Cosa significa andare in profondità in meditazione?

Un abbonato al Come Meditare Coaching domanda:

Cosa significa andare in profondità in meditazione?

Le parole spesso ci confondono, quindi con Profondità in meditazione si possono intendere tre cose diverse. Cerchiamo di capirle, di sviscerare un pochino tutti insieme, tutte e tre, una alla volta magari e scopriremo come  e quanto si può andare in profondità grazie alla meditazione..

questo video è stato estrapolato da una sessione del Come Meditare Coaching qui trovi maggiori informazioni su questo servizio di sostegno nel tempo: http://www.comemeditarecoaching.it

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Samadhi: Profondità dell’assorbimento Mentale

profondità in meditazioneLa prima è arrivare a una profondità di assorbimento mentale, cioè appunto normalmente sono in uno stato confuso, distratto dai mille pensieri, e quindi la prima cosa che posso fare è sfrondare tutto ciò.


Normalmente si usano tecniche meditative che favoriscono questo stato di assorbimento mentale, che gli orientali chiamano “samadhi“, che è uno stato di profonda presenza mentale nel qui e ora.

Le tecniche che ci aiutano a fare questo sono quelle, per esempio, di focalizzazione. Tipica è quella del respiro: cioè osservare il respiro ci aiuta a raggiungere questo stato di assorbimento mentale.


Ci aiuta quindi a sfrondare tutti i pensieri e a focalizzarci solo su un aspetto, come quello del respiro.
Questa esperienza crea un’unione con il respirare, al punto da poter esperire, da poter sperimentare uno stato di estrema quiete, priva di un pensiero dominante.

E io dimoro in questo stato appunto di assorbimento mentale, molto, molto piacevole.

Quindi è un po’ questo: potrebbe significare per alcuni stare in una meditazione profonda. Sicuramente è un’esperienza profonda da fare, di grande e piacevole assorbimento mentale.

È un’esperienza che più o meno tutti, in qualche modo, abbiamo, magari per periodi molto brevi, ma più o meno tutti conosciamo, al punto che alcuni credono che quello significhi meditare bene — ma ci arriviamo.

Un altro livello di profondità

Poi c’è un altro livello.
Un altro livello che secondo me risponde meglio alla vera domanda, cioè dà la risposta migliore a che cosa significa andare in profondità in meditazione.

Per andare in profondità in meditazione io devo essere in grado di conoscere degli aspetti sempre più profondi di me stesso, quindi è un lavoro di consapevolezza.

Per esempio, con la visione profonda, con la vipassana — che significa visione profonda, non a caso visione penetrativa — io riesco non più solo a stare in uno stato di pace dove non succede niente di che, ma, al contrario, a entrare sempre più dentro le mie dinamiche e vederle.

E le dinamiche… non è che non succede niente! Le dinamiche è proprio prendere atto con consapevolezza di come funziono nel mondo.

Questo io lo trovo molto potente e decisamente trasformativo, perché quando io prendo atto di come sto nel mondo ho modo di migliorarmi.

Se io stringo in mano dei carboni ardenti mi accorgo che stanno facendo male, perché ne prendo atto: la mano si apre quasi da sola e questi cadono.

Ed ecco la trasformazione: se io prima, per sentirmi vivo, facevo delle cose dolorose per me, quando io mi accorgo della dinamica e di come questa dinamica sia più fallace che benefica, la trasformazione avviene da sé.

Però questo richiede una visione profonda, cioè io devo essere in grado di andare in profondità dentro me stesso e capire la dinamica.
E c’è sempre un livello di profondità.
Provo a spiegarmi meglio.

La profondità nella pratica meditativa

Questo vale sia nella singola sessione meditativa, sia giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
Si ripete.
Si ripete la stessa dinamica di una singola meditazione: si può osservare lungo tutto il percorso.

Cosa succede in una singola sessione meditativa di vipassana?

Facciamo un esempio: sono distratto, oggi è una giornata in cui sono parecchio distratto, mi metto a meditare.
Che cosa noterò? Quanto sono distratto.

