l’utilità del “non attaccamento” e del “lasciar andare”

 “Puoi lasciare spazio ai concetti di ‘non attaccamento’ e di ‘lasciare andare’?

Che significato hanno?

Sono utili?

E quali sono le applicazioni meditative (se ce ne sono)?”

Sono concetti utili.

Anche se, ovviamente, per rispondere io userò delle parole, e questo potrebbe far sembrare questi concetti un po’ astratti (concettuali, appunto); mentre invece, capirli, è estremamente utile: ti cambia proprio la vita, entrare in questa prospettiva.

Qual è il punto?

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Il punto è che, quando io contemplo (e la tecnica per contemplare la conoscete bene, è la meditazione di consapevolezza: la Vipassana), quando io contemplo, e sviluppo consapevolezza e presenza rispetto a quello che c’è, ecco che, quello che c’è, cambia, fluisce: è come osservare un caleidoscopio, sempre in evoluzione.

E quindi posso anche accorgermi di un fenomeno, come il respiro, in cui è facile accorgersi che ha un inizio, uno sviluppo e una fine: l’inizio, lo sviluppo e la fine di una inspirazione; l’inizio, lo sviluppo e la fine di una espirazione; e le varie pause tra una fase e l’altra.

Quello che vale per la respirazione, vale pure per i pensieri: iniziano, si sviluppano e finiscono; magari nel frattempo si innesca un altro pensiero, che ha un altro inizio, un suo sviluppo e una sua fine.

Tutti i fenomeni osservabili, hanno un inizio, uno sviluppo, e una fine.

Quindi a che serve attarci a qualcosa se, comunque, necessariamente svanisce?

Se io cerco di afferrare l’inafferrabile, faccio uno sforzo immane, è come cercare di afferrare l’acqua con un retino: perché l’acqua scorre; tutto, scorre.

Diceva, Anthony De Mello (un gesuita che io adoro), a uno che gli chiedeva come fare a capire l’essenza della realtà:

“Prova a immaginare che stai precipitando, e che tutte le cose a cui ti afferri, stanno precipitando insieme a te”.

Lo so che è una immagine forte, può apparire nichilista, anzi, capire questo concetto può farci (erroneamente) cadere nel nichilismo.

Ma il problema è questo: se tutti i fenomeni mutano, a che serve volerli afferrare?

Noi non vogliamo invecchiare, non vogliamo ammalarci, non vogliamo morire…

Ma è uno sforzo inutile.

Perché noi siamo comunque destinati ad ammalarci, a invecchiare e a morire; questo, però, non significa cadere nel lato opposto, e allora non mi curo e non me ne importa nulla di vivere o morire.

È un bene prezioso la vita: quindi è utile prendersene cura, cercare di essere sani, e vivere al meglio che possiamo.

Ma da lì a cercare di fare un’istantanea di questo momento della vita, e pensare che io sarò sempre così, be’, non è veritiero.

Io non sono più quello di dieci anni fa: sotto alcuni aspetti, sì, ma sotto altri, no; se mi guardo allo specchio sono invecchiato, c’è poco da fare (nei primi video del “Comemeditare coaching” non avevo neanche gli occhiali, adesso invece ci sono, e questo la dice lunga sul fatto).

E quindi io non posso impedire a questi fenomeni di esserci, ma questo non è per forza solo una brutta notizia, è anche una notizia buona: perché così come non c’è bisogno di faticare per trattenere le cose, non c’è neanche bisogno di cacciarle via.

Noi tendiamo a voler trattenere quello che è piacevole, e cacciare via quello che non lo è.

E ci sono anche altri “veleni”, come quello di essere nichilisti, per esempio; o freddi; o di mettere la testa sotto la sabbia, per non vedere la realtà.

