La Meditazione della Gioia
Come fare Mudita per superare Gelosia, Invidia ed Esuberanza
brano tratto dal corso delle “4 dimore sublimi”
Eccoci dunque a Mudita che significa “gioia compartecipe” o “gioia simpatetica”, ovvero quella gioia che si prova quando si entra a contatto con la gioia di qualcun altro.
Non si tratta quindi di una gioia egoica che si contrappone alla tristezza, ma un qualcosa che si prova quando, ad esempio, ci troviamo di fronte un bambino che gioisce, magari per una piccola conquista o per una scoperta, il cuore allora ci si riempie di gioia a nostra volta. Ci fa piacere e ci dà gioia la felicità che prova l’altro.
Questo è Mudita, la qualità della gioia compartecipe.
La frase centrante di questa pratica è: “Sono felice che tu sia felice” oppure “Che tutti gli esseri siano connessi con la loro buona sorte e possano preservarla”.
Il significato più profondo di questa pratica è l’essere connessi con la gioia e con questo stato di “buona sorte” che sta attraversando qualcuno diverso da noi.
Il focus di Mudita è la gioia di tutti gli esseri a cui mandare benevolenza e, questa pratica, ci aiuta ad andare oltre: la gelosia e l’invidia, il cosiddetto nemico lontano; e da più vicino, un qualcosa che potremmo confondere con lo gioia compartecipe, cioè l’esuberanza.
Wikipedia dice che serve “…alla neutralizzazione di risentimento e invidia e allo sviluppo della gioia compartecipe”. Come funziona?
Se con la compassione (Karuna) prendiamo la benevolenza (Metta) e la indirizziamo verso la sofferenza, con Mudita facciamo un lavoro simile indirizzando la benevolenza verso la gioia.
Questo atteggiamento sviluppa e nutre la gioia compartecipe e, ovviamente, lo andremo a fare sulla gioia e la buona sorte di qualcun altro, per questo è detta “compartecipe”.
A questo punto è utile capirci su un paio di cose.
Ad esempio, da un punto di vista buddhista, quando si parla di buona sorte non si intende un evento fortuito, perché la fortuna non esiste.
Ciò che si manifesta come buona o cattiva sorte, in pali Kusala e Akusala, sarebbe solo la manifestazione momentanea di una nostra azione pregressa; qualcosa legato al nostro Kamma o Karma, a seconda che consideriamo questo termine scritto in pali o in sanscrito.
Karma è la versione a noi più familiare, ma siccome noi attingiamo alla tradizione che si rifà agli originari insegnamenti del Buddha, che utilizzava la lingua pali, preferisco utilizzare la versione Pali Kamma.
Quindi, tornando al discorso della buona o cattiva sorte, dal punto di vista buddhista quando gioiamo della nostra buona sorte, essendo essa legata al Kamma originato dalle nostre azioni precedenti, stiamo in realtà godendo i frutti di quanto di buono abbiamo seminato.
Ci sarebbe molto da dire sul Karma o sul kamma, ma ci porterebbe lontano, al momento ci basta dire che è una legge, la legge di “causa ed effetto”. Ad un’azione (causa) sono legati degli effetti che inevitabilmente presto o tardi si verificheranno. Quindi se piantiamo i semi di un buon frutto è facile che un domani ne raccoglieremo i frutti buoni.
Gioiamo anche per il buon esito del nostro lavoro, fatto di tanta sofferenza e di tanto stare al mondo, grazie alla quale siamo riusciti a raggiungere questi obiettivi.
Così come gioiamo dei semi buoni che abbiamo piantato noi, così possiamo gioire per la buona sorte che gli altri stanno attraversando.
Oltre la buona sorte, di cui abbiamo già parlato, c’è anche un altro aspetto a darci gioia: la connessione con questa buona sorte.
Al di là del fatto di stare attraversando un bel momento, è l’accorgercene che è la vera fonte di gioia, non basta attraversarlo, è soprattutto l’essere connessi con il fatto che lo stiamo attraversando a darci gioia.
Spesso diamo troppo per scontata la nostra buona sorte e anziché gioire per quello che abbiamo, finiamo per soffrire per quello che ci manca; perciò può capitare che ci accorgiamo della nostra buona sorte tardi, quando non ce l’abbiamo più.
Quindi, essere connessi con questo momento propizio ed esserne felici, è già fonte di grande gioia.
