La storia di Bahya e come meditare sui 5 aggregati
Tratto dal corso di buddismo “Semplicemente Buddismo”
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La storia di Bahya e come meditare sui 5 aggregati
Bahya viveva come un asceta mendicante e si manteneva grazie al supporto della popolazione, come avviene ancora oggi in oriente, ma si sentiva di truffarli: non aveva realizzato alcunché e si chiese se vi fosse qualcuno in grado di aiutarlo o se anche gli altri asceti fossero come lui.
In sogno gli arrivò la risposta. In una città non troppo distante viveva Buddha, lui era veramente un realizzato ed avrebbe potuto aiutarlo. Bahya non poté più dormire e si affrettò camminando notte e giorno per raggiungere il Buddha.
Quando giunse nella foresta dove risiedeva la comunità di Buddha gli fu detto che il Maestro era in città per ricevere le offerte di cibo.
Bahya corse da lui e lo trovò nel bel mezzo della questua, un momento in cui Buddha solitamente evitava di rispondere alle domande. Ma Bahya insistette. Buddha per tre volte gli disse gentilmente che non era quello il momento fin quando Bahya gli disse che la vita era labile ed in qualsiasi istante o Buddha o Bahya potevano lasciare il corpo quindi desiderava ricevere subito almeno un insegnamento prezioso che potesse aiutarlo, poi si sarebbe unito alla sua comunità.
Così Buddha gli disse:
“Quando vedi qualcosa, sii pienamente cosciente di ciò che vedi; quando ascolti qualcosa, sii pienamente cosciente di ciò che ascolti e se pensi a qualcosa, sii pienamente cosciente di ciò che pensi.
Poiché esistono solo il vedere, il sentire e il pensare e null’altro; dove è colui che vede, ascolta e pensa?
Chi sei tu, Bahya?
In verità non c’è nessun Bahya in questo mondo e neppure in nessun altro mondo.
Quando realizzerai in te questa consapevolezza, allora sarai libero per sempre da ogni sofferenza”.
In Bahya quelle poche parole ebbero un effetto devastante, realizzò il Nirvana e si diresse verso il bosco per unirsi alla comunità.
Quando Buddha riprese la strada del ritorno vide il corpo di Bahya morto sul bordo della strada ucciso da un toro.
Diede disposizioni ai suoi monaci di cremare il suo corpo e riservagli lo stesso trattamento che erano soliti ricevere gli illuminati che avevano lasciato il corpo.
Così tutti si sorpresero, davvero quelle poche parole potevano aiutare un essere a risvegliarsi in così poco tempo?
Ebbene ecco come possiamo lavorare sui cinque aggregati (e sul “non sé” in ultima istanza):
notiamo un suono ad esempio (ma vale per tutte e sei gli organi di senso).
Notiamo la vibrazione nell’orecchio (forma), prima che diventi “un rumore di macchina”.
Quando l’abbiamo etichettato come “rumore” sono successe già un mucchio di cose: si è inserita una sensazione spiacevole (sensazione), si è inserita l’idea della macchina (discriminazione) e magari ci stiamo anche adoperando per evitare quel fastidio (residui karmici), potemmo accorgerci che noi ci identifichiamo con tutto questo processo (coscienza).
Quando andiamo alla fonte di tutto ciò e osservandola distinguiamo chiaramente la dinamica, stiamo con l’esperienza. Ne vediamo il meccanismo, non siamo più identificati con il meccanismo.
Quando c’è solo la dinamica del sentire chi siamo noi?
Chi sei tu?
Sentire, Essere nel sentire, puro Essere, pura Essenza.
Indaga fai che quando è stimolato un nostro organo di senso e la nostra mente ci sia solo quello vai alla fonte e vedi la dinamica.
Questo è un ottimo lavoro di consapevolezza nel quotidiano che, a quanto pare, dall’esperienza di Bahya, ci dona gioia e ci fa uscire dalla sofferenza.
Come meditare in pratica
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