Ottuplice Sentiero – Retta Parola e Retta Azione: Corso Buddismo
Tratto dal corso di buddismo “Semplicemente buddismo”
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l’ottuplice sentiero
Eccoci al cuore del buddismo: l’ottuplice sentiero.
Per una maggiore comprensione del meccanismo che lega a catena ciascun sentiero al “successivo” e al contempo di come uno favorisca l’altro comincerei a descriverli spostando i “primi due” che riguardano la saggezza (retta Visione e retta intenzione) in fondo, dopo gli altri.
Gli otto sentieri sono così legati uno all’altro al punto che può essere utile portarli avanti tutti assieme (o magari lavorando di più su alcuni in alcuni momenti della nostra vita e più su altri in altri momenti).
Relativamente alla visione e intenzione al momento evidenzio solo che quando abbiamo una visione chiara e saggia della Realtà (nostra e del mondo in cui siamo immersi) ci sarà più facile agire in modo retto.
Parleremo in modo retto, agiremo in modo retto vorremo fare un lavoro che sia in linea con i principi in cui sempre di più crediamo.
Tutto questo grazie alla saggezza di cui parleremo meglio dopo.
Addentriamoci, per cominciare, con i tre sentieri che riguardano lo sviluppo di una retta condotta morale (Sila).
Buddha usa il termine in pali: Sila che significa “abitudine, carattere, natura dell’individuo, comportamento.
Retta Parola (samma vaca)
Quando abbiamo una chiara e saggia visione delle cose e dei meccanismi, cercheremo di evitare di parlare a sproposito, di fare inutili pettegolezzi a danno di qualcuno o di dire il falso per danneggiare qualcuno.
Vedremo che questo concetto ritornerà quando parleremo dei cinque precetti, qualcosa di vagamente simile ai nostri dieci comandamenti.
Benché con la parola, dopo la visione e l’intenzione, siamo ancora nell’immateriale (la parola non agisce direttamente nella materia), con la parola possiamo ferire. Come si dice “la penna ferisce più della spada”.
Parlare è una forma di azione che può avere conseguenze nefaste o benefiche. È utile quindi fare un buon uso della parola e mettere tutta la nostra consapevolezza e attenzione prima di aprire bocca.
Sogyal Rimpoche un monaco buddista tibetano, nel suo meraviglioso libro: “Il libro tibetano del vivere e del morire” consiglia, relativamente a cosa dire quando sentiamo di volere aiutare qualcuno (ad esempio un morente o un suo parente) di fermarti un attimo e pensare se quello che hai da dire è migliore del silenzio dilla, altrimenti mille volte meglio il silenzio.
Calcola anche che chi medita conosce i vantaggi e le meravigliose qualità del silenzio.
Estendo quindi il mio invito a riflettere prima di parlare ed allenare l’ascolto più che la parola. Tutti parlano, ma in pochi ascoltano davvero.
Invito ad imparare ad ascoltare prima noi stessi e ad aprire la bocca quando veramente può essere di aiuto a qualcuno.
Retta Azione (samma kammanta)
“Fare del bene e guardarsi dall’agire danneggiando gli altri” è un concetto abbastanza facile da capire ed è comune a tutte le saggezze e religioni. Tra l’altro abbiamo già parlato di Kamma o di Karma ovvero di Azione e quindi ho poco da aggiungere.
C’è solo un concetto che ci tengo a ribadire, ed è questo:
è proprio l’azione a fare la differenza!
Più avanti parleremo di intenzione e vedremo come questa cambia la qualità dell’azione, tuttavia è nell’azione che si determinano i cambiamenti nel mondo materiale e se ne hanno le conseguenze.
Voglio dire che posso avere l’intenzione di uccidere il vicino che fa chiasso in piena notte, ma se poi non lo faccio non ci sono conseguenze karmiche. Non andrò in prigione per averlo solo pensato e il vicino continuerà a vivere tranquillamente.
Magari passata la brutta nottata sarò pure felice di salutarlo quando lo vedo (specie se mi offre una fetta del suo ciambellone fatto in casa).
Quindi è utile guardare alle nostre azioni.
Come vedi su ogni sentiero c’è un’azione, del “lavoro” che possiamo fare se non altro di attenzione. Voglio condividere con te un “lavoro” che un giorno ho cominciato a fare e, a distanza di anni, anche se con minore intensità (forse perché è diventata una abitudine) riguardo all’agire nel bene.
E vedrai che passare dalla teoria alla pratica le cose non sono così automatiche.
Mi spiego meglio. Tutti vorremmo un mondo migliore e tutti siamo pronti, almeno in teoria, a fare (azione) qualcosa per lasciare questo mondo meglio di come lo abbiamo trovato.
Un giorno il mio maestro domandò: “cosa fai tu per lasciare il mondo meglio di come lo hai trovato? A volte bastano piccoli gesti, quali metti in campo?” E rigiro la domanda anche a te adesso, fermati un attimo a chiederti cosa fai e cosa puoi fare per migliorare questo mondo?
Thanavaro, il mio maestro, continuò con un esempio suo personale. Lui ogni volta che viaggiava in treno ad esempio, o comunque in un bagno pubblico, trovava il bagno in pessime condizioni, quindi si adoperava per cercare di fare in modo di lasciarlo meglio di come l’avesse trovato.
Questa immagine mi aveva colpito. Improvvisamente mi sono accorto che passare dalla teoria alla pratica non fosse così semplice.
Mi sono chiesto se ero pronto a fare una cosa del genere ed ho nutrito seri dubbi. Mi sono così accorto che tutti vogliamo fare qualcosa in teoria per cambiare il mondo in meglio e poi, magari un piccolo gesto come questo, non lo facciamo.
I giorni seguenti mi accorgevo che invece di raccogliere solo la cacca del mio cane, mi mettevo a raccogliere anche quelle che trovavo a portata di mano.
E poi si, finivo per migliorare anche i bagni pubblici e sicuramente a non peggiorare la situazione.
Certo non mi mettevo a pulirli da capo a piedi, ma talvolta basta levare qualche goccia di pipì qua e là per rendere la giornata di chi entrerà in quel bagno dopo di noi, meno nervosa o deprimente.
Piccoli gesti possono fare la differenza. Ecco quindi come possiamo praticare la retta Azione cominciando da piccoli gesti quotidiani.
Ovviamente più sono anonimi (senza che nessuno possa ringraziarti o ricompensarti) più sono incondizionati, puri, sinceri e altruistici.
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