Parlo di Fonte non a caso, dalla quale si trae beneficio, ed è da lì che scaturisce e si produce l’acqua sorgiva della gioia.
Perciò il lavoro che stiamo facendo è quello di entrare a contatto con la gioia di qualcuno in connessione con la sua buona sorte.
Sembra complicato ma, se ci pensi un attimo non lo è, semplicemente ci focalizziamo su qualcuno che è a contatto e gioisce per il suo bel momento, mandando amore e benevolenza a questo fatto e a questa persona.
Ci stiamo anche ricordando di un’altra attitudine, quella di essere grati; attitudine il cui esercizio e il conseguente sviluppo ci riconnettono con gli aspetti positivi della nostra vita.
Connetterci con la buona sorte degli altri produce gioia e attira costruttivamente motivi per essere nella gioia anche noi, questo ci dà la possibilità di fare emergere la gratitudine e di nutrirla.
Nel film “the Secret” sulla già citata legge d’attrazione, la gratitudine diventa un catalizzatore di buona sorte. Conviene quindi coltivare gioia e gratitudine per essere connessi con questa vibrazione.
Un buon esercizio è quello di tenere, per un certo periodo, il diario della gratitudine.
Puoi darti un periodo di tempo di una settimana, ad esempio, entro il quale, prima di addormentarti, elenchi almeno tre cose del giorno appena trascorso di cui puoi essere grato.
È questo un bellissimo esercizio che ci aiuta a guardare in positivo al nostro vissuto, alleggerendoci e sviluppando meglio questa gioia.
Veniamo ora agli ostacoli, i cosiddetti nemici vicini e lontani.
Si vede da lontano che la gioia compartecipe ci aiuta a uscire dell’invidia e dalla gelosia: io sono felice che tu sei fortunato, invece di essere invidioso o geloso della tua buona sorte.
Di ostacolo però ce n’è un altro, un ostacolo vicino che può essere confuso con la gioia compartecipe: l’esuberanza.
Cosa intendiamo esattamente con questo termine?
L’esuberanza è una gioia eccessiva, un po’ esagerata rispetto all’evento in sé, che spesso nasconde qualcosa di cui non ci rendiamo subito conto.
Perciò se ci accorgiamo di essere veramente tanto felici come nel caso, per esempio, di un nostro amico che ha vinto alla lotteria o ha ereditato una fortuna da un lontano zio oppure ha vinto una causa milionaria (a dei miei amici alcune di queste cose sono successe), domandiamoci cosa sta succedendo.
Indaga su qual è il motivo profondo di questa grande gioia, di questa esuberanza, che ti fa dire “Sono davvero tanto tanto felice per lui”; cerca di capire se forse, sotto sotto, non c’è un qualche tipo di aspettativa, un programma, l’attesa che magari questa persona possa condividere con te la sua buona sorte e magari tu possa ricevere un po’ dei soldi che ha vinto, alla lotteria o ha ereditato dallo zio.
Se così fosse non sarebbe più gioia per l’altro ma per le conseguenze su di te: altro che simpatetica, sarebbe egoica.
Se c’è questa aspettativa, nota se riesci ad essere nella gioia compartecipe anche qualora non ti desse niente.
E lì possiamo vedere se riesci a superare anche questo ostacolo un po’ più subdolo dell’esuberanza.
Dopo aver spiegato i nemici vicini e lontani direi, a questo punto, di prepararci per la pratica.
Se hai delle difficoltà, datti comunque la possibilità di sperimentare e di metterti alla prova; magari, qualora oggi non ci dovessi riuscire, un giorno ci riuscirai e, per oggi, va bene così.
È quello che stiamo scoprendo con questo corso ne è un po’ la chiave di lettura: stiamo con quello che c’è e se notiamo una difficoltà va bene lo stesso, per oggi è così, per domani vedremo.
Adesso è venuto il momento di fare anche Mudita, ti ricordo che si tratta di mandare la benevolenza, un pensiero gentile, a qualcuno che sta gioendo, trovi sotto uno schema esemplificativo della meditazione della Gioia, puoi seguire quelle indicazioni e farla.
Tuttavia se ti interessa questo argomento e vorresti approfondirlo qui trovi il corso da cui questo testo è stato estratto, corredato da meditazioni guidate audio: www.comemeditare.it/corsi/4dimore-presentazione