Notare che io sono distratto intanto ha richiesto l’auto-osservazione.
Quindi io mi sono messo a meditare ed è stato proprio essermi messo a meditare che ha smascherato quanto io sono distratto, quante difficoltà ho a rimanere focalizzato.

Ma già questo — lo ripeto — è già un buon livello di consapevolezza, che è più profondo.

Cioè, sono riuscito ad arrivare a capire una dinamica più profonda di come non avevo prima di meditare: cioè meditando mi sono accorto di questo.
E quindi sono andato un pochino più in profondità, pur nella distrazione.


Immagino una cipolla fatta a strati: io prima ero fuori dalla cipolla, a un certo punto comincio a entrare e ad accorgermi di qualcosa che non va.
Mi accorgo che non vado molto in profondità, per esempio, ma intanto un pochino in profondità ci sono andato, al punto da accorgermi quanto difficoltà ho, questo giorno, nel qui e ora, ad andare in profondità.

E sto prendendo un caso estremo: un caso di difficoltà a essere consapevoli.
E già appunto io sono consapevole di questo.
Tu dici: “Vabbè, e allora?”

Beh, allora già questo cambia, perché quando io mi accorgo di una cosa del genere sto molto più attento.

Sto attento a prendere il cellulare o le chiavi di casa e non lasciarli in casa.
Sto attento a chiudere bene il gas quando esco di casa — non parlo del gas generale, parlo proprio del fuoco sotto la padella, che sennò do fuoco a casa!
E ci sono dei casi estremi: e purtroppo la cronaca è tremenda.
Cioè noi, con la distrazione, possiamo fare delle cose orrende.
Orrende!

Penso a quanto purtroppo è comune nella cronaca: io ogni estate sento dire del padre o della madre che ha dimenticato il figlio in macchina, o il cane in macchina, anche il figlio!

Cioè son cose tremende fatte dalla distrazione.
Ecco, sapere che io sono distratto mi farà regolare di conseguenza.

Capisci che sembra una banalità, ma può cambiare letteralmente la vita.

La continua ricerca della profondità

Ora però abbiamo fatto un caso estremo, quello in cui non riusciamo ad andare molto in profondità in questa cipolla.

Ebbene, se io continuo — magari non tutte le sessioni sono uguali, siamo anche diversi — è vero che, come dicevo prima, in una singola sessione io poi all’inizio sarò più distratto, poi, a forza di focalizzarmi, piano piano, potenzialmente — non è detto, però potenzialmente — è più facile almeno che io riesca ogni tanto a essere un pochino più centrato, un pochino meno distratto.

E quindi accorgermi, mentre sto meditando, di cose più profonde di me stesso.
Che un pensiero insiste su un altro, per esempio.
Che un’emozione insiste su un’altra, ad esempio.
E smascherare dei miei modi di stare al mondo.

E questo non ha una fine, nel senso che il nostro inconscio è talmente profondo che io credo che forse qualcuno alla fine ci arriva, ma son pochissimi questi esseri.
Quello che voglio dire è che comunque c’è sempre un livello più profondo a cui possiamo arrivare.

Le tre dimensioni della meditazione

Ho detto che ci sono tre cose da considerare.

La prima è lo stato di assorbimento mentale.
La seconda è la visione penetrativa, cioè entrare in profondità, come una cipolla, e conoscere se stessi e le proprie dinamiche.

C’è sempre qualcosa di cui essere consapevoli, anche quando siamo distratti. Quindi, ben venga anche quello. Non deve essere frustrante il fatto che non riusciamo ad andare chissà quanto in profondità. Perché, poi, c’è anche un ideale che ci danneggia. Dove arriviamo, arriviamo. Comunque, ci sta facendo del bene.

E poi, piano piano, non è nella singola meditazione che ci accorgiamo di quanto siamo andati in profondità, ma è nel corso degli anni che, se ci pensiamo a come stavamo prima, ci rendiamo conto di quanto siamo veramente cambiati e ci siamo trasformati.

Ma nella singola meditazione, un po’ la sensazione di non riuscire ad andare in profondità fa parte del gioco, a meno che non stai in uno stato di assorbimento mentale. Ma, come abbiamo detto, non è esattamente una visione profonda.

