L’assenza di domande in un percorso meditativo
Un abbonato al Come Meditare Coaching domanda:
Caro Claudio, è un po’ che non ti scrivo per farti domande, non perché non ti seguo, lo faccio sempre con puntualità, attenzione e gratitudine, ma perché le domande non mi vengono. Secondo te, come mai?
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Questa è una cosa molto interessante. Devo dire che è capitata anche a me e capita tutt’ora quando vado dal mio maestro. Avrei voglia di dire tante cose, ma mi rendo conto che, mentre prima le dicevo e facevo tante domande, ora non è più così.
All’inizio, quando ero agli esordi, facevo molte domande. Forse avrò anche un po’ esagerato, ma la qualità dei miei interventi dimostrava quanto ci tenessi e quanto avessi bisogno di capire di più. Probabilmente, questo stimolava anche la discussione, evitando che ristagnasse.
Quando mi sono ritrovato dall’altra parte, a insegnare, ho notato che le persone curiose e con molte domande erano per me una fonte di stimolo. Certo, a volte interrompevano il flusso della spiegazione, ma i benefici erano maggiori degli svantaggi.
Le fasi del percorso meditativo
Ma allora perché succede? Perché all’inizio siamo pieni di domande e poi, a un certo punto, smettiamo di farle?
Questa dinamica è ben descritta da una storiella Zen che parla di tre fasi del percorso:
- Prima fase – Quando non conosci lo Zen, le montagne sono montagne, i laghi sono laghi, i fiumi sono fiumi.
- Seconda fase – Quando inizi a studiare lo Zen, ti rendi conto che c’è dell’altro: le montagne non sono più montagne, i laghi non sono più laghi.
- Terza fase – Quando realizzi lo Zen, le montagne tornano a essere montagne, i laghi tornano a essere laghi.
Queste tre fasi rappresentano l’evoluzione della nostra percezione della realtà. All’inizio, vediamo le cose per come appaiono superficialmente. Poi, approfondendo la meditazione, ci rendiamo conto che la realtà è più complessa di quanto pensassimo. Infine, quando la nostra consapevolezza si stabilizza, torniamo a vedere la realtà in modo più semplice, ma con una profondità nuova.
L’evoluzione delle domande e il silenzio consapevole
Questa evoluzione si riflette anche nel modo in cui facciamo domande.
Nella prima fase, la curiosità ci spinge a cercare risposte e a porre molte domande.
Nella seconda fase, le domande si trasformano in affermazioni e condivisioni: invece di chiedere “come si fa questo?”, iniziamo a dire “ho notato che questo funziona così, tu che ne pensi?”.
Poi, nella terza fase, ci rendiamo conto che le parole non sono sempre necessarie.
Non smettiamo di avere domande, ma impariamo a lasciar fluire l’esperienza, ad assaporare il momento senza il bisogno di esprimerlo a parole.
Ci godiamo gli insegnamenti del maestro con una nuova prospettiva, cogliendone sfumature che prima ci sfuggivano.
Conclusione: il percorso personale
Non so esattamente perché a te non vengano più domande, ma immagino che il percorso sia simile al mio. Ho notato che molte persone attraversano queste fasi e che alcuni si fermano nella seconda, continuando a fare molte affermazioni.
Forse, in un certo senso, io stesso sono ancora in quella fase, dato che rispondo alle domande. Come allievo, mi sento più vicino alla terza fase, ma come insegnante sento la responsabilità di offrire riflessioni. Mi piace pensare che, più che risposte definitive, offro spunti di riflessione affinché ciascuno possa trovare la propria risposta dentro di sé.
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