Tutorial per capire e gestire l’insonnia (anche con delle meditazioni specifiche)
“Cortesemente, puoi approfondire il problema dell’insonnia, segnalandoci, nella tua produzione, delle meditazioni dedicate?”
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Anche qui mi piace fare una premessa: è utile capire la qualità del sonno.
Chi ha fatto con me il corso sui sogni lucidi – e che quindi, per qualche mese, ha lavorato sulla notte, sul sogno e, perciò, anche sul sonno nelle sue varie fasi – ha potuto constatare che la notte ha una qualità: i pensieri notturni non sono dei pensieri comuni a quelli del giorno, e variano a seconda delle varie fasi.
Nel sonno profondo l’attività del pensiero è quasi nulla (di fatto, la mente è pura: vuota), ma durante i sogni c’è un proliferare di creazioni, di pensieri, di suggestioni e quant’altro; però questo proliferare è tipico della creatività, ed è spontaneo, non è un tipo di pensiero razionale.
Non c’è quindi, nei sogni, la razionalità: non c’è quel pensiero “essere o non essere”, quello del dubbio amletico; c’è un flusso continuo di creazioni della mente, ma non c’è raziocinio.
Io utilizzo, prendendole in prestito dalla tradizione taoista, le espressioni Yin e Yang.
Yin è il femminile e, normalmente, la notte è femminile, e anche la creatività e la spontaneità sono femminili.
Mentre il raziocinio è freddo, organizzativo, mette a posto le informazioni, fa “le pulci”; segue quindi una logica di tipo razionale, e questo tipo di logica è Yang, ed è tipicamente maschile.
Anche i nostri emisferi cerebrali, destro e sinistro, si comportano in maniera più maschile o più femminile.
Uno, il sinistro, è più maschile, organizzatore, più freddo e calcolatore; mentre l’altro emisfero, il destro, è più creativo e percettivo, più caldo ed emotivo (e infatti i nostri sogni sono così).
In realtà non so se durante i sogni ci sia la predominanza di un emisfero sull’altro, nella veglia sì, quando uno è acceso l’altro è spento; ma non so se una cosa simile avvenga anche durante il sonno, con la predominanza di un emisfero sull’altro, ma non mi sorprenderebbe se accadesse così.
Ma il punto è questo: durante la notte noi abbiamo assolutamente bisogno di lasciare che questa creatività prenda il sopravvento, rispetto a un bisogno di controllare, di catalogare, di etichettare, di mettere tutto a posto.
Di fatto noi, di notte, ci abbandoniamo.
Abbandoniamo quello stato cognitivo di riflessioni e di organizzazione, e questo avviene spontaneamente.
Il sonno è fatto a cicli, ricorrenti durante la notte.
Contenuti
fase di addormentamento
Prima ha una fase di addormentamento, e già qui, se tu sei consapevole perché mediti alla sera, ti può essere capitato di notare che, i pensieri che sorgono durante la meditazione fatta quando siamo particolarmente stanchi, non sono della stessa qualità di quelli che abbiamo durante il giorno.
Io li chiamo “bolle oniriche”, sono delle suggestioni che giungono dall’interno, dall’inconscio, non sono i tipici pensieri “adesso vado a fare questo” o “adesso vado a fare quell’altro”: mi può venire in mente una nuvola, un tramonto, o anche un mostro; non necessariamente quindi cose piacevoli, però cose creative.
Ed è una qualità del pensiero, questa, che è assolutamente notturna.
Da un punto di vista tecnico si chiamano “allucinazioni ipnagogiche”, e sono tipiche, come dicevo, della fase dell’addormentamento.
E poi, entriamo nel sonno profondo.
fase di sonno profondo
Nel sonno profondo non ci sono particolari attività cerebrali, questa è la fase in cui la mente si riposa davvero, e si svuota.
fase REM (dove sogniamo)
Dopo di che, dal sonno profondo risaliamo, ed entriamo nella fase del sogno: la cosiddetta fase REM (Rapid Eye Movement: rapido movimento degli occhi), chiamata così per il rapido movimento degli occhi dietro la palpebre durante il sogno; che è una fase brevissima, quella del sonno profondo è molto più importante.
La fase del sogno è molto prossima alla soglia della veglia, e facilmente potremmo svegliarci; e talvolta infatti ci svegliamo, solo che spesso non ce ne accorgiamo e ripiombiamo subito dopo nell’oblio del sonno profondo; solo che, stavolta, il sonno profondo dura di meno, e inizia invece a durare un po’ di più la fase REM.
