Quando invece di osservare il respiro lo controlli alterandolo
Oggi parliamo di un problema che ogni tanto si presenta: chi vuole osservare il respiro ad un certo punto lo controlla.
Cosa succede? Come fare? Qual’è il consiglio?
Contenuti
Guarda il video sul problema del controllare il respiro:
o continua a leggerne la trascrizione sotto:
Innanzitutto questo video lo faccio in occasione di un cliente che ha comprato il corso di meditazione Vipassana, e che già da subito si trova nella condizione in cui, invece di osservare semplicemente il respiro, lo controlla.
Mi scrive anche che se ne accorge e che emerge anche una sua tendenza a controllare tutto: questo gli sta già “comunicando” qualche cosa, ed già una prima cosa di cui fare tesoro.
Meditando si sta rendendo conto proprio di questa tendenza al controllo.
Una delle belle cose della meditazione Vipassana è che già prima di farla ti trasmette degli “insight”: la comprensione di alcune cose che si verificano dentro di te.
La meditazione è uno strumento di consapevolezza; e già l’accorgersi fino a che punto noi tendiamo a controllare noi stessi, finanche a controllare noi stessi, non è una cosa da poco.
Quindi anzitutto chapeau all’amico cliente del corso di meditazione; e se anche tu tendi a controllare il respiro, domandati se non c’è anche per te, come nel caso del nostro amico, una tendenza a voler controllare sempre tutto e a non abbandonarti all’esperienza della meditazione.
Se vuoi fare anche tu un corso di meditazione ti consiglio questo (che si basa sulla vipassana ma è più completo): www.comemeditare.it/meditazioneperindaffarati
Calcola che in meditazione, e specie in quella Vipassana, noi tendiamo ad accogliere le cose così come sono; quindi l’attitudine è quella di abbandonare ogni senso di controllo (e controlliamo sì la mente, ma nel senso dell’educarci a non abbandonarci ai pensieri).
Noi siamo abituati a voler controllare tutta la vita cognitivamente, come se i pensieri ci aiutassero a prevenire sempre tutto.
Ebbene, la vita non è così: spesso gli imprevisti si infilano in mezzo e talvolta, prima ancora di agire, possiamo accettare quello che c’è e starci; per poi decidere di prendere una decisione, ma con discernimento; invece di stare in balia delle ansie e con il voler controllare l’incontrollabile: abbandonarsi all’esperienza, invece, significa avere un’attitudine completamente diversa.
Ma tornando alla domanda: cosa possiamo fare quando ci accorgiamo che controlliamo il respiro?
Cosa possiamo fare quando ci accorgiamo che controlliamo il respiro?
In realtà ci sono diverse cose che possiamo fare, finanche a cambiare l’oggetto della meditazione; facendo, per esempio, un body scan (il body scan consistere nel fare una scansione dell’intero corpo, sentendo tutte le sensazioni che il corpo ci rimanda partendo dalla punta dei piedi e arrivando alla sommità del capo).
Ma non è questo che io consiglio.
Quello che consiglio è: se tendi a controllare il respiro, non preoccuparti di questo; smetti di crearti troppi pensieri su questa cosa.
Certo ci sta che ogni tanto ti dici: “Certo che qui sto alterando il mio modo di respirare”; “Così non va”; “Cosa devo fare?”.
Ma, dopo che ti sei messo il problema le prime volte, autorizzati pure a stare con il respiro; a osservalo nel suo normale fluire, e anche se ti accorgi di alterarlo: non ti preoccupare e continua lo stesso a osservare il respiro.
Tanto prima o poi succederà, magari non alla prossima meditazione e magari nemmeno fra tre meditazioni, che il respiro tornerà a fluire normalmente (anzi magari lo farà, senza che tu te ne accorga, anche in certi momenti delle meditazioni precedenti).
Perchè respirare è una cosa che ci accade normalmente; possiamo controllarla, questo si, ma possiamo anche non badarci e il respiro fluisce in maniera naturale e spontanea.
Quindi il mio invito è: continua tranquillamente a osservare il respiro; un giorno abbandonerai questo desiderio di controllarlo e finirai per osservarlo nel suo manifestarsi spontaneo, perchè questa spontaneità è nella nostra natura.
Poi se ti accorgi che fai troppa fatica, se hai passato dieci, venti o trenta meditazioni in cui continui a controllare il respiro, prova allora la tecnica del body scan (qui descrivo come si fa la meditazione body scan: https://meditazionevipassana.it/dalla-meditazione-vipassana-bodyscan/); ma io comunque continuerei nell’osservazione.
E qui torniamo a parlare di Vipassana; la meditazione in cui, come ho già detto, noi stiamo con quello che c’è.
La Meditazione Vipassana come soluzione
Quello che noi facciamo in un primo momento nella Vipassana è l’osservazione del respiro; e, in questo momento, siamo in una fase chiamata tecnicamente in un altro modo, in una fase di ancoraggio e non in una fase di espansione: si tratta di una attenzione focalizzata e, nello specifico, focalizzata sul respiro.
Quindi all’inizio meditiamo molto focalizzati sul respiro e tutta la notra attenzione è diretta all’atto respiratorio; poi, quasi spontaneamente, cominceremo a espandere la nostra consapevolezza.
Cosa vuol dire “espandere la nostra consapevolezza”?
Vuol dire che non siamo più consapevoli, come quando siamo persi nei pensieri?
No, perchè stiamo meditando; siamo focalizzati; e stiamo ponendo attenzione a quello che ci sta capitando.
Invece di essere in balia dei pensieri stiamo iniziando a essere focalizzati su qualche cosa e, questo qualcosa, è il respiro; e così ci siamo ritrovati e non siamo più alla mercè di mille pensieri; attenzione però, non è che i pensieri non ci sono più, è normale se qualche volta ritornano e non sei tu a essere anormale se ti succede, succede anche a me.
