Cosa si fa durante la meditazione
Un bel niente.
Scherzo, non è propriamente così, anche se c’è del vero…
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Dal punto di vista del fare si fa poco; si fa, ma poco.
Lo scopo della meditazione è passare dal “fare”, dalla mente occupatissima dal fare o dal dover fare o dal progettare, alla dimensione dell’essere.
Dello “stare”.
Di stare con cosa?
Con quello che c’è, quello che emerge.
Lo scopo è quello di fare in modo (quindi, come vedi, anche qui abbiamo un po’ da fare) che la mente si metta in stand by.
Una mente sempre così occupata, oberata, che non si riposa mai; nemmeno durante il sonno riusciamo a riposare questa mente, perché ci sono i sogni, le elucubrazioni e le preoccupazioni continuano sempre ecc.
Il nostro scopo è quello di alleggerirla.
Attenzione: di alleggerirla, non di spegnerla (anche perché non ci riusciremmo); anzi sarebbe frustrante cercare si spegnere la mente e vedere che non ci riesci.
Per ottenere questo maggiore rilassamento della mente, invece, quello che facciamo è cercare di evitare di farci trascinare via dai mille pensieri compulsivi, da quelle che io chiamo tecnicamente “pippe mentali”.
Non volermene se uso questo termine, è pur sempre un tecnicismo, e rende benissimo l’idea: pippe mentali, questo turbinio di pensieri compulsivi che ci portano in mondi fantasiosi, che non esistono.
Sono tutte cose che ci fanno stancare, ci stressano.
E lo stress è causa di tante malattie, ci abbassa le difese immunitarie: è alla base di molte cose negative per la nostra salute.
Noi viviamo in una società stressante, quindi alleggerire un po’ questa mente, mandarla un attimo “in vacanza”, ci può essere di grande aiuto.
E allora come fare?
Utilizziamo comuque la mente e la portiamo a qualcosa che è nel qui e ora.
Cerchiamo di non farci più trascinare da essa, di usarla noi e di non essere passivi nei suoi confronti, e di metterla al servizio di quello che percepiamo nell’adesso.
Ci agganciamo a qualcosa che sta nell’adesso.
In concreto puntiamo la nostra attenzione, per esempio, al percepire il movimento del respiro, allo sperimentare e all’essere presenti all’esperienza del respirare.
Negli istanti in cui siamo consapevoli e presenti nei confronti dell’esperienza che stiamo vivendo nella respirazione, questo ci dà pace e alleggerisce la nostra mente.
Quindi quello che facciamo è alleggerirci la mente grazie all’attenzione che noi riportiamo al respiro.
Noteremo che lo osserviamo per un istante, più o meno lungo, e poi dopo un po’ la mente se ne riparte di nuovo, con il suo proliferare di pensieri.
Ed ecco allora noi cosa facciamo: ce ne accorgiamo e, senza assolutamente volercene, anzi se ce ne siamo accorti vuol dire che in quel momento eravamo presenti e ben venga, riportiamo di nuovo l’attenzione al respiro.
Quindi gran parte del lavoro che noi faremo, al livello proprio del “fare”, è quello di riportare costantemente e con santa pazienza, la nostra attenzione all’esperienza del respirare.
Questo produrrà sempre più pace e tranquillità, sia all’interno della meditazione che fuori, ma attenzione: non avere troppe aspettative, perché le aspettative sono ancora parte della mente.
Stai anche con l’apparente frustrazione di un “non riuscirci”; la meditazione riuscirà comunque.
Non si tratta quindi di un doverci riuscire, abbandona un po’ l’idea di dover fare e di ottenere un risultato.
Il risultato non lo vedi durante la meditazione, lo vedi nella vita di tutti i giorni.
Poi magari ci saranno delle meditazioni in cui ti sembrerà di avere ottenuto chissà quale risultato, perché ti sembrerà di aver ottenuto uno stato di pace meravigliosa e di assorbimento totale; ma non durerà.