Questa alternanza si ripete per quattro/cinque volte.
Poi, ovviamente, dipende dal soggetto, da quante ore dormiamo durante la notte, ma diciamo che più o meno per quattro/cinque volte ci apriamo alla possibilità di sognare, e per quattro/cinque volte andiamo nel sonno profondo.
Sonno profondo che però – mano mano che andiamo verso il giorno, e quindi abbiamo già fatto delle belle fasi di sonno profondo – si articola in fasi sempre meno profonde e sempre più brevi, mentre le fasi REM diventano sempre più estese e importanti; a ogni fine di fase REM c’è una specie di veglia, che è il momento in cui ci distendiamo, andiamo magari a fare pipì, o in cui semplicemente ritorna il potenziale della mente riflessiva.
E se entra la mente riflessiva, facilmente potrebbe prendere il sopravvento.
Può venirmi un’idea (“Avrò lasciato accesa la luce del salone o l’avrò spenta?”), e questo pensiero potrebbe essere una mina vagante per il sonno.
Perché?
Perché io potrei facilmente spostarmi da questo pensiero di nuovo alle sensazioni fisiche, alla percezione, al bisogno di dormire, al tepore della coperta, e riaddormentarmi; ma se io comincio a indugiare (“Ma l’ho spenta?”, “E se andassi a controllare?”, “Sì, è meglio se controllo”), comincio a innescare un meccanismo che è tipico del “dubbio amletico”, del raziocinio.
E quando c’è questo raziocinio non c’è più spazio per il il riposo, e non possiamo più riaddormentarci, quindi ci rigiriamo sul letto come una cotoletta e non riusciamo a riprendere sonno (a volte succede anche a me).
Ovviamente i pensieri sono legati anche a delle emozioni, e perciò si autoalimentano, quindi se c’è stata una preoccupazione che mi ha attanagliato durante il giorno, ecco che lì torna a manifestarsi
Per fortuna non faccio più il lavoro che facevo prima, che era una fonte di ansia e di stress, e faccio una vita tutto sommato serena, seppur con gli alti e bassi del caso, ma io spesso mi accorgo di avere pensieri raziocinanti anche su banalità pazzesche.
Non strettamente legate alle emozioni, ma basta il fatto che si sia innescata questa qualità del pensiero amletico per non farmi dormire; e senza che tutto questo sia legato a un’emotività.
Figuriamoci se invece fosse legato a un’emotività, sarebbe devastante.
E quindi, una volta capito il meccanismo, come fare?
C’è poco da fare: dobbiamo affrancarci da questa qualità di pensiero.
Diceva Einstein: “Non puoi risolvere un problema con la stessa mente che ha generato quel problema.”
Non è cacciando via qualcosa, volendo controllare la situazione e pretendendo di organizzare la tua nottata, che tu riuscirai a tornare ad abbandonarti alle situazioni; perché quello è un pensare.
Pensare di cacciare via un pensiero non si può fare: devi cambiare registro, cambiare tavolo, anzi, cambiare proprio gioco.
Quindi finché vuoi cacciare via il pensiero, ti vuoi addormentare, quello non lo vuoi, quell’altro nemmeno…
Stai di nuovo facendo a braccio di ferro con qualcosa che non puoi vincere.
il piano A per superare l’insonnia
Quindi la strada – diciamo pure “ufficiale” – sarebbe quella di abbandonarsi di nuovo alle sensazioni, e quindi alle percezioni corporee: al tepore, a sentire il letto, il cuscino; a sentire il corpo, abbandonandoti a questo (poi spiegherò anche le meditazioni che possiamo fare).
Se c’era anche una vicissitudine, un clima particolare, un qualcosa che era successo un attimo prima durante il sogno, cerca di recuperare quella sensazione e di rientrare in quel sogno, se riesci.
Ecco quello che andrebbe fatto.
E talvolta è possibile farlo, e ci riesci, quindi tentar non nuoce.
Se però vedi che dopo mezz’ora, un’ora, sei ancora lì che ti rigiri come una cotoletta, vuol dire che non ci stai riuscendo.
