La difficoltà di lasciare fluire il respiro
Allora Franci, domanda:
“Ciao Claudio, innanzitutto grazie mille per i consigli. C’è una cosa che mi risulta difficilissima nella pratica: lasciare che il respiro fluisca libero, senza condizionamento. In pratica, appena mi focalizzo sul respiro o sui movimenti della pancia o del naso che ne derivano, smetto di lasciare libero il respiro e lo controllo. Non riesco ad evitarlo, tranne in rarissimi casi. Come fare e risolvere?”
Il paradosso del voler risolvere
Eh, ecco. Secondo me il problema è nel risolvere, come se questo fosse un problema.
Sì, è vero, la cosa migliore è sicuramente lasciare che il respiro fluisca normalmente, liberamente. Però le cose avvengono normalmente e liberamente… non avvengono normalmente e liberamente quando noi, invece, vogliamo risolvere, vogliamo, siamo risoluti per cambiare lo stato delle cose.
Noi meritiamo per stare con ciò che c’è.
Se, per esempio, c’è un controllo da parte nostra, è chiaro che sarebbe meglio non ci fosse, ma possiamo osservare questo controllo senza entrare nel controllo del controllo.
Il paradosso del “sentiti libero”
Esempio: un paradosso che mi piace usare – ed è un paradosso comune, nella psicologia si usa molto – è che se io ti dicessi: “Sentiti libero”, tu entri in conflitto.
Cioè, sicuramente non puoi sentirti libero. Non puoi risolvere questa cosa, perché se segui il mio ordine – il mio ordine è: “Sentiti libero” – se segui il mio ordine, non sei libero, hai appena seguito un ordine.
Ma se non ti senti libero per disubbidirmi, non sei libero lo stesso.
E quindi non c’è soluzione a questa imposizione, a questo ordine.
E quando noi stiamo lì a meditare e vogliamo controllare le cose – come in questo caso: “Come faccio a risolvere il fatto che io controllo il respiro?” – ecco che… non entra in conflitto.
Non c’è soluzione con questa angolatura. Se c’è ancora la volontà di controllare, di ostacolare, di ordinarsi di essere liberi, ecco che non funziona.
La libertà attraverso l’abbandono
Questa forma di libertà avviene attraverso l’abbandono. Attraverso proprio l’abbandono.
Quindi non c’è un…
Osservare non significa controllare
Ehm… vedi, un altro equivoco: quando io dico – quando l’indicazione è quella di osservare il respiro – c’è un confine sottile, apparentemente, tra le parole, ma molto netto nell’atteggiamento, tra osservare e controllare.
Quando io dico “osserva”, non dico “controlla”.
È molto diverso.
È proprio nell’osservare che c’è una testimonianza, c’è una presenza.
Cioè, un’osservazione è: “Io sono presente come un testimone”.
Ma il testimone è nel campo di azione, quindi è presente nel campo di azione e, allo stesso tempo, non interagisce con il campo di azione.
Osserva i fenomeni per come si manifestano.
Il rischio di aggiungere controllo al controllo
Ora, se invece questo osservatore sta operando, inevitabilmente siamo in un campo di azione.
Quindi, se mi viene da controllare il respiro e mi dico: “Non devo controllare il respiro”, io aggiungo un controllo sul controllo.
Quindi non mi aiuterà a risolvere.
L’atteggiamento che posso avere è: rendermi conto che sto controllando il respiro e dirmi: “Ok, osservo le cose come sono. Osservo che io sto controllando il respiro”, senza bisogno di aggiungere un “No, questo non va bene”, che – come vedi – è un giudizio sul giudizio.
No: io osservo che sto controllando, e va bene così.
Sono già consapevole di un certo livello.
La fine della lotta
Poi arriverà il momento in cui io smetterò di fare questa lotta.
Non sentirò più che c’è un problema da risolvere.
Perché se va bene così – se io sto controllando e va bene così – in quel momento è così.
Non c’è più lotta.
E a quel punto è possibile che, prima o poi – non c’è fretta in questo – il respiro fluisca di nuovo normalmente, libero.
Perché, appunto, è naturale e spontaneo che il respiro vada naturale e spontaneo.
Solo quando, appunto, c’è una posizione mentale di controllo, non riusciamo.
Vogliamo essere liberi, proprio per il paradosso che abbiamo detto prima.
Se ti dico: “Sentiti libero”, non puoi. Non hai modo di sentirti libero.
È un paradosso.
Molto chiaro e interessante
grazie Cesare
Questo vale anche quando non mediti.voglio dire anche quando stai facendo come lavorare, parlare.ho la sensazione che il mio respiro si bloccasse è come se andasse a vuoto.quello che mi manca del respiro è l’inspirazione alla gola è corta.
ripeto, quando non te ne accorgi repiri normalmente quindi non fartene un problema è proprio quello a variare ed alterare la naturalezza del respiro, se proprio vuoi focalizzarti sul respiro fallo di pancia: fai respiri lunghi sentendo l’addome che si gonfia e sgonfia come un palloncino