Meditare per non dimenticare il figlio in auto e la tecnica di meditazione dei 3 veleni
Spesso mi viene chiesto “perché dovrei imparare come meditare? A che serve la meditazione?”
Se rispondessi: “Meditare serve a non uccidere o a non dimenticare tuo figlio in auto” (che poi la fine è sempre un omicidio), verrei preso per pazzo, o per esagerato. Quindi mi limito spesso a dire genericamente: “meditare serve a sviluppare la consapevolezza”.
Eppure succede…
In queste ore mi sento molto coinvolto dall’ennesima notizia del genitore che ha dimenticato il figlio in auto, sotto il sole per oltre 6 ore.
Mi capita sempre più spesso -pur non essendo un appassionato di notizie e tantomeno di tv (che altro non è che il monitor del mio computer)- di sentire notizie del genere e chissà quante altre volte succede con gli animali, i cani, che invece non fanno notizia.
La triste verità è che anche in questo caso un genitore ha lasciato il figlio legato nel seggiolone in macchina ed è salito a lavoro.
Era un padre modello, a quanto pare, eppure il pensiero: “ma come si fa a dimenticare il figlio in auto? ‘Questa gente’ non sa tenere i figli, bisognerebbe levarglieli” ti viene.
A me è venuto, ma è presto svanito, appena sono riuscito ad ammettere una verità ancora più atroce, tanto atroce che fa più comodo rimanere nel giudizio dicendo: “è l’altro che sbaglia”, piuttosto che fare emergere questa considerazione: “poteva succedere anche a me”.
Ho i brividi solo a pensarci. Mi sento anche angosciato alla sola idea che io possa fare una cosa così tremenda. Pensa come si può sentire lui che l’ha fatta (infatti è ricoverato in ospedale insieme alla madre e al nonno in stato confusionale).
Eppure è un attimo, un minuscolo momento dei tanti in cui non siamo “presenti”, non siamo consapevoli.
Non ti è mai successo di dimenticare il cellulare a casa? Non ti è mai successo di non ricordarti se hai chiuso il gas sotto la pentola mentre ormai sei lontanissima/o da casa?
Io poche settimane fa mi sono fatto 20 chilometri di macchina per accertarmene!
Quando i pensieri ci offuscano la mente e diventano i veri protagonisti della nostra vita le priorità diventano loro: i pensieri, i “problemi” del lavoro, e le cose che veramente sono importanti per noi passano nello sfondo.
Ti è mai capitato di rispondere frettolosamente e bruscamente ad un caro che ti faceva una semplice domanda (ovvero che ti chiedeva un poco della tua attenzione): “sshhht non ora che sto pensando!” o un distrattissimo “si, si vabbè”?
In quel momento conta di più il “pensierone” di quella pratichetta in ufficio piuttosto che della persona che ami di più al mondo.
Pensa ora a quel padre. Tutti i giorni accompagnava il figlio all’asilo che era attaccato al suo posto di lavoro: 20 metri. Stesso luogo, stesso parcheggio. Tutti i giorni, lo stesso automatismo.
Forse in quell’attimo è entrato in ufficio distratto, dimenticandosi di non essere ancora passato per l’asilo, o dandolo per già fatto (certo lo aveva fatto anche il giorno prima come tutti i giorni in precedenza).
Nel video della vipassana nelle carceri indiane (vedi qui su “come Meditare”: La tecnica di meditazione Vipassana nel CARCERE indiano) c’è una frase che mi ha colpito molto: “Una linea sottilissima ci separa” da un assassino o un ladro, quella linea che in un momento preciso, trasforma un pensiero in una azione.
E se la mente è offuscata da pensieri di brama (desiderio-piacere), di avversione (rancore-rabbia) questa linea è facilissima da essere oltrepassata.
Nel caso del genitore che ha lasciato il figlio in auto c’è di peggio: non era necessaria alcuna azione da compiere! Anzi è stata proprio la mancanza di un’azione ad avere ucciso il piccolo.
Infatti c’è una terza causa di sofferenza secondo le filosofie orientali: la confusione (indifferenza-ignoranza).
I “tre veleni” sono infatti: la brama, l’avversione e l’ignoranza. Questi vengono rappresentati iconograficamente da tre animali: il gallo, il serpente e il cinghiale.
Secondo queste filosofie questi tre veleni ci “accecano”- offuscando la realtà per quella che è, generano separatezza e ignoranza- e sono la causa di ogni sofferenza.
Penso a quel bimbo morto legato, solo e dimenticato. Ma penso ancora di più al padre di quel bambino, immagino quanta sofferenza possa provare, mi auguro che un giorno riesca a trovare pace rispetto al dolore che questa “confusione” gli sta creando.
Io, da parte mia, sento il bisogno di tornare alla meditazione. E di meditare ancora più intensamente.
Come meditare per evitare danni legati ai momenti di inconsapevolezza? Con qualsiasi tecnica di meditazione! -Ti ricordo la meditazione guidata che trovi qui sulla barra in alto a destra, se non l’hai ancora scaricata: metti la tua email ed il tuo nome ti arriva subito gratis-
Ovviamente è importante meditare con costanza, se vuoi aumentare la consapevolezza.
