MEDITAZIONE e YOGA
“Ciao Claudio, per anni ho fatto yoga e pensavo di meditare.
Poi ho scoperto la meditazione e ho scoperto un altro mondo, eppure ci sono delle cose in comune.
Vorrei che mi parlassi della meditazione nello yoga, ovvero se la meditazione yogica entra tra i metodi di meditazione: come farla affinchè sia così e come ottenere il massimo sia dalla meditazione classica sia dalla meditazione yoga”.
Alessandra.
guarda il video: meditazione yoga
o continua a leggerne la trascrizione sotto:
Lo yoga è a tutti gli effetti una forma di meditazione, purtroppo però, non sempre ma spesso, viene utilizzata come una forma di ginnastica; questo perchè spesso c’è una mal comprensione a tre livelli.
A me è capitato di frequentare dei corsi di yoga in cui, sia il metodo sia l’insegnante, erano molto chiari nello spiegare come approcciare gli esercizi (le asana, cioè le posizioni): non come esercizi fisici, ma come delle occasioni per sviluppare consapevolezza.
In altre parole, cosa dovresti fare?
Metterti alla prova con un esercizio e portare la luce della tua consapevolezza al come stai rispetto a quell’esercizio: non si tratta quindi di fare benissimo l’esercizio (certo, un minimo di precisione ci vuole) ma di renderti conto di come ti senti in relazione a quello che stai facendo; questo dovrebbe produrre un certo livello di consapevolezza o, quantomeno, di attenzione a te e quello che succede a livello del corpo.
Il corpo è spesso un’ancora per ritrovare l’adesso e, quando noi ritroviamo l’adesso, stiamo di fatto compiendo una forma di meditazione, di ancoraggio al momento presente: quello che nel buddhismo theravada viena chiamata “meditazione Samatha”, meditazione di calma (in quanto ancorandoci all’adesso ci calmiamo); ed ecco quindi che anche la meditazione yoga produce questi effetti.
Tuttavia c’è un equivoco che ricorre spessissimo nell’utente finale, in chi pratica lo yoga, in quanto è molto orientato al far bene le cose: è tipico di noi occidentali il “fare le cose”, per cui se ti dedichi allo yoga vai a “fare yoga”;
perciò, l’equivoco quindi è proprio dietro l’angolo, si convince che per fare bene yoga deve fare bene l’esercizio: fare bene le cose è utile ma, se mi concentro solo sull’esecuzione corretta dell’esercizio e non sviluppo consapevolezza, benchè lo yoga possa essere una forma di meditazione io finisco per non meditare affatto (una cosa che ho visto troppo spesso).
Questo accade anche quando il metodo e l’insegnante sono chiari nel cercare di favorire in clima di consapevolezza, ma ci sono anche dei casi in cui, sia nel metodo che nell’insegnante, non si ha a che fare per nulla con la meditazione: del resto il termine yoga significa “lavoro” ed è possibile fare un lavoro su se stessi a vari livelli.
Ci sono molte discipline sotto il nome di “yoga”, ma che hanno molto poco a che fare con lo yoga originale, il quale implica un lavoro su se stessi, una ricerca di consapevolezza, un lavoro anche spirituale.
Accanto agli yoga che favoriscono la meditazione e a quelli che, proprio a monte, non ci hanno nulla a che fare, esistono anche degli insegnanti, magari perchè il loro metodo è proprio al confine tra consapevolezza e “ginnastica”, non hanno spesso le idee molto chiare e prediligono l’aspetto ginnico rispetto alla ricerca della consapevolezza: anche in questo caso la meditazione yogica non funziona come meditazione a tutti gli effetti.
Però lo yoga in generale, e le asana, favoriscono un clima di tranquillità e consapevolezza e spessissimo gli insegnanti, prima dell’esecuzione delle asana, fanno fare un pò di meditazione.
Quando noi siamo nella cosiddetta “posizione del loto”, del “mezzo loto” o comunque a gambe incrociate, siamo di fatto nella classica posizione di meditazione e un pò di attenzione a quello che succede in noi, prima di compiere le altre posizione, può essere di grande aiuto.
Io, personalmente, ho avuto delle belle esperienza con lo yoga proprio quando ho trovato insegnanti molto all’altezza e che favorivano un lavoro su di sè; poi, è chiaro, anche le posizioni aiutano e succede spesso che chi fa yoga si avvicina alla meditazione e chi medita si avvicina allo yoga: sono due cose complementari, l’uno favorisce l’altra e le due cose si sposano bene assieme.
Ancora un’osservazione pratica.
C’è una posizione chiamata “del bambino” (ginocchia a terra, corpo disteso in avanti con la testa quasi sulle ginocchia, braccia lungo i fianchi) che a me aiuta tantissimo a sciogliere le tensioni nella schiena: quindi la faccio per quello, ma sono anche attento a quello che succede in me mentre sto in quella posizione, vedo le difficoltà;
e con il termine “vedo” intendo l’osservare con quell’attitudine che cerchiamo di sviluppare con la meditazione, un essere presenti a se stessi che porta consapevolezza, data in questo caso dal prestare attenzione a quello che succede al corpo: e quando noi stiamo prestando attenzione alle sensazioni del corpo, stiamo di fatto meditando.
Faccio anche notare, in relazione alla meditazione buddhista, che lo stesso Buddha aveva studiato i Veda, i quali sono alla base della tradizione induista e, perciò, di quella yogica; Buddha ha quindi attinto a queste tradizioni antecedenti a lui stesso (per la verità possiamo dire che la meditazione è ancora antecedente: è antica quanto l’uomo).
La tradizione induista vedica è una tradizione molto valida e quasi tutti gli yoga, che si appoggiano a questa tradizione e se veicolati bene (come ho avuto modo di riscontrare varie volte), sono comunque delle forme di consapevolezza.
Poi dipende molto da te: se vuoi fare esercizio fisico e basta, oppure se vuoi sfruttare questa occasione per portare l’attenzione a te stesso.
Di fatto l’insegnante, una volta che ti ha fatto capire la posizione, non ti dice che per forza devi toccare, ad esempio, la punta dei piedi anche se non ci riesci: oggi non ci riesci e va bene così, domani sarà diverso; questa attitudine aiuta già a sviluppare la consapevolezza e uno stile di accoglienza rispetto a quello che siamo nel qui e ora.