Non voglio illuderti e darti delle false aspettative.
Perché altrimenti ecco che tu entri di nuovo nella dimensione del fare, fare, fare per ottenere di nuovo qualcosa.
la dimensione dell’Essere
In meditazione non facciamo questo; cerchiamo di stare con quello che c’è, cerchiamo di “essere”.
Di spostarci dalla dimensione del fare, grazie al fatto che spostiamo l’attenzione al respiro, per dimorare nello stato di quello che c’è, nell’adesso: sentiamo che stiamo respirando.
Non entro nel merito di altre meditazione, come la Vipassana in cui si fa anche altro, ma il lavoro di base rimane questo.
Cosa vuol dire “essere”?
Se io sono presente al mio respirare, se colgo l’attimo fuggente, se sono presente a me stesso nel momento presente, senza andarmene nel mondo delle fantasie in preda alle pippe mentali, ecco che trovo la pace.
Cosa significa stare con quello che c’è?
Significa smetterla di dar retta a tutte le cose da fare, da non fare, ai progetti e alle aspettative.
Le aspettative sono legate al passato, i progetti al futuro; nella mente passo dall’una all’altra cosa, e faccio magari progetti per il futuro basandomi su schemi del passato.
Sono tutte fantasie.
L’unico momento in cui viviamo è questo, e noi spesso non siamo presenti a noi stessi mentre stiamo vivendo qualcosa.
Immagina di mangiare un mandarino: quante volte siamo presenti a questa esperienza?
Per essere presenti c’è bisogno di essere.
Quindi io sono, e sperimento, la mia esperienza di essere qui e ora, nell’adesso.
Questo è il vero lavoro che facciamo in meditazione.
Smettiamo di fare e ci alleniamo a sviluppare la dimensione di essere.
Quindi in meditazione per smettere di fare qualcosa la facciamo: portiamo la nostra attenzione al respiro.
Ma il lo scopo finale non è quello di esserci riusciti, perché sarà frustrante, la mente tende a divagare, il nostro scopo è quello di essere presenti, quindi presenti anche al fatto che la mente divaga, e quindi anche questo va bene.
La meditazione riesce comunque anche se ti accorgi che non riesci ad essere continuamente presente sul respiro; è normale, non è una cosa facile.
Il vero lavoro è quello di riportarti, continuamente, alla dimensione dell’essere.
In questo modo alleggerisci la mente, che altrimenti rimane fissa nelle elucubrazioni mentali senza requie, e in questo modo ritrovi la pace.
Ti alleni anche a creare sempre più spazio tra te, la compulsione emotiva, la compulsione dei pensieri, il muoverti di pancia oppure di testa, e ritrovi la possibilità di essere presente a te stesso e di goderti il momento presente della vita.
E ti accadranno sempre più momenti di bellezza della vita e di godimento nel presente, anche nel quotidiano, non solo mentre stai meditando; è nel quotidiano che troverai i veri benefici.
Ti accorgerai che il mandarino, mentre lo mangi, avrà più sapore, perché stai allenando la mente a ritrovare questa dimensione di presenza e di essere nell’adesso e nell’esperienza che stai facendo.
Quindi il mandarino avrà più gusto, andrai per strada e vedrai la bellezza della natura.
Quello che succede è che usciti dalla corazza formata dallo stress e dal continuo proliferare dei pensieri, dalle ansie e dalla rabbia, la nostra mente si alleggerisce e il cuore si apre.
Una cosa che spesso mi viene detta è “Ho guardato gli alberi e, sai Claudio, le foglie erano verdi”; erano verdi anche prima, ma me lo dicono con una tale bellezza che mi fa capire che c’è una profonda connessione con l’esserci in questo mondo e con il vedere davvero le foglie.
Senza l’esserci corriamo il rischio di passare in una strada completamente immersi nei pensieri.
