Superare il rimuginìo diabolico

Oggi vediamo come superare quel rimuginìo diabolico. La domanda, in realtà, è legata all’insonnia, ma questo vale per qualsiasi rimuginìo, non soltanto legato al problema di insonnia, perché il rimuginìo è presente anche durante il giorno, non solo quando vogliamo dormire. Ma diciamo che il rimuginìo si fa presente e diventa una scimmia impazzita che ci dà veramente fastidio quando vorremmo smettere di pensare sempre alle stesse cose, e quelle insistono.

Un abbonato al Come Meditare Coaching domanda:

“Puoi tornare sull’argomento di come approcciare l’insonnia, che credo debba essere vista come una forma di rabbia, rabbia legata alla volontà di controllo di ogni cosa. Questo non è possibile. Come rendersene consapevoli ed integrare, superandolo, questo rimuginìo diabolico?”


Ecco, questa è una domanda che, come vedi, è legata al rimuginìo più che all’insonnia.  Il rimuginìo, però, è sempre presente.

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Le due menti: la scimmia impazzita e l’elefante

Noi abbiamo, diciamo, due menti. Una mente è come una scimmia impazzita, e questa è una descrizione che ben fanno i tibetani: come una scimmia che passa da un ramo all’altro nervosamente, e noi passiamo da un pensiero all’altro continuamente, come una scimmia impazzita.

Come rendersene consapevoli? Beh, già il fatto che tu ti renda conto che c’è una scimmia impazzita è un buon livello di consapevolezza. Si vede che nel tempo hai meditato, e questo ti porta a essere un po’ meno in balìa della scimmia, nella misura in cui ti rendi conto che è presente. Perché c’è chi si fa trascinare da un pensiero senza neanche rendersi conto che è trascinato via dai pensieri. Quindi quello è già un buon livello di consapevolezza, anche se mi rendo conto che uno vorrebbe qualcosa di più. Ma ci arriviamo.

Allenarsi a nutrire l’elefante interiore

E abbiamo detto: sono due menti. Una è la scimmia impazzita e l’altra è un elefante. Lo stato naturale della mente è molto più stabile. All’inizio, però, tende a seguire la scimmia impazzita, quando in realtà dovrebbe essere l’elefante a governare la scimmia.
E noi, come praticanti di meditazione, ci alleniamo a depauperare piano piano la scimmia — senza cacciarla via, e vediamo anche perché — e a dare sempre più energia all’elefante.

I pensieri come servitori, non padroni

I pensieri, infatti, si dice, sono degli ottimi servitori. Non è che abbiamo bisogno di eliminarli: li usiamo, li usiamo nella misura in cui li usiamo come servitori. Ma sono dei pessimi padroni. Ottimi servitori, pessimi padroni.
Noi, il più delle volte, ci facciamo governare dai pensieri.

Il controllo: origine e paradosso

Ora, tu hai usato: “mania di controllo di ogni cosa”, hai usato “rabbia”. E questa pure è consapevolezza.
Dietro alla mania di controllo c’è sicuramente un senso di frustrazione e di rabbia, perché le cose non vanno come vogliamo noi. Le cose vanno come devono andare, e non accettare questo e continuare a voler governare tutto… non ci è di aiuto.

Nel caso specifico, anche voler eliminare la mania di controllo è il controllo a volerlo.
Lo ripeto: io che ho la mania di controllo, voglio controllare la mania di controllo. Capisci? È la stessa energia di voler governare tutto.
C’è la stessa frustrazione, la stessa avversità, che è la matrice della rabbia.
Cioè, io ho avversità nei confronti della mia mania di controllo: la voglio controllare. E quello che provo è di nuovo avversione per la mania di controllo.

La mente che crea il problema non può trovare la soluzione

Come vedi, è la stessa mentalità che ha creato il problema, che sta cercando la soluzione.
Come diceva Einstein: “non puoi trovare una soluzione con la stessa mente che ha creato il problema”. Quella sarebbe la definizione per Einstein di follia.

Noi siamo un po’ tutti folli, in balìa di questa mania di controllo, in balìa di questo rimuginìo, di questi pensieri incontrollati.

Spostare l’energia, non eliminare

L’unica cosa che possiamo fare è spostare, non eliminare, ciò che non desideriamo: la mania di controllo.
Perché eliminarlo è di nuovo la mania di controllo che vuole ottenere qualcosa.

Tutto ciò che dobbiamo fare è cambiare, spostare il nostro nutrimento, la nostra energia, al percepire il qui e ora.

Il presente come unico luogo possibile

Noi, col controllo, vorremmo che le cose andassero in un certo modo, quindi vogliamo controllare il futuro.
Non ci piace magari qualcosa del passato, non accettiamo qualcosa del passato.
L’unica cosa che possiamo fare è abbandonarci a quello che c’è.

Non sto dicendo che il pensiero è negativo, lo ribadisco: è un ottimo servitore.
E dà una sua funzione: cioè, anche nel momento in cui abbiamo un corpo, e viviamo nel mondo, abbiamo bisogno di nutrire il corpo, di proteggerlo, ci poniamo tante domande. Quindi, favorisce il rimuginìo.

