Cos’è un maestro di meditazione?
“Cos’è un maestro di meditazione? Come si usa in maniera gentile, affinché si possa crescere più rapidamente?”
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Un maestro di meditazione è semplicemente qualcuno che ti insegna una tecnica.
Poi ci sono varie sfumature: ci sono anche persone che ti insegnano la saggezza, il Dharma e tante altre cose.
E come lo si usa?
Imparando la tecnica e facendola tua.
Un buon maestro, come un buon genitore, è colui che ti insegna le cose al fine di rendersi inutile: è presente, ti sostiene, ma il tuo sostegno è tale che tu, un giorno, possa non aver più bisogno di lui.
Un buon maestro – in generale, ma soprattutto di meditazione – è colui che ti insegna a pescare, rendendoti in grado di fare da te; perché se ti dà il pesce pronto, tu poi non impari a pescare (e poi, riguardo la meditazione, il “pesce pronto” non è nemmeno possibile), e per questo a volte il maestro di meditazione è anche scomodo, proprio perché ti deve dire: “Eh, sì, però mettiti lì a pescare”.
Altre volte, il maestro di meditazione è scomodo perché ti può dire: “Un bel giorno, io non ci sarò”; a me è capitato, e alcuni di voi che hanno fatto un percorso con me lo sanno, lo sanno che io, dall’inizio, dico: “Questo percorso avrà una fine”.
Questo è di nuovo il concetto di fine, che è utile, rende prezioso l’adesso: il non dare per scontato che il maestro ci sarà sempre, fa sì che uno affretti di fare propri gli strumenti.
Il maestro di meditazione è qualcuno che ti incoraggia a “fare”, e che non ti dice “gli ideali”: questo è l’ideale, quest’altro no e via di questo passo (alcuni dicono che l’ideale in meditazione è di non pensare, ma non è così, la cosa migliore è di stare con quello che c’è: se c’è un pensiero, stai con i pensieri).
Il maestro di meditazione ti dice quant’è bello stare in presenza; e allo stesso tempo ti dice quanto è facile perderla, questa presenza, e che questo capita anche a lui.
Il maestro di meditazione fa da esempio, nella presenza, ma anche nell’essere umani: nel dirti che non è perfetto; anzi, è proprio nell’imperfezione che troviamo la perfezione, nel senso che nessuno di noi è perfetto, quindi nemmeno un maestro lo è.
È imperfetto come può essere un genitore, che fa del suo meglio, e che ti trasmette qualcosa; un genitore può essere perfetto agli occhi di un bambino piccolo, ma che poi quando diventa adolescente comincia a ribellarsi, e a vedere i limiti dei propri genitori.
Ecco, un buon maestro di meditazione è questo: ti dà sostegno, e c’è, nel suo essere umano, e nel ricordarti che anche tu sei un essere umano.
Ma essere umani è bellissimo, e c’è qualcosa di perfetto in questa imperfezione dell’essere umano, qualcosa di divino.
Io mi sento un compagno di classe.
Non voglio sottrarmi al mio essere un maestro, lo sono, e me ne assumo tutte le responsabilità del caso; ma mi sento anche come un buon compagno di classe, sai, quel compagno di classe che ha capito un po’ meglio la lezione e allora la rispiega agli altri: la rispiega con parole proprie, come solo un allievo potrebbe fare.
Ecco mi piace essere un insegnante in questo modo, ricordarmi il linguaggio dell’allievo, senza andare a cercare il linguaggio dei libri e dei maestri, che talvolta si distoglie un po’ troppo dal linguaggio dell’allievo.
Per quanto mi riguarda, mi piace mantenermi un po’ in questa zona di confine.
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Sono d’accordo, la vedo proprio cosi, spero solo che tante persone in quest’epoca di grande sofferenza le persone ne vengono a conoscenza per iniziare un percorso di meditazione per vivere meglio la loro vita !
Oltretutto prevenire e meglio che curare.
grazie Vincenzo per il tuo sottile e profondo ragionamento
Interessante
mi fa piacere che lo hai trovato interessante e grazie del parere