Come meditare correttamente
equivoco 2: i pensieri amici o nemici?
Come meditare correttamente? Quali sono gli errori e le insidie più comuni in cui cade chi vuole imparare a meditare?
Oggi parliamo di uno dei tanti errori riguardanti il “pensare” e cercheremo di capire assieme se i pensieri sono “amici o nemici”, fare chiarezza su questi temi ci aiuta a capire come si medita veramente con semplicità, leggerezza e chiarezza.
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Come meditare correttamente equivoco 2: i pensieri – trascrizione
Ciao da Claudio Padovani di “comemeditare.it”.
Oggi parliamo di un equivoco molto comune in chi vuole iniziare a meditare che è quello dei pensieri.
Da una parte ai pensieri si tende a dar loro troppo retta e, dall’altri, a mostrificarli in maniera esagerata:
voglio dire che, per chi non medita, il pensiero è importante; soprattutto per noi del mondo occidentale, troppo abituati a dar retta al motto “penso quindi sono” (o “cogito ergo sum” come diceva Cartesio) e quindi ci identifichiamo con il fatto di penare.
C’è del vero in questo (e in seguito vediamo cosa intendo) ma è anche una sciocchezza e non ci vuole tanto a capirlo: i pensieri perlopiù sono fantasie.
Ma io sono davvero queste fantasie?
Se io penso che domani sarò intervistato in tale o talaltra trasmissione, sono davvero io quello? o sono altro?
Quello che sono davvero io è quello che vivo nel momento, e quello che vivo nel momento ha ben poco a che fare con i pensieri, perchè i pensieri hanno questa caratteristica: ci portano nel passato o nel futuro.
Nel passato ci portano a rimuginare sul latte versato e nel futuro a preoccupaci, ovvero a pre occuparci: a occuparci di prima, di cose che non sono ancora avvenute e da qui nascono le preoccupazioni, le ansie, i problemi e le paure.
Chi ha già un po’ di esperienza e sa come si medita capisce presto questo meccanismo e comincia a non vedere di buon grado i pensieri; anche quest’ultimo è un estremo che mi piacerebbe sfatare.
Chi medita non dovrebbe nè trattenere i pensieri nè respingerli, ma stare con quello che c’è; perchè la consapevolezza nasce dall’accogliere tutto quello che c’è: questo è quello che ci esercitiamo a fare in meditazione.
Quando prima ti dicevo che c’è del vero in “penso quindi sono”, intendevo dire che se io sono presente, per esempio, nel mangiare: io sono; se invece sono presente nell’atto di pensare: anche qui, io sono.
Anche se sono presente nel fare pipì: io sono; ma io non posso identificarmi totalmente con una sola attività.
Il pensiero è una nostra facoltà, anche preziosa, che possiamo adoperare: ma il problema non è se adoperarla o no; il problema non è se noi adoperiamo la nostra facoltà di pensare ma se ci facciamo adoperare da essa, il problema nasce se noi ci facciamo trascinare dai pensieri.
Ma sei decido di pensare a domani, a quello che devo dire a una conferenza e a prendere appunti su quello che dirò, mi sto occupando, nel momento presente, del domani ma attenzione: mi sto occupando di qualcosa che avverrà ma non preoccupando; infatti, quando ho finito, chiudo l’agenda e torno a vivere il presente, non ho più bisogno dei pensieri e non li uso più.
Si dice che i pensieri sono degli ottimi servitori ma dei pessimi padroni.
i pensieri sono degli ottimi servitori ma dei pessimi padroni.
Il nostro problema è che noi ci facciamo governare dai nostri pensieri, e quindi diamoci la facoltà di tornare a essere noi i padroni e servirci di loro, invece che abbandonarci e lasciare che la nostra vita sia consumata da una serie infinita di pensieri senza neanche rendercene conto.
Tradotto in pratica: quando io medito e mi accorgo che c’è un pensiero, non ho bisogno di cacciarlo via; non devo dirmi “stavo pensando: ho sbagliato tutto”, al contrario:
dal momento che mi sono accorto che stavo pensando, in quel preciso momento, io sono di nuovo consapevole di cosa stavo facendo e posso notare come questo pensiero mi ha fatto stare.
Questo è un ottimo passo che in Vipassana, nella meditazione di visione profonda -clicca qui per saperne di più sulla meditazione vipassana-, noi facciamo e possiamo renderci conto che stavamo pensando, piuttosto che tornare in automatica a farci governare di nuovo dai pensieri; come il dirci “non dovevo pensare”: anche questo infatti è un pensiero e, per di più giudicante, e anche rendersi conto che si è avuto un pensiero giudicante, e giudicarsi per questo, è un altro pensiero giudicante.
Invece stare con l’esperienza per quello che è, abbandonando ogni tentativo di abbandonare, etichettare o trattenere: questo ci consente di essere presenti e consapevoli.
Quindi i pensieri sono amici quando li usiamo e sono nemici quando ci facciamo vincere da loro e ci facciamo governare: i pensieri in quanto tali non sono quindi nemici ma solo una nostra funzione di cui dobbiamo riprendere il pieno possesso.
Come vedi alcune sottili differenze ci impediscono di capire come meditare correttamente e possono trarre in inganno.
Benchè questi fraintendimenti sono tipici di chi ancora deve imparare a meditare, sono convinto che parlarne anche con chi ne ha già fatta esperienza può aiutarci a fare più chiarezza e alleggerire la propria pratica meditativa.
Trovi altri equivoci da sfatare cliccando qui: come meditare correttamente – equivoco 1: meditare non è isolarci!
E in quest’altro articolo in cui parlo di A me in meditazione succede che.. (cose strane)
Spero che questo video ti abbia chiarito le idee, condividilo con che vuoi e se, lo ritieni opportuno, lascia un commento qui sotto.
Non mi resta che salutarti: che tu sia felice e che tutti gli esseri siano felici.
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