Come meditare con costanza? Leggi questo articolo: Come meditare – il Tempo e la costanza.
Come meditare sui tre veleni?
In realtà è una tecnica di meditazione spesso inserita sotto “mentite spoglie” in molte tecniche di meditazione specie nelle meditazioni vipassana (la tecnica di meditazione di ‘visione profonda’).
La riscontri quando, rispetto all’emergere di una sensazione, c’è la domanda: “come ti fa stare?”. La risposta a questa domanda è per forza corrispondente ad uno dei tre veleni:
1) “mi piace”: brama, desiderio, attaccamento, eccitazione.
2) “non mi piace”: avversione, rancore, odio, insofferenza.
3) “mi è neutro”: indifferenza, apatia, distacco, distrazione, confusione.
Quindi ogni volta che sorge una sensazione od un pensiero domandati: “come mi fa stare?” e accorgiti della risposta. Non hai bisogno di aggiungere altri giudizi: va bene così. Basta esserne consapevoli.
Buona meditazione, buono sviluppo della consapevolezza!
Che quel padre possa ritrovare un poco di serenità, che quel bimbo trovi la luce, che tu sia felice e che tutti gli esseri siano felici.
Tu che ne pensi? Anche a te ha colpito questa ennesima notizia?
La prima immagine è tratta da fredigitalphotos.net / “Man Dubious” by Danilo Rizzuti la seconda è una foto (fatta da me) di un particolare del tangka “la ruota della vita” che ho in casa 🙂
Ciao Federica, è vero: non ero consapevole nonostante la meditazione (quel giorno non avevo ancora meditato, ma non è detto che meditando non lo avrei fatto comunque). Purtroppo è proprio quello che sostengo nell’articolo: io potrei benissimo essere quel padre :(.
Il punto è che se è vero che pur meditando non è automatico che dimori in uno stato di continua consapevolezza (quello vuol dire essere degli “Illuminati” o dei “Santi”: quindi qualcuno ci riesce ed è nel nostro potenziale) è altrettanto vero che a forza di meditare diventi sempre più consapevole ed in modo sempre più raffinato.
Immagino che tu sia stata raffinata nella comprensione della tua malinconia: Ad esempio quando non ti è chiaro quale è dei tre veleni, rimanendo in dubbio tra piacevole e spiacevole, stai già su due piani diversi di consapevolezza, e cogli un aspetto dei tre veleni, che ho solo accennato nell’articolo: Ognuno è legato all’altro (anche nell’immagine gli animali sono legati tra di loro). (ad esempio nella “confusione” del papà immagino potesse esserci anche la brama per i problemi del lavoro)
Mi spiego meglio: ad un livello di consapevolezza più superficiale non ci sono dubbi: essere indecisa è il veleno della “confusione e del dubbio”, ma tu vai oltre e riconosci che in essa c’è sia un po’ di piacevolezza e brama, sia di fastidio e repulsione. Quindi hai consapevolizzato la sensazione in modo più raffinato e completo. Sei andata oltre la semplice “etichetta”.
Per altro è il “vero lavoro” del meditatore e lo esprimi anche con questo commento. Non ti fermi a prendere per “oro colato” quello che dico, non ti fermi alla superfice, ma: 1) accogli il messaggio stimolo (fondamentale per una reale comprensione e crescita) e 2) lo metti in dubbio, vai oltre con senso critico e attento. In questo modo il messaggio è totalmente “tuo” ovvero rientra nel tuo bagaglio esperienziale di profonda comprensione. Non è un freddo: “lo ha detto quel tale in internet”.
Accogliere ed indagare, questo è il cuore della meditazione vipassana. L’utilità della meditazione sta nel fatto che è un percorso di crescita. Già il solo percorso è un meraviglioso processo di crescita a prescindere del punto in cui arrivi: a me basta guardare come ero prima per rendermene conto.
Grazie per la tua ricca riflessione
Ma questo articolo dimostra precisamente che la meditazione non basta ad evitare di dimenticare le cose, ne è la prova che solo qualche settimana fa tu stesso avevi il dubbio di aver lasciato il gas aperto, evidentemente, nonostante la meditazione, non eri pienamente consapevole mentre lo chiudevi (perchè mi auguro che alla fine tu lo abbia trovato chiuso), la meditazione non è stata sufficiente.
Altra cosa: io non riesco a catalogare tutte le mie sensazioni in questi tre “veleni”, spesso sono sospese tra il mi piace e il non mi piace (dato che raramente qualcosa mi è indifferente se la noto, mi è indifferente se non la noto, ma a questo punto non ne sono consapevole) ad esempio, come giudichi il sentimento di malinconia che ci assale quando pensiamo ad una persona lontana? non è uno stato esattamente negativo, ma nemmeno positivo
Grazie comunque della riflessione, alla prossima! 😉