Dharma e la lingua di Buddha: Corso Buddismo
Tratto dal corso di buddismo “Semplicemente buddismo”
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Dharma
Dharma (o Dhamma) tradotto letteralmente significa “Legge” e mi piace definirla come “Legge di Natura”, sono le “cose così come sono” ovvero la “Realtà Ultima” delle cose senza sovrastrutture concettuali.
Buddha diceva “io insegno il Dharma”, ovvero le cose così come sono, spiego la realtà ultima delle cose, la Legge di Natura.
Quindi con la parola Dhamma si intende anche l’intera dottrina buddista.
E già vediamo che questa parola comincia ad assumere significati diversi: descrive sia la Legge Universale, che la dottrina buddista.
Ma possiamo trovare un’altra sfumatura nell’uso questa parola, specie se usata al plurale, ovvero quando parliamo dei “dharma” o di tutti i dharma, beh a quel punto si intendono i fenomeni con cui la natura si manifesta.
Ricapitoliamo
Dhamma o Dharma è:
1) la legge delle cose che si manifesta nei suoi fenomeni naturali;
2) i fenomeni naturali stessi (la vita, la morte, una tempesta, un terremoto, la nascita.. ogni fenomeno..);
3) L’insegnamento di Buddha.
Ci sono altri significati che potrebbero sorgere nell’uso di questa parola ma sono facilmente deducibili. Ad esempio se dico che “una cosa è nel Dharma” intendo dire che è in sintonia con la legge universale e quindi è “retta” e “non duale”.
Quando ero ancora lontano dallo studiare queste cose una mia amica chiamò il suo amatissimo cane Dharma e quando le chiesi cosa significasse mi disse:
“beh non è facile da dire in due parole diciamo semplificando che è una legge universale che in qualche modo si contrappone al karma”. Capii dopo anni cosa intendeva veramente dire e ci arriviamo, ma prima di parlare di Karma fammi spendere due brevi parole sulla lingua di Buddha.
la lingua di Buddha e del buddismo
Buddha parlava una lingua ormai morta (come il latino) chiamata pali, i primi buddisti tramandarono oralmente per circa tre secoli questi insegnamenti prima di trascriverli. Questi insegnamenti infatti appaiono ripetitivi, come delle cantilene, insomma utili per tenerli a memoria.
Poi vennero trascritti, sempre in pali, su dei rotoli che a loro volta, a secondo della loro utilità, vennero riposti in 3 cesti.
Ancora oggi esiste una forma di buddismo antico, che segue tuttora lo stesso stile di vita insegnato da Buddha e a cui è cara questa raccolta di tre cesti (tre cesti in pali si dice Tipitaka o Pitaka) che contiene il cosiddetto: “canone pali”.
Nel sito www.canonepali.net si sta ancora svolgendo un importante e assai completo lavoro di raccolta di testi del Canone Pali.
Il buddismo successivo tuttavia ha preferito usare un canone diverso, a cui sono stati aggiunti altri insegnamenti usando un’altra lingua sacra forse più comunemente nota: il sanscrito.
Molte delle parole buddiste ormai note anche nel linguaggio comune occidentale sono in sanscrito.
Quindi benché Buddha avrebbe chiamato sé stesso nella sua lingua il pali, Siddhattha noi lo conosciamo meglio come Siddharta (o più correttamente: Siddhartha) nella sua versione in sanscrito e così anche Dhamma e Dharma e mentre la parola Kamma che avrebbe usato Buddha non ci è familiare a differenza della parola Karma che conosciamo benissimo.
Quindi anche io -pur riferendomi principalmente alla lingua originale di Buddha- tradurrò spesso certe parole dal pali nel loro corrispettivo in sanscrito, proprio perché essendoci più familiari sarà un po’ come usare l’italiano.
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