Rischiamo, l’ultimo dei giorni della nostra vita, che ci rendiamo conto che la nostra vita non l’abbiamo vissuta.
Quante volte rimandiamo la nostra felicità, la nostra gioia e la nostra pace, a quando avremo risolto questo o quest’altro problema?
Quand’è che invece facciamo un lavoro contrario e ci diciamo “Ok, iniziamo per prima cosa a trovare la pace. Poi magari avremo una mente tranquilla che ci aiuterà ad affrontare i problemi, che comunque la vita generosamente offre”.
Avremo anche più strumenti, perché essendo alleggeriti da tutto questo bagaglio di fantasie e di pippe mentali, avremo molta più energia, e una mente molto più chiara, per far fronte a quello che la vita ci pone innanzi.
Ricapitolando: cosa fare in meditazione?
Riporto l’attenzione a qualcosa del presente, che mi fa spostare dalla dimensione del fare alla dimensione dell’essere.
Quindi, semplicemente, mi focalizzo sul respiro, e lo faccio tante volte; cerco di non giudicarmi, perché i giudizi appartengono al passato; cerco di non avere aspettative, perché anche queste appartengono al passato.
Posso notare anche che ho voglia di smettere di meditare, perché mi sembra di perdere tempo: fa parte anche questo delle distrazioni, del bagaglio di pippe mentali; allora osservo la frustrazione, vivo l’esperienza.
Riesco ad attraversare tutte queste esperienze, che si affacciano e che sono naturali, e so che sono pensieri.
Pensare che sto perdendo tempo è un pensiero, uno dei tanti a cui finiamo per dar retta.
È una pippa mentale pensare di non riuscire a meditare, di voler smettere di meditare, voler smettere di perdere tempo, di non riuscire a fare.
Tutto questo proliferare di voler fare fare fare, ci farebbe anche smettere di meditare; quindi accettiamo che c’è questa mente che ci dice che “dobbiamo fare”, e quel che noi facciamo è non darle troppo retta, non cacciamo via questi pensieri: sono una parte di noi.
Non si tratta di cacciare via i pensieri sbattendogli la porta in faccia; si tratta di aprire la porta, guardare che c’è questo pensiero che ci si affaccia e ci fa distrarre, guardarlo negli occhi per quello che è ma di non dargli retta.
Di non alimentarlo, di dirgli “Vabbè, ma sei solo un pensiero. Io ho deciso che adesso per dieci minuti medito, e quindi per dieci minuti cerco la dimensione dell’essere. Perciò quella del fare non mi serve tanto; mi serve solo per salutarti, pensiero, e poi chiudere la porta e tornare a portare la mia attenzione allo sperimentare il respiro”.
Spero di aver reso con la consueta chiarezza dei concetti che potrebbero anche sembrare difficili, ma riportando il tutto all’esperienza pratica, materiale, dovrebbe risultarti molto più chiaro che cosa fare in meditazione.
Da un punto di vista torni al respiro; e dall’atra abbandoni ogni senso di dover fare, o almeno cerchi, più che di abbandonare, di alleggerirti nella misura in cui ti riesce.
Senza affannarti più di tanto, ma rimanendo presente al fatto che ti stai distraendo e riportandoti all’adesso seguendo il respiro.
Ed ecco che avrai sempre meno momenti di “fare”, e sempre più momenti in cui dimori nell’essere e nello stare nel momento presente.
Non sarà una costante, anzi più raffini la tua attenzione nell’essere e più di accorgi di pensieri più sottili che emergono, e quindi potrebbe essere anche frustrante.
Ma tu accogli anche queste frustrazioni, accogli tutto, e quindi quello che si svilupperà sarà una maggiore leggerezza nella vita, oltre che una maggiore leggerezza durante la meditazione e a tutti gli elementi distraenti che continueranno a sorgere.
E questo di darà molta più pace, e molta più possibilità di attraversare la vita con più leggerezza nel cuore, e di godertela di più.
Di goderti ogni istante della tua vita.