La pace oltre gli attaccamenti, il fastidio e il distacco
Una allieva –abbonata al Coaching (clicca qui per sapere come funziona)– molto consapevole e sensibile un giorno si è accorta di un cambiamento e mi ha posto questa domanda, sono felice di condividerla (mantenendo il cognome segreto a tutela della sua privacy) perchè ci aiuta a capire come la consapevolezza può manifestarsi non sempre in modo scontato e come invece l’amore può assumere connotati più ampi:
“Mi sono accorta che degli attaccamenti mentali, che vedevo come positivi e importanti (e direi sostanziali per me), si stanno sfaldando.
Per esempio l’assoluta importanza dell’arte: ecco, adesso, non la sento più come assoluta.
All’inizio ho provato un po’ di tristezza, scambiando questo sentire per indifferenza, a poco a poco, però, sento come se si fosse ampliato un po’ l’orizzonte.”
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Guarda il video o continua a leggerne la trascrizione sotto:
Bella questa cosa che dici.
Lo rileggo: “All’inizio ho provato un po’ di tristezza, scambiando questo sentire per indifferenza.”
Quindi: prima aveva l’impressione che, allontanandosi dall’arte, questo allontanamento fosse un’indifferenza, e quindi perdesse un qualcosa di bello – come l’arte, che riteneva importante per sé – ma, a poco a poco, “sento come se si fosse ampliato l’orizzonte”.
Continuiamo a leggere: “È un fenomeno temporaneo, o sta cambiando qualcosa nella mente? (Non sono giovane, credo di avere ben salde certe convinzioni e sentimenti.)”
Allora, la domanda è: “È un fenomeno temporaneo o sta cambiando qualcosa nella mente?”
Tutti i fenomeni sono temporanei.
Ed è evidente che sta cambiando qualcosa nella tua mente.
Quindi la risposta è sì a tutte e due le cose.
Prima avevi un attaccamento.
Quando noi amiamo, l’amore è una cosa bellissima, ma l’attaccamento non è amore.
Amare l’arte: l’arte è una risorsa preziosa per l’umanità, ed è bellissimo essere innamorati dell’arte; però, certe volte, noi diventiamo dei fanatici.
Amare una persona, è bellissimo; essere attaccati a questa persona, è un problema.
E noi spesso confondiamo queste due cose.
Amare non significa essere attaccati.
Amare profondamente, e realmente, qualcuno significa permettere a questa persona di essere libera; non: io sto con te, finché tu mi ami, e quindi “a condizione che”, ovvero: a condizione che tu mi ami.
Questo non è amore, è attaccamento.
Quindi: se non stai più con me, io ti uccido; come quello che sentiamo spesso nei telegiornali.
Questo non è amore.
L’amore per l’arte è bellissimo, ma se questo amore per l’arte diventa una distrazione, rispetto alla vita e alla sua bellezza – l’arte è bellezza, ma non è tutta lì la bellezza: la vita stessa è bellezza – ecco che diventa attaccamento.
E quando incominci a vedere la bellezza un po’ dappertutto (hai ampliato i tuoi orizzonti, hai detto), ecco che stai scoprendo qualcosa di diverso.
Tutti i grandi saggi – tra cui Buddha – ci mettevano in guardia dall’attaccamento.
L’attaccamento ai soldi; ma anche l’attaccamento all’arte, l’attaccamento al bello.
Il bello è sicuramente una risorsa, ma il bello è ovunque.
In te sta emergendo una qualità che c’era già, il suo seme è presente in tutti.
Poi, non essendo una persona giovane, ti sei allenata a stare con gli altri e i bassi della vita; perché la vita è proprio fatta di alti e bassi.
Questa capacità di accogliere le cose belle come le cose brutte, in modo paritario, in termini buddisti si chiama “equanimità”.
Che di fatto è una forma di equilibrio: si tratta di riuscire ad accogliere ogni fenomeno in modo paritario.
E questa accoglienza è piacevole.
Mi spiego meglio, perché può sembrare paradossale.
È come cambiare posizione.
Una parte di me è nella sofferenza (ed è una cosa spiacevole), ma una parte di me accoglie questo stato di sofferenza da una prospettiva diversa; sapendo che prima o poi passa, sapendo che comunque è una lezione che sto imparando, e facendo tesoro dell’esperienza.
Ecco, questa capacità di accogliere, è bellissima.
È piacevolissima.
Dà serenità.
Dà equilibrio: è proprio quel “centro di gravità permanente” che ci permette di attraversare gli alti e bassi della vita.
Il “risvegliato” non è che smette di ammalarsi, smette di invecchiare e non muore mai.
Tutti i saggi del passato sanno che la sofferenza è inevitabile (quella fisica).
Ma il poter attraversare tutto questo con degli ammortizzatori, con un orizzonte più ampio, è una dote di pochi.
Ed è bello che tu abbia detto di aver ampliato i tuoi orizzonti.
E noi, a che cosa ci attacchiamo?
Cosa facciamo normalmente?
Eliminiamo quello che non ci piace – invece di avere un atteggiamento equilibrato nei confronti delle cose che non ci piacciono – e tratteniamo le cose che invece ci piacciono, in modo un po’ forzoso.
Ecco: questo è l’attaccamento, la brama.
Oppure diventiamo un po’ indifferenti.
E non nel senso buono del termine, ma nel senso che noi non stiamo con l’esperienza.
Io prima ho detto: “Io sto con la sofferenza”, una parte di me, quindi, è dentro di essa.
Ma c’è chi si anestetizza: e questo è uno dei “tre veleni”.
I tre veleni, dal punto di vista della pratica meditativa buddista, sono: la brama (l’attaccamento nel desiderare ciò che ci piace); l’avversione (rabbia, fastidio e repulsione nei confronti di ciò che non ci piace); e, come dicevamo prima, il distacco (che non è uno switchare ed ampliare il proprio orizzonte, è un distacco emotivo, un’indifferenza: l’accidia).
Ecco, questi sono tre veleni.
Vediamo meglio l’ultimo, il distacco emotivo.
Non è certo un bene essere trascinati via dall’attaccamento, dall’emotività, dall’avversione e dalla brama, e abbiamo perciò bisogno di fare questo switch e di vedere con un maggiore distacco; ma questo maggiore distacco è solo un cambio di prospettiva, non è un distacco emotivo che ci anestetizza: è abbracciare le nostre difficoltà.
È la vera dimensione dell’amore, che tutto accoglie.
Lo abbraccia proprio: lo ama.
E non è quell’amore bramoso, quello per cui mi “attacco”.
Quindi si crea una forma di distacco, che distacco non è: è soltanto una più ampia prospettiva.
È un guardare la dinamica da una prospettiva diversa, e vedere che tutto viene e va.
Che l’arte è bella, ma che c’è anche altro di bello: è vedere il bello.
E questo è sicuramente una maggiore maturità.
Quindi sì, qualcosa nella mente è cambiato, ma tutto è sempre in evoluzione.
Questo è amore vero: a questo punto sei libera di amare l’arte, perché non è più uno status quo, non sei più identificata con questo tuo attaccamento all’arte.
L’arte probabilmente continua ad essere una parte molto importante della tua vita, e allo stesso tempo c’è anche tanto altro.