L’allenamento è proprio quello di ritrovarci: mille volte ti sei accorto di avere un pensiero e mille volte ti sei ritrovato; e mille volte ritorni al respiro.
Espandere la consapevolezza significa questo: osservo il respiro e so che sto respirando; mi accorgo se il respiro è lungo oppre se è corto; osservo l’inizio, lo sviluppo e la fine di ogni inspirazione e la brevissima, quasi impercettibile, pausa alla fine del processo; e poi sono consapevole dell’inizio, delle sviluppo e della fine dell’espirazione e della brevissima pausa prima della nuova inspirazione.
Bene.
Dopo un pò questa attitudine ad osservare rimane, ma l’oggetto di osservazione non è più solo il respiro, ma tutto quello che mi sta succedendo; tutto quello che percepisco: può essere un suono, e sono consapevole del suono;
può essere un gorglio nella pancia, e sono consapevole anche di quello; appare un pensiero tipo: “Adesso smetto di meditare, vado là e faccio questa cosa”: sono consapevole che sto pensando, e va bene, non si tratta quindi di non pensare, ma di esserne consapevoli.
E ad un certo punto comincio a essere consapevole di tante cose contemporaneamente.
Sento la pelle fresca dove non ci sono vistiti e la sento diversa dove i vestiti ci sono; sento un suono; mi accorgo di emozioni che si stanno creando dentro di me; mi accorgo che c’è un pensiero che mi dice di smettere di meditare e di andare a fare una cosa (e mi accorgo quindi che c’è una tensione nei miei muscoli, che sono eccitati e vorrebbero smettere di meditare e andare a fare quella cosa); mi accorgo delle emozioni che cambiano ogni volta che cambio pensiero.
Sono solo esempi, non è che ti devi accorgere per forza di tutte queste cose; ognuno di noi è diverso e quindi siamo tutti diversi nel nostro “qui e ora”; e il qui e ora di oggi sarà di verso da quello di domani e quindi quello che percepirai allora potrebbe essere anche molto diverso.
Un esempio di questa forma di consapevolezza espansa ce l’abbiamo quando siamo in uno stato di grazia: non a caso quando siamo consapevoli ci sentiamo in uno stato di grazia divina (“nelle braccia di Dio”, come si suol dire); insomma, ci sentiamo decisamente bene.
Un esempio che faccio spesso, riguardo a questo stato particolare, è quando siamo in vacanza: siamo rilassati, tranquilli; la mente non è più focalizzata su un pensiero ricorrente, su un loop mentale (quelle cose che io, tecnicamente, chiamo “pippe mentali”).
Quindi che cosa succede quando sei in questo stato?
cosa succede quando sei nella consapevolezza
Per esempio percepisci il sole sulla tua pelle; senti con i piedi la sabbia sotto di te; un vociare di gabbiani e un vociare di bambini; il suono della risacca: tutto è presente contemporaneamente, senza che nessuno di questi elementi sia predominante; oppure, se lo è, lo è in un modo che non ti disturba più di tanto.
Questo tipo di consapevolezza espansa è quello che è molto vicino alla consapevolezza vera e propria; in cui ci sono delle cose che emergono dalla sfondo ma, allo stesso tempo, non siamo focalizzati su un solo aspetto come con il respiro.
Come vedi, tutto ciò ha un forma di abbandono all’esperienza; non di controllo o di sforzo nella focalizzazione: lo sforzo è nel richiamarti a essere presente, nel ricordarti di esserci, nel ricordarti di non perderti nel fluire dei pensieri.
Questo è il tipo di “sforzo” che ti viene richiesto; ma non c’è un desiderare di controllare cognitivamente tutto: è più vicino a una forma di abbandono all’esperienza e di totale abbandono in essa.
Diciamo che questo tipo di sforzo è più vicino, non allo sforzo di uno che guida con attenzione una macchina di Formula Uno, ma piuttosto all’osservatore critico di un film: che si siede in una sala e sta attento e osserva tutto quello che sta capitando; che è vigile, non si distrae col cellulare: guarda il film e se lo gode pienamente.
Questo è quello che siamo chiamati a fare in Vipassana; e allora perchè non iniziamo a usare questa attitudine già con il respiro?
Perchè insistere col respiro?
Ecco perchè insisto e ti dico: “Ok, non ti preoccupare: insisti a osservare il respiro”; perchè tanto, prima o poi, ti capiterà di dire: “Toh, guarda: questo respiro era lungo e profondo; lo sento nella pancia”;
oppure potresti dire: “Questo respiro è corto, più breve di quello a cui sono abituato; ed è un respiro di petto” (ovviamete il luogo specifico in cui è situato il respiro è un dettaglio anche secondario: erano esempi).
Nota come il respiro ti fa stare; nota il suo fluire con il suo inizio, svolgimento e fine; abbandona anche il voler controllare il fatto che lo controlli: questo è il pericolo che si innesca.
Abbandonati al fatto che lo stai controllando e, prima o poi, ti abbandonerai anche al respiro senza il bisogno di controllarlo; se vuoi controllare il controllo del respiro: non ne esci.
Torna a meditare, torna al tuo respiro, e prima o poi fluirà in maniera normale.
Il mio invito, detto in maniera estremamente semplice, è: non ti preoccupare, anche se tendi a controllare il respiro, prima o poi, ritornerà a fluire nel suo modo naturale.
Non c’è quindi bisogno che tu ti preoccupi di dover controllare o non controllare alcunchè.
Non mi rimane altro che caldeggiare anche a te il corso di meditazione per indaffarati che trovi qui e augurarti ogni gioia:
www.comemeditare.it/meditazioneperindaffarati