A cosa si pensa quando si medita

 Molti potrebbero dire: “Non si pensa, perché in meditazione non si pensa a nulla.”

In realtà non è così.

Guarda il video – A cosa si pensa quando si medita

o contiua a leggerne la trascrizione sotto:

Pensare è una nostra facoltà, non possiamo pensare di annullarla, tra l’altro non possiamo annullare un pensiero con un altro pensiero: non basta pensare “Non voglio pensare” per riuscirci, anzi.

Quindi noi, piuttosto che combattere una guerra persa – perché cercare di non avere pensieri lo sarebbe – ci facilitiamo la vita e, per combattere la nostra battaglia (ammesso che ci sia una battaglia da fare, perché in realtà si tratta di tutt’altro: di trovare la pace e di accogliere, non c’è nessun nemico da combattere, e quindi nemmeno il pensiero lo è), si tratta semplicemente di usare il pensiero proattivamente.

Quindi usiamo la nostra facoltà cognitiva, la nostra capacità di ragionare che è posta nell’emisfero sinistro – che è quello che elabora le informazioni – e la mettiamo al servizio dell’emisfero destro – che è quello che percepisce e intuisce.

Come facciamo questo, qual è il metodo più semplice?

Orientare il nostro pensiero a qualcosa nel qui e ora che, nel qui e ora, ci riporta: come il respiro.

Quando noi portiamo tutta la nostra attenzione, tutta la nostra facoltà cognitiva, a osservare l’esperienza del respirare, cominciamo a creare una magia, sotto vari punti di vista.

Il primo punto di vista è che i pensieri si attenuano: stiamo pensando, stiamo pensando al respiro, ma i pensieri si attenuano.

Perché si attenuano?

Perché io sono consapevole dell’esperienza del respirare, e non sto facendo qualcosa; sì, certo, sto facendo qualcosa, ma il vivere l’esperienza del respirare mi sposta in maniera dolcissima – quasi inavvertita – dal dover fare qualcosa (“Cosa devo fare?”; “Cosa devo fare?”; “Ah, Sì, devo spostare l’attenzione al respiro”) all’essere un tutt’uno col respiro.

Quindi mi sto spostando dal fare all’essere: essere il respiro.

Ecco, in meditazione, noi cerchiamo quanto più possibile la dimensione dell’essere, cercando di attenuare il “fare”.

In realtà, ogni volta che ci chiediamo cosa fare, qualcosa la possiamo fare: possiamo osservare il respiro.

Quindi qualcosa facciamo.

La domanda comunque era: “A cosa pensi”, e una cosa a cui pensi, è il respiro; e questo, paradossalmente, permette di pensare di meno.

Perché, quando io sono il respiro, c’è meno spazio per il pensiero cognitivo tout court.

Da un punto di vista cerebrale – come dicevo prima – l’emisfero sinistro si mette al servizio di quello destro e, cosa rara, tra i due emisferi si creano delle sinapsi, cioè i due emisferi comunicano tra di loro.

Normalmente, quando siamo nella fase creativa si accende l’emisfero destro, e c’è poco spazio per l’aspetto cognitivo, e quando c’è acceso l’aspetto cognitivo, si perde la creatività.

Quando io comincio a mettere le virgole e i punti in un tema che sto facendo, di fatto sto riorganizzando le mie informazioni, e quindi la mia parte creativa è sacrificata; viceversa, quando sono in brainstorming e sto creando, vado di getto e non mi perdo troppo nella punteggiatura, ci penserò dopo.

Infatti sono due fasi diverse: c’è la fase della “brutta” e la fase della “bella”; la fase creativa è quella della “brutta”, nella “bella” invece metti i punti, riorganizzi e riaggiusti.

Anche nel brainstorming si fa così, c’è una fase creativa e poi c’è una fase di riorganizzazione di quello che il brainstorming ha prodotto.

Nella meditazione abbiamo le due fasi in contemporanea: siccome la parte cognitiva è al servizio di quella percettiva, la percettiva ha tutto il suo ampio spazio, e la parte cognitiva è ben attenta, non si lascia trascinare via dalle emozioni e dalle percezioni, è presente.

Ecco, questo è il potere della consapevolezza, la presenza permette a questi due emisferi di comunicare tra di loro.

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