La Presenza dell’Essere vince sull’ansia di Fare
La domanda che mi viene posta da Roger:
“Cerco di migliorare in tutti i pensieri che ti ho esposto: difendere le mie cose, tener fede agli impegni, non aver paura di agire; mi puoi indicare delle applicazioni che consolidino questo aspetto e possano migliorarmi?
Spero che le difficoltà si attenuino, con la costanza nell’impegno e nel lavoro quotidiano; senza fretta!” (da notare il punto esclamativo che mi mette Roger)
A quello che mi chiede Roger abbino anche un’altra domanda, posta da Simona:
“Io vorrei sapere come praticare la presenza quando sono ansiosa. Grazie.”
guarda il video – La Presenza dell’Essere vince sull’ansia di Fare
o continua a leggerne la trascrizione sotto:
Vediamo prima il caso di Roger.
Roger è un allievo, con cui ho avuto il piacere di avere un rapporto diretto, a cui ho consigliato di avere pazienza: di stare con quello che c’è.
Il lavoro principale che ho suggerito a Roger (e suggerisco a tutti quelli che hanno ansia) è di non aggiungere altra ansia, di avere pazienza, e di sviluppare soprattutto una qualità: che è quella della presenza.
Stare con quello che c’è.
Se c’è ansia, e quindi un disagio, c’è fretta di voler superare questo disagio; e spesso si accompagnano anche dei comportamenti che poi diventano ossessivi compulsivi.
Cioè, ho talmente tanta ansia che ho bisogno di sentirmi di nuovo padrone della situazione, e siccome non vedo l’ora di superare quest’ansia: devo fare, devo fare, devo fare.
La fretta si va ad insinuare laddove ci vuole calma e osservazione.
Perché solo quando c’è calma si può osservare, ed è solo con l’osservazione che si produce consapevolezza; ed è la consapevolezza che trasforma.
È l’accettare quello che c’è che mi permette di comprenderlo e di superarlo, rendendolo innocuo.
Se ho fretta di cacciare via l’ansia, cos’è questa fretta?
È ansia.
E ho magari anche fretta di usare questa tecnica, quest’altra tecnica e questa tecnica ancora.
Ci sono tante tecniche, che coadiuvano, ma non voglio ledere la tecnica principale: che è la consapevolezza.
La meditazione di consapevolezza – la Vipassana, la Mindfulness e qualunque altro termine tu voglia appiccicarle addosso – serve a stare con quello che c’è.
C’è ansia?
Il modo migliore per cacciare via l’ansia, è mettersi il cuore in pace e osservare l’ansia.
C’è un momento in cui quest’ansia può sembrare accentuarsi, ed è perché la stai autorizzando, e quindi cominci a vederla per quello che è; e in quel momento in cui la stai vedendo per quella che è, puo’ sembrare che l’ansia aumenti, rispetto a prima quando non la volevi vedere e la offuscavi in qualche modo.
Però c’era anche prima (anzi, ci fai a braccio di ferro nel volerla cacciare via con altra ansia, e facendo così la alimenti).
Quindi, l’unico per calmare l’ansia (e non sto dicendo che così passa subito), è quello di fare un primo passo e osservarla, autorizzandola a esserci, a essere riconosciuta e osservata, e autorizzando la nostra parte cognitiva a prendere atto di quello che ci succede mentre c’è l’ansia.
Una delle tecniche che si usano (e Roger la conosce) è quella di verbalizzare, di dire quello che mi sta succedendo mentre ho l’ansia, nel qui e ora; di fatto è una forma di meditazione Vipassana.
Del resto in Vipassana cosa facciamo?
Prendiamo la nostra parte cognitiva, che corrisponde a una attivazione dell’emisfero sinistro, e la mettiamo al servizio dell’emisfero destro, che è quella che percepisce le sensazioni, è creativa, femminile; mentre l’altro emisfero è maschile, e organizza i concetti e le informazioni.