Un’esperienza personale di consapevolezza

 Io mi sto registrando da un ospedale. Sono su una sedia a rotelle.
Probabilmente ci resterò a vita. Non lo so ancora. E me lo domando. Così pare, così mi dicono i medici.
E la mente si fa delle domande, è naturale: fa parte della mente, no?

Che ne sarà di me quando tornerò a casa? Io non potrò vivere in quella casa, strutturata in questo modo.
Come la dovrò strutturare? Come mi muoverò? Come farò a guidare la macchina?
Tutte domande che, se ci pensi, sono lecite, ma che non mi fanno stare tranquillo.
A cui, peraltro, non ho una risposta. Per questo non posso stare tranquillo.

Accettare il non sapere

Se ci fosse una risposta… Se un problema ha una soluzione, non è un problema.
Se un problema non ha una soluzione, non è un problema.
Ma non avendo risposte a queste domande — perché attualmente non lo sanno neanche i medici — anche perché, appunto, io sto in una struttura di riabilitazione in cui non sanno come rispondo alla riabilitazione, non sanno ancora il mio stato clinico, se peggiora o non peggiora… e quindi l’unica cosa è stare con quello che c’è.

Imparare dal presente

In questo momento non cammino.
In questo momento posso migliorare delle cose.
In questo momento mi fanno migliorare delle cose, mi fanno riabilitazione.
E quindi io, in questo momento, imparo a capire — e lo capirò piano piano, a forza di imparare a fare cose in autonomia — qual è la mia vera autonomia.
E quindi fino a che punto riesco a fare delle cose e fino a che punto non ci riuscirò.

Ma è nel qui e ora che lo imparo.
Non ho una risposta adesso a tutto ciò che posso capire soltanto vivendo.
Lo ripeto: non ho una risposta adesso a tutto ciò che potrò capire solo vivendo.

Tornare al respiro: un piccolo incantesimo

E come si fa a vivere aderendo al qui e ora?
Stando con quello che c’è.
Stando con l’esperienza.

La meditazione, in generale — la vipassanā e la samatha-vipassanā — mi aiuta ad aderire al qui e ora il più possibile.

Uno strumento per eccellenza, per non cedere energia sempre alla scimmia impazzita, è quello di focalizzarsi sul respiro.
L’ho detto tante volte, lo ribadisco.
E lo ribadisco anche alla luce di alcune esperienze come la mia, o come quella del nostro amico che ha difficoltà con l’insonnia.

L’unica cosa che posso fare non è continuare a voler controllare il controllo, ma è quella di spostare l’energia al qui e ora.
E per farlo, il respiro — o il corpo, in generale — è di grandissimo aiuto, di enorme aiuto.

Non dico che ogni volta che io dico “adesso osservo il respiro” ce la faccio.
Dico solo, però — e non è poco — che ogni volta che io mi accorgo che sono distratto, che sto rimuginando, cerco di focalizzarmi sul respiro.


E ogni tanto mi fondo con mezzo respiro: una inspirazione o una espirazione.
In quel preciso momento in cui io mi fondo, ho spostato le energie, ho resettato, ho rimescolato le carte.
E di nuovo sono focalizzato nel qui e ora.

È una piccola magia, da provare.
Ci aiuta, in qualche modo, a ritrovare il momento presente e non perderci nelle pensieri.

Guarda il Video – Mente Compulsiva

 

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5 risposte

  1. Ciao Claudio, un grande abbraccio di sostegno morale per la tua situazione sanitaria, di cui non avevo colto la gravità. Ti leggo sempre e anche stavolta, con piacere e senza soffermarmi troppo sui dettagli, come sta facendo Eliana, ho capito e gradito la tua spiegazione. La scimmia e l’elefante …mi fa sorridere ma è molto vero. Grazie
    Lina

  2. Scusa Claudio, continuo col precedente commento….. capisco che per mezzo respiro intendi focalizzarsi sulla inspirazione o sulla espirazione, ma perché dici solo su mezzo? Non si dovrebbe mantenere sempre l’attenzione su tutto il respiro il più possibile? E perché dici mi fondo anziché mantengo l’attenzione? Grazie

    1. ciao Eliana,
      posso dirti che il respiro è un ciclo fatto di inspirazione ed espirazione quindi la sola ispirazione è mezzo ciclo di respiro: ma sono dettagli…
      Posso dirti che ogni istante in cui sei consapevole è un istante perfetto, ma mi sembra evidente che più ne hai o più durano e meglio è.. Ancora dettagli…

      Non ti perdere nei dettagli, non attaccarti alle parole ma cerca l’esperienza dietro di esse.

  3. Grazie Claudio per questo video che ci ricorda l’importanza del respiro per restare nel qui e ora…. Vorrei un chiarimento del perché hai usato il termine mezzo respiro quando dici mi fondo col mezzo respiro, una inspirazione o una espirazione…perché “mezzo”
    Cosa intendi esattamente? Grazie

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