quelli legati ai tre veleni, quelli che citavo prima, quindi l’avversione, la brama e l’ignoranza.

Quindi, prima c’è la morte del corpo fisico.

Appena morto il corpo fisico, c’è un momento in cui il corpo energetico, quindi il corpo di informazioni, quel come dire, quegli schemi mentali legati al nome di Claudio, anche quelli muoiono, vengono abbandonati totalmente.

Il Bardo Luminoso della Dharmata

Grazie a questo, poi, a un certo punto, c’è il buio più totale. In fondo al quale appare la luce, veniamo risucchiati dalla luce, il famoso tunnel, e siamo nella luce, siamo nella luce, ma siamo la luce, non c’è più Ego, non c’è più Claudio, è morto, è morta anche, sono morti anche gli schemi karmici di Claudio, e siamo un tutt’uno con la luce, come nell’esempio del tramonto:

è Il Bardo Luminoso della Dharmata

il bardo karmico del divenire

Poi, probabilmente, l’abitudine, la, il desiderio di, di essere definiti, l’abitudine a essere definito, avere quindi dei punti, siamo sconfinati, ma l’abitudine ad avere dei confini fa sì che in qualche modo ci viene ridato un corpo del tutto simile a quello che avevamo quando abbiamo lasciato e la vita precedente, e quindi ci ritorna un corpo di informazioni con quegli schemi, ci ritornano tutti i nostri schemi mentali da una prospettiva diversa, ma gli stessi come quelli che avevamo abbandonato prima nel Bardo della Morte

Ricapitoliamo: abbandoniamo prima il corpo fisico e poi quello mentale. Poi c’è la fase luminosa della dharmata, in cui siamo un tutt’uno con la luce, esattamente come quando siamo assorti nel tramonto che non c’è Ego, siamo quella luce, siamo nel, in grazia di Dio. Siamo, siamo Dio. Siamo, siamo un tutt’uno con quelle esperienze. Mh, esattamente come col tramonto, un’esperienza bellissima ed è il Bardo luminoso della dharmata..

suparato il Bardo luminoso della dharmata e poi c’è il Bardo karmico della rinascita, in cui  recuperiamo i nostri schemi mentali che in qualche modo ci spingono poi a rinascere a una nuova esistenza viziata però da quegli schemi karmici se noi avessimo la capacità di rimanere nella luce potremmo invece scegliere di più, cioè chi, cioè chi più ha fretta più rinasce con la fretta, chi più ha consapevolezza più sceglie il tipo di rinascita. Ecco questo è un po’ il quello che ci succede.

Analogie dei bardo con esperienze di vita riconoscibili

Spero di aver risposto che cos’è questa storia dell’identificazione come vedi lo possiamo riconoscere nell’ al di qua. Calcola che queste tre esperienze, questi tre Bardo sono riconducibili anche la meditazione quando noi meditiamo e siamo totalmente assorti quando riusciamo a essere totalmente in quei momenti anche di una meditazione distratta ci sono dei lampi di assorbimento mentale tipico come come nell’esempio della Dharmata, del tramonto in quei momenti in cui siamo totalmente assorti in meditazione l’ego non c’è è morto è come morire la meditazione è come morire il sonno profondo è come stare nella dharmata quindi.

C’è la fase di addormentamento quando noi ci addormentiamo è simile al bardo del morire in cui abbandoniamo l’esperienza del quotidiano che è stato poi andiamo nel sonno profondo che è un momento di meraviglioso oblio e poi come nel sogno muoverci nell’aldilà è proprio muoverci come nel sogno abbiamo un corpo idealizzato ci basta pensare a un posto per essere lì ci basta pensare a una persona per entrare in contatto con questa persona è tutta energia mentale.

Conclusioni

Spero di averti offerto delle chiavi di comprensione. Mi piace pensare, di offrire delle chiavi che sono riconducibili alla vita di tutti i giorni, così queste esperienze che se leggi nei libri sono astratte poi sono riconducibili nell’esperienza quotidiana.

Mi piace pensare che sia così anche perché il risveglio non è qualcosa di così distante dal qui e ora. Anche se parlo da non risvegliato.

Ricordo che la parola Nirvana significa cessazione. Non significa un luogo diverso da quello che c’è adesso, significa soltanto cedere, cessare, abbandonare quelle chiavi che creano l’illusione, che creano la sofferenza, l’illusione di un duale.

Guarda il Video – chi muore quando si muore? il senso del Sè e il viaggio della Coscienza

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2 risposte

  1. Ma quando diventiamo tutt’uno con l’esperienza post morte perdiamo la nostra identità, però quando rinasciamo riprendiamo almeno in parte la nostra identità…..allora perché succede questo e che senso ha vivere questa vita se poi perdiamo la consapevolezza quando rinasciamo? Io, sinceramente, senza un’identità e senza consapevolezza di vite precedenti mi sento vuota e persa in questa vita senza senso, e quindi vivo una vita facendo meditazioni e aspettando chissà cosa per poter avere un segno tangibile che nn arriverà mai….un segno necessario che mi faccia sentire parte del tutto….ma che so dentro di me che nn arriverà mai

    1. ciao Antonella, non te ne preoccupare del “tutto” o di “perdere coscienza” sii con quello che c’è in te nel qui ed ora e trova stabilità in questo, il resto, se viene, viene da sè.
      Spiegare cosa succede nell’aldilà richiederebbe molto tempo (spero presto di proporre un corso), ma diciamo che “essere il tutto” non dura a lungo, per chi come noi ha bisogno di ritrovare se stesso, questo “se stesso” arriva appena ne sentiamo il bisogno, già molto prima di rinascere. Rimanendo con quello che siamo oggi sotto ipnosi puoi recuperare quello che sei stato nelel vite precedenti e ti accorgi che c’è continuita?

      Che senso ha?
      Che senso ha cambiarti i vestiti? Perchè d’inverno ti vesti in un modo e d’estate in un altro? Perchè il “tuo stile” di vestirti pur mantenendo una sua continuità è cambiato da quando eri giovanissima ad oggi?
      Il senso è che abitiamo l’abito che più fa per noi nel qui ed ora.

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