Buddha oltre la Vecchiaia, la malattia e la morte la via di mezzo: Corso Buddismo

Tratto dal corso di buddismo “Semplicemente buddismo

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Buddha

Ma se Buddha non era un dio chi era?

Era un uomo chiamato Siddhattha Gautama, meglio conosciuto come Siddharta Gautama detto Sakyamuni ovvero il “Saggio dei Sakya”, Sakya è il nome della tribù a cui apparteneva e di cui era principe destinato al trono.

Un uomo nato nel 566 a.c. a Lumbini allora città dentro ai confini dell’India ma attualmente in Nepal.

Siddharta è cresciuto nel lusso ed è stato educato alla politica e alla guerra. Ovviamente studiava anche i libri dei saggi indiani, i Veda, ma il padre fece di tutto per tenerlo lontano dalla vita spirituale o ascetica.

Ma qual’è il nesso tra Siddharta e Buddha?

Buddha è il soprannome che gli è stato dato e corrisponde ad un potenziale che ogni essere vivente, in particolare ogni essere umano ha, e può arrivare a risvegliare e significa: il “Risvegliato o l’”Illuminato”.

Quindi quando parliamo “del” Buddha ci si riferisce in realtà a Siddharta Gautama detto il “Buddha Sakyamuni”, ma i Buddha sono sempre esistiti e ce ne sono anche intorno a noi oggi.

Lo stesso Buddha diceva che i Buddha sono tanti, e che tutti noi possiamo essere dei “risvegliati” -dei “Buddha”, appunto- se tu vai da un buddista e gli parli di uno dei nostri santi, lui probabilmente ti dirà che quel santo è un Buddha: nel senso che si è risvegliato alla Realtà Ultima delle cose.

Anche tu puoi essere un Buddha e trovare la pace in questo mondo. Ed il bello è che si può essere dei Risvegliati, dei Buddha senza essere dei buddisti.

In tal direzione sarà utile fare un lavoro su sé stessi per cercare di conoscere come funzioniamo in questo mondo, per scoprire infine come funziona l’universo intero, andando oltre la sofferenza legata ad esempio alla vecchiaia, la malattia e la morte.

Oltre la vecchiaia, la malattia e la morte

La leggenda vuole che alla nascita di Siddharta un grande saggio ed indovino si recò a corte e predisse che quel bambino, se avesse intrapreso la vita spirituale, sarebbe stato un grande punto di riferimento per l’umanità, altrimenti sarebbe probabilmente divenuto un grande re.

Ovviamente il padre desiderava che potesse seguire la sua carriera politica e militare sperando potesse divenire un grandissimo re, per cui lo crebbe lontano da fonti di sofferenza che avrebbero potuto indurlo a porsi delle domande e scegliere di intraprendere la vita da asceta.

Lo circondò di ogni lusso, ricchezza e bellezza.

La narrazione buddista vuole che gli venne nascosta anche la vecchiaia, la morte e la malattia. I servi, le danzatrici, le concubine venivano cambiate continuamente con personale sempre giovane e bello. Anche il padre cercava di presentarsi a lui tingendosi i capelli o con ogni stratagemma per poter evitare che trapelassero elementi che lo potessero turbare.

Benché avesse un bellissimo palazzo per l’inverno ed uno per l’estate Siddharta desiderava uscire e dopo molte insistenze chiese ed ottenne di poter visitare la città fuori dalle mura del palazzo.

Il padre diede quindi precise disposizioni affinché chiunque, avesse potuto turbare il figlio, fosse nascosto al cospetto del giovane.

Così il carro di Siddharta uscì dal palazzo circondato solo da gente in salute e gioiosa. Ma la situazione era difficile da tenere sotto controllo così Siddharta, il futuro Buddha, scorse in lontananza un uomo tutto ricurvo su sé stesso dai capelli bianchi e la pelle raggrinzita dalle mille rughe.

Non avendo mai visto nessuno in quello modo il principe chiese quindi al suo cocchiere chi fosse quell’uomo e perché fosse ridotto in quello stato.

Il cocchiere gli rispose che era un vecchio e che nessuno può sfuggire alla vecchiaia. “nemmeno un principe?” domandò Siddharta, “nessuno, nemmeno un principe” gli fu risposto.

Turbato Siddharta chiese di ritornare a palazzo.

La narrazione vuole che l’episodio si ripetesse altre volte.

In un’altra sortita Siddharta vide un malato e turbato ritornò al palazzo.

Poi una terza volta vide un corteo funebre e la sofferenza dei parenti che seguivano il feretro del defunto. Ed anche in quell’occasione turbato chiese di essere ricondotto a palazzo.

Una quarta volta invece scorse un asceta, un uomo vestito di pochi stracci, che aveva però nel volto una profonda serenità.

Chiese al cocchiere chi fosse e quando gli fu detto che era un “rinunciante”, ovvero un uomo che aveva rinunciato alle cose materiali e mondane alla ricerca della verità ultima delle cose, Siddharta covò il profondo e radicato desiderio di fare altrettanto.

Si domandò come potere raggiungere quello stato di benessere e se esistesse una parte di noi, un “sé” superiore, che potesse non essere corroso da vecchiaia, malattia o morte.

Decise così di rinunciare anche lui alla vita mondana e scappò da palazzo con la complicità del fedele cocchiere si spogliò delle sue ricchezze e si diede alla vita ascetica.

 

la via di mezzo

Nei diversi anni che intercorsero prima di diventare un risvegliato, un Buddha, Siddharta fece pratiche estreme che misero a dura prova il corpo fisico. Tra queste delle forme di digiuno tali che lo ridussero allo stremo: era pelle ed ossa.

Siddharta si accorse che continuando così sarebbe morto e non avrebbe realizzato il risveglio.

Ma nel fiume adiacente al luogo in cui si era messo a meditare, dei musicisti si esercitavano con il sitar -uno strumento a corda indiano tipo chitarra simile al liuto- ed uno disse all’altro:

“La corda troppo tesa si spezza e la musica se ne va via; la corda troppo lenta è muta e la musica cessa; accorda il sitar né troppo, né troppo poco”.

Questa frase gli permise di capire che si stava spezzando anche lui col suo corpo e che se avesse insistito in quel modo avrebbe incontrato la morte senza realizzare ciò per cui aveva rinunciato ad una vita di agi: doveva cambiare strategia.

Così applicò l’insegnamento dei musicisti nella sua stessa vita, trovando una “via di mezzo”, un modo “retto” ed equilibrato di condurre la pratica ascetica.

La “via di mezzo” la via equilibrata, “retta” che non eccede né nel troppo, né nel troppo poco, è una delle dottrine fondamentali del buddismo.

Riassunse del cibo, accettando una ciotola di riso al latte che una fanciulla gli aveva offerto e di lì a poco raggiunse l’illuminazione divenendo finalmente un buddha anzi, il Buddha.

 

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