Prendendo la nostra parte cognitiva, e mettendola al servizio di quella percettiva, creiamo delle connessioni; e quindi si crea la consapevolezza, che non è altro che l’insieme di questi due fattori.
E quindi l’ansia cala.
Non dico che sparisce, ma che cala: ti autorizzi a starci, la descrivi quest’ansia; non dico che la vai a cercare, la osservi, non la vai a formare laddove non ci fosse o ad alimentarla qualora stesse scemando.
Dico di osservare quello che c’è.
C’è ansia?
Osservala, fa parte di quello che c’è.
Non c’è più ansia, e questo ti spaventa perché eri abituato ad averla?
Anche in questo caso, stacci.
Questa è la tecnica di consapevolezza, questa è la tecnica che ti dà pace.
Una frase che vale sempre, in varie circostanze e a vari livelli, è: “Non c’è una via per la pace, la pace è l’unica via”.
Sarebbe sbagliato dare ulteriori tecniche – ce ne sono diverse, una è quella della compassione: preoccupandoti degli altri ti preoccupi meno di te – ma, ribadisco, il primo vero passaggio trasformativo è quello di fare pace dentro di te.
Fare pace è la via per la pace.
Quindi non c’è una via alternativa per la pace: voglio andare di qua, voglio andare di là, perché non mi piace quello che c’è e vorrei qualcos’altro.
Perché in questo modo ti stai spostando da quello che c’è, e di cui ti puoi occupare, a quello che potrebbe esserci e di cui ti puoi solo pre-occupare.
Quando noi ci preoccupiamo, stiamo anticipando un futuro che per adesso non c’è: e quindi ti preoccupi, ti sposti nel futuro, non stai nel presente e, per l’appunto, ti pre-occupi.
Quando non ti occupi di quello che c’è nel presente continui ad alimentare l’ansia, quello che rimane è solo preoccupazione.
Mentre invece occupandoti di quello che c’è nel presente, fosse anche l’ansia, fai qualcosa di risolutivo.
Io queste cose le dico, e le ridico; nel corso che ho fatto sull’ansia lo dico, lo ripeto, lo ripeto ancora, ma, guarda caso, chi soffre d’ansia dopo un po’ mi richiede la stessa cosa.
Dalla finestra mi fa rientrare una domanda per cui: “Ok, va bene, io sto facendo quello che mi dici di stare con le cose così come sono, ma… c’è qualcosa che posso fare per cacciare via quest’ansia?”
Io torno a ripetere, banalmente, le stesse cose: abbia fede, stai con quello che c’è; la fiducia, la pazienza, sono delle preziose alleate per la tua arma principale, che è la consapevolezza.
E la consapevolezza ce l’hai stando con quello che c’è, con pazienza e fiducia.
Perché questo, in qualche modo, la avete già sperimentato: che stando nell’adesso, non dico che c’è più pace (perché non voglio ancora creare ideali), ma del resto lo sapete già che, in questo modo, c’è quantomeno meno ansia.
E, di fatto, più pace (ma non voglio spostare il focus su “più pace” perché, di nuovo, rischierei di spostare la tua attenzione verso quello che vorresti che ci fosse rispetto a quello che c’è).
Partiamo dal qui e ora, da quello che nel qui e ora c’è.
C’è ansia?
Parti da quello, è un ottimo punto di partenza.
Qualsiasi cosa ci sia nel qui e ora: questa è la consapevolezza, questa è la via per la pace.
E quindi insisto nel dirti di stare con questo.
E di notare la tendenza a voler di più, a voler cercare di controllare la situazione con nuove tecniche, che diventano poi compulsive.
Io non voglio caricare la situazione.
C’è tanta roba, davvero tanta: ma è inutile, sono corollari, possono distrarre; potrei darti dei vicoletti che possono farti perdere la strada principale.
Perché darti dei vicoletti, che ti impediscono di seguire la strada principale che è quella di trovare la pace?