Ottuplice Sentiero – Retta Sussistenza e Retto Sforzo

Tratto dal corso di buddismo “Semplicemente buddismo

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Retta Vita o Sussistenza (samma ajiva)

Immagina un tizio che è bravissimo nel non danneggiare gli altri con parole ed azioni ed al contrario agisce nel bene, però lavora in una fabbrica di mine antiuomo.

Beh diciamolo, prima o poi comincerà a cercarsi un altro lavoro, perché non potrà accettare a lungo quel modo di procurarsi da vivere serenamente.

Penso a quelle povere centraliniste dei “call center” che asseriscono -sapendo di mentire- di essere della tua azienda di fornitura elettrica per indurti a cambiare contratto.

Capisco il loro bisogno di lavorare e che la truffa la fa il suo datore di lavoro, ma il problema è che la povera centralinista ne diventa complice.

E forse non si rende conto che sono complici di truffe vere e proprie, anche ammesso -e non concesso- che alla fine il cliente dovesse risparmiare sulla bolletta la modalità è fraudolenta ed ingannevole.

Buddha invita ad aprire gli occhi e prendere atto del modo che hai di procurarti da vivere.

Ogni tanto qualcuno, si accorge che il suo lavoro non è in linea coi propri principi di vita, sa di volerlo cambiare e chiede ai maestri se devono cambiarlo subito.

Ritengo che i consigli migliori sono quelli di usare anche la retta saggezza. Scappare via subito da un lavoro senza avere un altro sistema di sussistenza magari non è saggio.

Non si tratta di fuggire da un lavoro senza avere di che far vivere te e la tua famiglia, ma è sicuramente utile adoperarsi con enfasi e motivazione a cercare al più presto una sistemazione che ti renda più felice e che non danneggi gli altri.

Confucio disse: “fai un lavoro che ti piace e non lavorerai un solo giorno della tua vita”.

Io non avevo un lavoro che danneggiava gli altri quando facevo il produttore teatrale, anzi penso che facessi del bene: la cultura, le emozioni, l’arte rende migliore questo mondo e ne accresce la bellezza.

Tuttavia in me sentivo il bisogno di fare altro, di aiutare in modo più concreto gli altri e così ho cominciato a fare il counselor ma soprattutto a divulgare la meditazione.

Ma non sono “scappato via” dal vecchio, ho creato prima una alternativa, ci ho messo un paio di anni per passare al nuovo modo di sostenermi ed ovviamente ho dovuto mettere in conto che avrei potuto guadagnare molto meno e vivere con maggiore modestia, attualmente sono ancora felice di questa scelta e sono passati molti anni.

Retto Sforzo (samma vayama)

Quando ci comportiamo in modo corretto e la nostra sussistenza è sostenibile auspicabilmente possiamo inserire la meditazione nel nostro quotidiano.

La meditazione è un potente allenamento alla presenza, alla “mindfulness”, alla consapevolezza, ma come abbiamo visto esercitarsi e praticare secondo i vari sentieri richiede già una certa attenzione una certa presenza.

Per cercare di non dire cose che danneggiano gli altri o migliorare questo mondo devo necessariamente esserci, mentre parlo o mentre agisco.

Per esserci ho bisogno di ricordarmene.

Anche durante una classica sessione di meditazione da seduti ho bisogno di ricordarmi costantemente di essere presente altrimenti sto sì seduto, ma di fatto non sto meditando se mi lascio trascinare via dai mille pensieri.

Dal momento in cui è facilissimo perdersi in mille pensieri abbiamo bisogno di rinnovare l’energia dell’attenzione.

Questo richiamo all’energia è possibile proprio grazie al “retto sforzo”.

Ho bisogno di uno sforzo di presenza per non perdermi nelle distrazioni e nel mondo delle fantasie.

Senza questo sforzo, in assenza di questa energia, la presenza è destinata a perdersi.

Quindi lo sforzo è fondamentale per meditare e per ricordarci di essere presente a noi stessi anche nel quotidiano.

Ma quando parliamo di sforzo ricordiamoci della storia della corda che deve essere tesa ma non troppo, ricordiamoci che lo sforzo deve essere “retto” una via di mezzo.

Se pretendo troppo da me stesso finirò per stressarmi troppo e non riuscirò più ad essere presente. Il risultato finale, nell’eccesso di sforzo, sarà simile a quello dell’assenza totale di sforzo: in entrambi i casi finirò per perdermi nel buio dell’inconsapevolezza.

 C’è chi lo chiama lo Sforzo Gioioso: se c’è troppo senso del dovere: allenta, alleggerisciti e ricorda la gioia di essere presente.

 

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