Come respirare per meditare

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 Oggi parliamo del respiro in meditazione.

In realtà si tratta di qualcosa di molto semplice, al livello delle indicazioni, affronteremo anche diversi problemi che a qualcuno si manifestano quando parliamo del respiro.

In meditazione, a parte qualche eccezione di cui ti farò cenno, la respirazione viene attuata normalmente, senza cercare di modificarla.

Tuttavia, ci sono delle persone che, per il semplice fatto che lo stanno osservando, tendono a manipolarlo; ci sono addirittura persone che mi dicono di non capire come sia possibile osservare il respiro senza modificarlo, ed è quindi per loro un problema.

È vero che il respiro in meditazione è spesso alla base della meditazione stessa, nel senso che l’osservare il respiro è, di fatto, un ancoraggio all’adesso che si usa in quasi tutte le meditazioni che, anche quando hanno altri sviluppi, cominciano con una certa focalizzazione sul movimento respiratorio.

Il respiro è una cosa naturale, ed è per questo che lo si usa.

Quello che succede quando osserviamo il respiro, è che esso tende ad allungarsi e a farsi più profondo; e se succede una cosa come questa, in modo spontaneo e naturale, va benissimo.

Ma non è assolutamente questo il nostro scopo, non abbiamo come fine l’alterare il movimento respiratorio.

Tranne alcune eccezioni, quindi parliamone e non ci torniamo più.

Talvolta, per esempio all’inizio di una sessione meditativa, possono esserci delle indicazioni come “fai un respiro profondo”, e quindi è un qualcosa che altera la respirazione in qualche modo, anche se, in realtà, serve solo a prepararci.

Serve da “stacco”; quando stacchiamo da qualcosa, cosa facciamo di solito?

Facciamo un bel respiro.

E questo ci permette di staccare dalla situazione precedente, ci permette di voltare pagina.

E quindi, all’inizio della meditazione c’è qualcuno che vi dice di fare un bel respiro, ma, fatto quello, poi il respiro tenderà a seguire il suo flusso naturale; e quindi basterà limitarsi ad osservarlo così com’è, senza alterarlo.

Esistono altre tecniche, inoltre, che si basano sul fare un certo numero di respirazioni a narici alternate, per esempio: prima chiudere una narice, fare tre respirazioni con la narice destra, poi fare lo stesso con la sinistra, poi con entrambe le narici e cose simili.

Si tratta però di tecniche particolari, che perciò seguono indicazioni specifiche, e di cui in questa sede non ci preoccupiamo più di tanto.

Tuttavia, anche in queste tecniche la tendenza è quella di tornare poi a seguire il flusso in modo naturale.

E allora, tu mi dirai: “Come si fa a seguire il modo naturale? Perché io, quando lo osservo, lo controllo?”

Il punto è questo, ed è qui l’inganno, più indicazioni io ti do sul respiro, e più la tua tendenza al controllo si farà marcata.

Ovvero, più di dico: “Fai questo”, “Fai quell’altro” e più tu ti preoccupi di fare delle cose.

In realtà, quando noi osserviamo qualcosa, non facciamo niente, osserviamo.

Non è che quindi abbiamo qualcosa da fare, non è che “dobbiamo respirare”, respiriamo normalmente, altrimenti moriremo.

E quando respiriamo normalmente, il respiro si adegua alla situazione: se corriamo il respiro si fa più profondo e affannoso, perché dobbiamo immettere più ossigeno nei polmoni; quando ci rilassiamo, il respiro tenderà invece ad assumere una sua connotazione più naturale e spontanea.

È tutto molto naturale, ed è per questo che più ti dico cosa devi fare col respiro e più sto incoraggiando la tua esigenza di volerlo controllare.

Non c’è un modo corretto di respirare, il modo corretto lo trova il respiro.

E allora mi dirai: “Ma allora mi trovo fregato: se lo osservo, lo cambio, tu non mi dai indicazioni, e quindi io non posso meditare”.

Non ti arrendere così facilmente, non preoccuparti.

L’indicazione vera è proprio questa: non ti preoccupare.

Prima o poi cesserà questa voglia di modificare tutto, il bisogno di voler controllare il respiro con una forma di intervento pesante, e subentrerà un equilibrio maggiore.

Non avere fretta: più avrai fretta e vorrai controllare, più sarai nell’ottica del controllo; più ti abbandonerai, invece, e più vivrai spontaneamente l’esperienza del respiro.

Tornando all’esempio pratico: cosa fare se ti accorgi che tendi a controllare il respiro?

Non te ne curare.

Controlli il respiro? Ti arriva in modo un po’ artificiale?

Osservalo, così com’è; come ti ho detto, poi il respiro si adegua.

Si adegua a cosa?

A quando corriamo, a quando ci rilassiamo e a quando lo vogliamo controllare.

Arriverà un bel giorno in cui ti accorgerai di osservare il respiro, con presenza e consapevolezza, e che starà fluendo in modo naturale e senza l’ansia di volerlo controllare.

Ma questo potrà avvenire solo se ti do l’indicazione di non curartene e di non preoccuparti, perché più te ne preoccupi e peggio sarà.

