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Vita Oltre: La Morte
Parlare di morte non è mai facile, vero? È uno di quegli argomenti che tendiamo a spostare sempre un po’ più in là, come se ignorarlo potesse tenerlo lontano. E invece no. La morte ci accompagna da quando iniziamo a vivere. È la nostra compagna silenziosa, quella che ci ricorda quanto ogni respiro, ogni gesto, ogni momento abbia un valore.
Ma se la morte non fosse la fine? Se fosse solo una soglia, una porta che si apre su qualcos’altro? Questa è una domanda che attraversa i secoli, le religioni, le filosofie e le esperienze umane.
E allora, forse, vale la pena fermarsi un attimo. Guardare in faccia questa paura, esplorarla. Perché conoscere è il primo passo per non avere più paura.
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Siamo cresciuti in una cultura che evita la morte. La nasconde, la rende un tabù. Ci insegnano a festeggiare la nascita e a temere la fine, come se fossero due cose opposte, eppure fanno parte dello stesso ciclo.
Abbiamo paura perché non sappiamo. Perché il “dopo” ci appare come buio, come un vuoto. Eppure non temiamo il sonno, anche se ogni notte ci abbandoniamo a esso senza sapere cosa sogneremo. Allora perché temiamo la morte?
Forse la differenza è che non la conosciamo, non l’abbiamo mai guardata davvero. Eppure, chi ha avuto esperienze di pre-morte (le cosiddette NDE) racconta spesso di una luce, di una pace profonda, di un senso di ritorno a casa.
Martin Luther King una volta disse: “La paura bussò alla porta, io andai ad aprire e non c’era nessuno.” Ecco, forse è questo il punto. La paura della morte è come un’ombra. Quando la guardi davvero, scompare.
Hai mai pensato che la morte inizi nel momento stesso in cui inizia la vita? È strano dirlo, ma è così. Dal primo battito, il nostro corpo comincia un processo che un giorno ci riporterà alla morte. La vita e la morte non sono due eventi separati: sono lo stesso processo.
Quando accettiamo questo, tutto cambia. Non vediamo più la morte come un ladro, ma come parte del viaggio. E allora anche la vita assume più valore, più intensità.
I buddhisti dicono che tutto è impermanente. Ogni cosa nasce, cresce, si trasforma e svanisce. Ma questo non è triste: è la danza della realtà. Se non ci fosse la morte, la vita non avrebbe significato. È proprio perché tutto finisce che tutto diventa prezioso.
Prova a pensarci: se potessimo vivere per sempre, cosa apprezzeremmo davvero? Forse niente. È la consapevolezza del limite che ci spinge a vivere meglio, a dare valore ai nostri giorni.
Qui le opinioni si dividono. C’è chi crede che dopo la morte non ci sia nulla. C’è chi pensa ci sia un paradiso, chi immagina una rinascita, e chi parla di una luce accogliente.
Gli scettici vedono nella morte la fine definitiva: una chiusura, un silenzio eterno. Eppure, molti di loro, proprio nel confrontarsi con la morte di una persona cara o in momenti di crisi, sentono che deve esserci qualcosa di più.
Altri, più spirituali, vedono nella morte il ritorno a una dimensione più vera. Come se questa vita fosse solo una scuola, una tappa temporanea, un sogno lucido in cui impariamo qualcosa.
In fondo, tutte le culture del mondo hanno una loro visione dell’al di là. E se così tante persone, in tempi e luoghi diversi, hanno percepito la stessa cosa, forse non è solo una consolazione. Forse è una memoria, un ricordo lontano di un posto da cui veniamo e a cui torneremo.
Nel buddhismo tibetano la morte non è mai vista come un punto finale. È un passaggio, un Bardo. La parola “Bardo” significa letteralmente “intervallo”, “spazio tra due esperienze”.
Secondo i testi tibetani, ci sono quattro principali Bardo:
Il Bardo del morire – il momento in cui lasciamo il corpo fisico, un processo che può essere anche doloroso, ma necessario per liberare la coscienza.
Il Bardo della luce – la fase della piena consapevolezza, dove l’anima sperimenta la sua vera natura, la luce pura, quella che molti descrivono nelle esperienze di NDE.
Il Bardo della rinascita – quando la coscienza, ancora legata ai vecchi schemi e desideri, tende a reincarnarsi per continuare il percorso evolutivo.
Il Bardo della vita – la nostra attuale esperienza, quella che viviamo ogni giorno, anch’essa un intervallo tra nascita e morte.
Ogni Bardo è un’occasione per comprendere qualcosa di più su di noi. I tibetani non si limitano a “credere” a tutto questo: lo studiano, lo meditano, lo praticano, per arrivare preparati al momento del passaggio.
Immagina che la vita sia un film, e che tu abbia scelto di essere qui, ora, con tutto ciò che comporta: sfide, difficoltà, lezioni. Ti sembra assurdo? Eppure è una metafora potente.
Proprio come quando scegliamo di guardare un film d’azione o un dramma intenso: sappiamo che ci farà emozionare, forse piangere, ma lo scegliamo lo stesso: un film dove non succede nulla sarebbe noioso. Invece un film pieno di sfide ci insegna qualcosa. Ecco, la vita potrebbe essere così: un’esperienza che l’anima sceglie per crescere, per imparare.
Anche le vite più difficili, quelle piene di dolore o sfide, potrebbero avere un senso più grande. Forse abbiamo scelto certe esperienze proprio per capire qualcosa di noi, per sciogliere nodi antichi, per evolvere.
E se fosse l’al di là la vera casa, e questa vita solo una giornata di scuola, breve e intensa? Allora ogni dolore, ogni incontro, ogni addio assumerebbe un significato diverso.
Parlare di morte non significa essere morbosi. Significa voler capire. Significa non lasciare che la paura decida per noi. Perché il mistero, quando viene osservato, smette di essere oscuro.
La conoscenza non è una consolazione, è una liberazione. Non si tratta di “credere” ciecamente a qualcosa, ma di esplorare, riflettere, sentire ciò che risuona dentro di noi.
La mente tende a fuggire dal dolore e dall’incertezza. Ma la consapevolezza spirituale ci invita a fare il contrario: a guardare, a comprendere, a lasciarci trasformare. Solo così la morte smette di essere un incubo e diventa un passaggio naturale, un ritorno.
E poi, parliamoci chiaro: abbiamo paura solo di ciò che non conosciamo. Quando comprendiamo, la paura si dissolve.
Non serve una promessa di paradiso per stare sereni: basta aprirsi all’indagine, alla conoscenza.
La morte, non è un evento, ma un processo. Non una fine, ma una trasformazione. È la pausa tra due respiri, l’intervallo tra due esperienze, il momento in cui l’anima si ricorda chi è davvero.
Capire la morte non significa smettere di temerla, ma imparare a viverla, e soprattutto imparare a vivere meglio. Ogni volta che affrontiamo questo tema con mente aperta, ci avviciniamo un po’ di più alla nostra vera essenza.
Perché quando cominciamo a capire la morte, impariamo davvero a vivere.
Che tu sia felice, e che tutti gli esseri siano felici. 🌺
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