Stiamo parlando, quindi, di due tipi di profondità diverse. Una è un profondo assorbimento mentale, che però non è una profonda consapevolezza. È una consapevolezza sì, ma espansa. Ecco, quella sì, ma non è specifica. Non è rivolta necessariamente all’interno.

Come agire quando la meditazione sembra stagnare

Poi c’è un altro livello che risponde a questa domanda: cosa posso fare tecnicamente per andare più in profondità? Magari sono anni che medito e non mi sembra di fare chissà che. E allora, a quel punto, consiglio di spezzettare.

Cioè, faccio riferimento a un discorso fatto da Buddha, che è il Sutra sui fondamentali di consapevolezza. Il Sutra significa “discorso”. In quel discorso, Buddha ci fornisce molte tecniche. Ce ne sono tante, molto interessanti.

Alcune sono focalizzate sul corpo, altre sulle sensazioni, alcune sulla mente, e poi sulle dinamiche dei fenomeni, su quelle che Buddha chiama “dhamma” o “Dharma”. Questi si riferiscono ai meccanismi, alle dinamiche, ai modi che abbiamo di stare nel mondo, dal più grosso al più sottile: corpo, sensazioni, mente e fenomeni.

Il metodo della consapevolezza specifica

E cosa ci fa fare Buddha in quel percorso? Io ne ho seguito uno che, non a caso, ho chiamato per-corso avanzato di consapevolezza, perché permette di sviluppare una consapevolezza non più a 360°, ma specifica su un aspetto.

Ad esempio, un aspetto del corpo, un aspetto della mente, un aspetto delle sensazioni, oppure un altro aspetto del corpo, non quello di prima. Si scartano le cose, un po’ come fare bird watching.

Se prima la mia consapevolezza era a 360° e a un certo punto decido di focalizzarmi su un singolo aspetto, questo mi permette di sviluppare una consapevolezza più profonda su quel singolo aspetto, poi su quell’altro e poi su un altro ancora.

E, dopo un po’ che ho esercitato la mia consapevolezza su ciascuno di questi singoli aspetti, sono in grado di rimetterli tutti insieme ed essere più raffinato nell’andare più in profondità dentro me stesso.

Apparente dualità tra calma e introspezione

Ora, mi rendo conto che questa apparente differenza tra essere in uno stato profondo di assorbimento mentale, che sembra guardare a 360° fuori, e una profonda consapevolezza interiore, che sembra andare più in profondità dentro noi stessi, siano due cose opposte.

Ma alla fine, come spesso accade, le due cose coincidono. Nel senso che io intanto ho bisogno di “sfrondare” la mente per non essere distratto e focalizzarmi su un solo aspetto. Quando la mente è più calma, è più sensibile e quindi coglie più cose.

Cogliamo più cose, sia dentro che fuori. Perché, a un certo punto, quando vediamo come funzioniamo e vediamo le nostre dinamiche, non è che vediamo solo le nostre dinamiche interne, ma vediamo come funzioniamo noi stessi nel mondo.

E, quindi, vediamo le dinamiche del mondo osservando le dinamiche che noi abbiamo nel mondo. Le due cose non sono scisse.

Noi non siamo separati dal mondo, e man mano che conosci te stesso, conosci anche il mondo. Non è un caso che anche gli antichi Greci invitassero a “conoscere se stessi”. “Conosci te stesso” è un modo per poi conoscere il mondo.

Un consiglio pratico: stare con ciò che c’è

Spero di aver reso chiara un’idea, apparentemente teorica, di come andare più in profondità nella meditazione, ma spero anche di aver dato uno strumento pratico. Il mio invito è di non andare a cercare necessariamente quell’assorbimento mentale che ci fa stare tanto in pace, che ci fa dire che la meditazione è riuscita per forza bene.

Ben venga se c’è, è piacevolissimo, ma non crearti un’aspettativa. Permettiti di andare in profondità e stai con quello che c’è.

Se quello che c’è è distrazione, va bene lo stesso. Basta che ti alleni in qualche modo a stare con quello che c’è, che è diverso da stare con quello che vorresti che ci fosse.

Guarda il Video – profondità in meditazione

 

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