Anzi, se ti rigiri come una cotoletta nel letto, accorgiti che stai pensando in modo ossessivo; perché il più delle volte noi crediamo nei pensieri, a quello che ci dicono, e non ci accorgiamo che stiamo pensando.
il piano B per superare l’insonnia
Diamo per scontato che non stiamo dormendo, ma non è che ti accorgi che stai pensando che non stai dormendo, o che stai pensando se hai lasciato accesa o no la luce del salone.
Quindi cosa conviene fare?
Alzarsi, andare in salone, e – al di là del fatto se la luce fosse accesa o meno, come nell’ esempio – mettersi a meditare.
Facendo così, stacchi, perché staccando fisicamente esci anche fuori da questo loop dei pensieri; magari puoi anche solo bere un bicchier d’acqua, fare pipì, l’importante è che hai staccato.
Io normalmente, quando si verificano situazioni simili, mi metto a meditare.
Fare così è controintuitivo: ho già perso un’ora di sonno, passata a rigirarmi come una cotoletta, mi conviene mettermi a meditare e perdere altri quindici/venti minuti?
Sì, conviene.
La tecnica meditativa che si fa in questa situazione, quando cioè ci si è alzati, è la Vipassana (ce ne sarebbe anche un’altra, da fare stando a letto, ma la affronteremo dopo).
Come fare la Vipassana.
Mi metto seduto su una sedia o su un divano – e non nella stanza da letto, in un’altra – nella tipica posizione della meditazione, a busto eretto (quindi non sdraiato), metto un timer, chiudo gli occhi, e medito per un quarto d’ora/venti minuti; cercando, non di prendere sonno, ma di sviluppare presenza e consapevolezza.
Perciò, se il sonno sta riprendendo il sopravvento, non mi abbandono a questo sonno, e non mi affretto a tornare indietro, continuo a cercare la consapevolezza.
Perché la consapevolezza trasforma, e ci fa uscire da questo loop di pensieri, o quantomeno ci permette di affrancarcene un po’ e di prenderne le distanze (magari, in qualche modo, sotto sotto il loop di pensieri continua, perché continuo a vedere che c’è, ma almeno lo sto vedendo, su questo rimuginio comincio ad avere una posizione da osservatore).
Ed ecco che quindi – con questa nuova consapevolezza, e questa nuova distanza rispetto all’identificazione col loop dei pensieri – ho creato un’altra centratura, e con questo nuovo stato d’animo torno nel letto.
Una volta nel letto, serenamente, cerco di nuovo le sensazioni corporee e mi autorizzo a stare nel letto, e quello che viene viene; e, se non ho fretta di addormentarmi, il più delle volte (come nel mio caso, almeno) mi addormento.
E tutto questo avviene nella peggiore delle ipotesi.
la migliore delle ipotesi: approfondiamo il piano A
Nella migliore delle ipotesi, per affrancarmi da quel pensiero problematico, devo semplicemente abbandonare la mente, stando con le sensazioni.
E in questo senso c’è una tecnica, che può allenarci a stare con le sensazioni, ed è la meditazione body scan, cioè la scansione del corpo: con la quale io scansiono il mio corpo, dalla punta dei piedi, piano piano, a salire (sento, per esempio, le sensazioni del materasso, le sensazioni con la coperta e, piano piano, punto per punto, poggio la mia attenzione su quelle che, tecnicamente, si chiamano percezioni fisiche, notando anche se sono piacevoli o sgradevoli).
E noto anche quando la mia mente mi fa distrarre (richiamando la mia attenzione su cose come se la luce è accesa o sulla spesa che devo fare l’indomani), e se me ne accorgo riporto di nuovo la mia attenzione alle sensazioni corporee.
Anche questo potrebbe funzionare, ma non sempre funziona: questo è quello che andrebbe fatto, ma siccome la nostra mente è molto “brava”, se ha fatto capolino e sono già un quarto d’ora/venti minuti che ci rigiriamo, a quel punto è più difficile.
Sarebbe più facile se ce ne accorgessimo subito che la nostra mente è entrata di nuovo in azione, ma il più delle volte quando ce ne accorgiamo è già tardi, c’è già un fastidio dentro di noi molto accresciuto, che non fa altro che alimentare pensieri compulsivi.
Quindi, a quel punto, è meglio alzarsi e fare quell’altra tecnica di prima; ciò nonostante, se proprio devi rimanere a letto e non ti vuoi alzare, il body scan – la meditazione da sdraiati – si può fare.