Il respiro viene così com’è.

Lo controlli?

Va bene, per il momento sarà così, non è quello che andrebbe fatto ma, più di dico di non controllarlo, e peggio sarà.

Quindi non preoccuparti assolutamente, perché il respiro, in modo del tutto spontaneo, prima o poi troverà il suo flusso naturale.

Perché il respiro è intelligente, e va aldilà della nostra voglia di volerlo controllare.

Il respiro è uno degli oggetti su cui focalizziamo la nostra attenzione in meditazione, proprio per questo: perché avviene in modo naturale.

Lo possiamo anche controllare, è vero, ma prima o poi, quando non ci pensiamo, fluisce in modo del tutto normale.

Uno dei doni della meditazione è proprio quello di capire quanto noi cerchiamo di alterare le cose, e quanto invece ci sia una differenza tra l’osservare le cose e il modificare le cose.

È vero che la scienza ci ha rivelato che, già la semplice osservazione della realtà, cambia la stessa realtà; noi allora impareremo a cambiarla semplicemente osservandola.

Priama o poi lo capirai, come un dono, come non controllare il respiro; ma non avverrà perché te lo spiegherò io, lo capirai come esperienza personale.

L’invito quindi è a non desistere, a continuare, e a non preoccuparti troppo di questo aspetto.

Perché, benché sia vero che è utile respirare in modo naturale, è anche vero che, prima o poi, il respiro avverrà in modo naturale.

Dopo aver detto tante cose, ricapitoliamo.

Autorizzati a respirare come viene, anche se ciò implica un controllo.

Cerca di non controllarlo, per quanto ti è possibile, ma se non ti è possibile… va bene lo stesso!

Prima o poi, in modo spontaneo e senza che tu faccia niente (e meno te ne preoccupi e prima sarà), questo respiro avverrà in modo del tutto naturale.

Buddha ha fatto un discorso, chiamato “Anapanasati Sutta” (sutta significa “discorso”, mentre anapanasati sta per “consapevolezza dell’inspirazione e dell’espirazione”), in cui non parlava di “controllare” il respiro, ma di “accorgersi” di com’era: se il respiro è breve, di sapere che il respiro è breve; se è invece è lungo, di sapere che il respiro è lungo.

Quindi non diceva: “Fai dei bei respiri lunghi” o cose del genere, diceva semplicemente di stare con il respiro così com’è.

È un respiro un po’ meccanico perché lo stai controllando?

Prendi atto di quello, la consapevolezza è prendere atto di quello che c’è.

Questo libera.

E quando tu accogli il fluire del respiro, così com’è, e il fluire delle cose, così come sono: ti rilassi, ti tranquillizzi, smetti di dover intervenire; ed è così che, anche osservando il respiro controllato, finirai per smettere di controllarlo.

Perché, se autorizzi le cose a essere così come sono, e quindi osservi per quello che è anche il tuo bisogno di controllare il respiro, e lo accogli per quello che è, smetterai di metterci quel carico di controllo – quell’aspetto maschile, yang – e ti autorizzerai ad abbandonarti a un aspetto più accogliente e femminile dell’esperienza che stai vivendo – che è più yin.

E lo troverai, questo equilibrio.

Perché in meditazione, così come nel risveglio o nei sogni lucidi, questo equilibrio tra la volontà di essere presenti – che è un aspetto yang, maschile – e l’abbandono all’esperienza del momento presente – che è un aspetto yin, femminile – è un qualcosa che va scoperto.

E lo si scopre proprio mettendosi in gioco, come stai facendo tu.

Non posso quindi dirti cosa devi fare, se non di insistere; e di non curarti più di tanto se la tua tendenza è quella di controllare il respiro.

Spero di esseri stato d’aiuto, di averti alleggerito un po’ dal carico di doverti “per forza” abbandonare al respiro, e allo stesso tempo di aver enfatizzato il bisogno, l’utilità, dell’abbandonarsi al respiro.

Senza però questo senso di dover fare, di controllare, di dover riuscire: tutti schemi e aspetti troppo yang, troppo maschili.

Abbandonati tranquillamente di più all’esperienza del respiro: il respiro avviene spontaneamente, in modo naturale, quindi torna alla natura e rilassati.

La meditazione è una tecnica naturalmente rilassante, e il respiro ci aiuta, in estrema sintesi, a rilassarci; ed è uno dei motivi per cui lo scegliamo.

Non ci riesci?

Non ti preoccupare, è un’impressione del momento, abbandonati comunque al fatto così come lo cogli: come una cosa che non ci riesci.

Stai anche un po’ con questa frustrazione, non succede niente.

Prima o poi, accogliendo anche questa frustrazione assieme a tutto il resto che c’è, ti rilasserai e tutto andrà in modo più equilibrato e tranquillo.

Quindi, in estrema sintesi, il respiro in meditazione è semplice, fluido, tranquillo, e non è controllato.

Quindi abbandonati al respiro, osservalo, sii testimone del tuo modo di respirare.

Qualsiasi esso sia, nel qui e ora, con tranquillità e pace.

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