Il body scan, ovviamente, possiamo farlo anche durante le ore diurne.
Si può farlo anche prima di addormentarci, perché, durante la notte, richiamarci alle sensazioni corporee ci sarà più facile; e ci sarà più facile, proprio perché ci siamo allenati a farlo, affrancarci dai pensieri attraverso il corpo.
Il corpo ci riporta nel qui e ora, ed è sempre una risposta, perché le sensazioni corporee sono ciò che alimenta il sonno.
E quindi ecco come puoi fare, ed ecco perché, in questi casi, io consiglio sia Samatha che Vipassana.
Intendendo come Samatha prevalentemente il body scan, e come Vipassana l’appoggio di Samatha al respiro e la piena presenza mentale di ciò che ci accade.
E cercando di staccare, di non rimanere nel letto.
Ci sta che vuoi rimanere nel letto, ma devi prendere anche atto che, se è già partito un loop di pensieri negativi, sarà più difficile affrancarsene.
Perché ti puoi pure dire: “Vogli meditare così me ne affranco”, rimanendo però nel letto; tu vuoi meditare e affrancarti dai pensieri, ma quelli fanno capolino e prendono il sopravvento, e la tua consapevolezza non c’è, se n’è andata oramai, e tu continui a rigirarti nel letto come una cotoletta.
Spero di aver dato un contributo approfondito alle dinamiche e al perché, e al come, poter risolvere questo stato dell’insonnia.
Ovviamente, più io voglio cacciare via l’insonnia, e più entro nella negatività del loop di voler controllare una situazione nella quale invece bisogna abbandonarsi; e se tu vuoi controllare, in una fase in cui invece ti devi abbandonare, poi è normale che non dormi.
Devi necessariamente abbandonare quel desiderio di controllo, non c’è altra via, se vuoi controllare, semplicemente non dormi.
Devi abbandonarti, va fatto.
Quindi se tu mi chiedi come fare per dormire: ti devi abbandonare, abbandonando anche il bisogno di controllare che non riesci a dormire.
Non c’è altra via che l’abbandono: il sonno, è abbandono.
simbologia del sonno
Il sonno – lo dico per chi apprezza anche una visione più esoterica – è una morte.
Una morte dell’ego, una morte del raziocinio, è la morte dell’identificazione diurna, ma è anche un attraversare le tenebre; e può essere bellissimo, possiamo fare dei sogni meravigliosi durante la notte.
Però ci apriamo anche alla possibilità di avere degli incubi, è normale, fa parte del gioco: ma è solo un sognare, poi ci risvegliamo, il giorno dopo.
Tra gli allievi che hanno fatto con me un percorso di lavoro sui sogni lucidi, per quanto non siano stati tantissimi (più o meno un centinaio finora), ho comunque avuto dei riscontri molto positivi; c’era chi aveva difficoltà ad addormentarsi, e ha visto che, il porre l’attenzione alle dinamiche notturne, gli ha conciliato tantissimo il sonno.
Tuttavia, sconsiglio vivamente a chi non vuole fare un corso sui sogni lucidi, ma lo farebbe solo per dormire meglio, di non intraprendere un percorso del genere; perché il lavoro che si fa lì è tutt’altro, quello è solo un effetto collaterale.
Questo effetto collaterale lo puoi produrre benissimo anche senza fare il corso sui sogni, semplicemente ponendo l’attenzione alle dinamiche che ti ho appena descritto: a come il sonno ha bisogno di essere creativo; e a come dobbiamo abbandonare quel bisogno di controllo, che è tipicamente cognitivo, questo bisogno lo dobbiamo necessariamente abbandonare: se non lo abbandoniamo, non c’è sonno.
Però non lo puoi abbandonare decidendo di abbandonarlo, volendo controllare il sonno.
Il sonno non lo controlli.
Controlli il bisogno di controllarlo, abbandonandoti ad altro.
Però, ripeto, non è con la mente che ha prodotto il problema che risolverai il problema stesso, hai bisogno di cambiare totalmente registro.
Cambiare totalmente registro, significa affrancarsi dal bisogno di controllare la notte.
Non c’è altra via.
Spero di aver reso l’idea, e di avere anche dato un contributo concreto rispetto al problema dell’insonnia.
Risorse consigliate:
Meditazione Samatha del Calmo dimorare
corso sui sogni lucidi e sul sonno