Queste tre modalità, che corrispondono a: mi piace (che crea attaccamento), non mi piace (che crea avversione), mi è indifferente (che crea apatia, distacco, vuoto, nichilismo e ignoranza); sono i cosiddetti “tre veleni”, che ci incatenano nella ruota dell’addormentamento del Samsara e delle rinascite. (Sono meccanismi ben noti nel buddismo se vuoi gratis un corso introduttivo e laico ai segreti del buddismo ecco come averne uno gratis: https://comemeditare.it/meditazione/tecniche-di-meditazione/risorse/come-avere-gratis-il-corso-di-buddismo-anche-intero/ )

Quando invece io osservo, e contemplo, e vedo che i fenomeni per loro natura sono cangianti, io non ho bisogno di cacciare via qualcosa, perché va via da solo; al contrario: cacciare via qualcosa, è un modo per trattenerla.

Il problema è che noi tendiamo a immedesimarci con i nostri schemi mentali, anche se sono dolorosi; tendiamo, come direbbe Eckhart Tolle, ad avere un “corpo di dolore”, a riconoscerci in esso, e a non volere lasciarlo andare.

Ci attacchiamo anche al dolore.

Un esempio personale che faccio spesso, è di quando in adolescenza (e a dire la verità, anche in età un po’ più matura) mi capitava di innamorarmi di una donna e di soffrire tanto (perché magari ero corrisposto solo in parte); e questa sofferenza, che era davvero ingente, io la confondevo per amore.

In realtà era attaccamento, era brama (uno dei tre veleni di cui ho parlato sopra).

Non era neanche vero amore, perché il vero amore è incondizionato: posso amare una persona anche se non mi corrisponde, quello è il vero amore; ma non posso amare qualcuno solo se sta con me, altrimenti non lo amo, perché in questo caso sarebbe un amore condizionato (“se non fa quello che dico io”, è una condizione).

Cercare di ottenere da qualcuno, qualcosa che non c’è, attaccandosi alle idee e ai preconcetti, è motivo di sofferenza; e lo sappiamo tutti.

Poi c’è il fatto che questa sofferenza mi fa sentire vivo.

È un po’ come trattenere dei carboni ardenti: non c’è bisogno di trattenerli, perché fa male; ma non c’è neanche bisogno di respingerli, perché è come voler raccogliere i carboni ardenti per lanciarli, facendo così ti scotti comunque.

La cosa migliore è accorgersi di cosa hai mano; e se sono carboni ardenti, cadonoCADONO!

Già la sola azione dell’osservare produce il cambiamento: basta che osservo la mano, che il carbone ardente sta già andando via, cade da solo.

E questo è il concetto di “lasciare andare”.

Lasciare andare quindi non è un cacciare via, è semplicemente prendere atto di un fenomeno, che fluisce, e non lo si trattiene, lo si lascia andare.

Quindi, non trattenere e lasciare andare, sono due cose uguali: il non attaccamento e il lasciare andare, fanno parte dello stesso percorso, però richiedono proprio la capacità di osservare.

Poi la domanda continua: “Non attaccamento e lasciare andare, hanno una loro utilità?”

Certo che c’è l’utilità: ti cambiano la vita; vivi con più leggerezza, perché la smetti di angosciarti nel tentativo di trattenere quello che non puoi trattenere.

Vivi la vita con più filosofia, e la vedi per quello che è, senza illuderti che va sempre tutto bene (perché non è così), e allo stesso tempo sentendo che va bene così: va bene anche che invecchierò, che morirò, perché fa parte del percorso che sto facendo, lo impreziosisce il fatto che tutto è cangiante, perché così, quest’attimo, diventa prezioso.

Pensare di essere eterni, pensare che un’esperienza sia sempre uguale a se stessa, intanto è noiosissimo, e poi ti fa perdere la realtà delle cose.

Non contemplare, per esempio, il concetto di fine della vita, non mi fa godere il momento presente; mi fa fare tante cose a cui potrei benissimo rinunciare, in funzione di cose come la carriera o altre cose simili, che hanno una loro utilità, ma si tratta di una utilità molto relativa, vista dalla prospettiva di uno che sa che la vita è preziosa e che prima o poi finisce.

Tenderai a fare più cose, per esempio nel tuo lavoro, che saranno utili agli altri.

Se produci armi, per dire, smetti di produrre armi: fai il medico, lo psicologo, anche lo spazzino abbellisce il mondo, anche l’artista; sono tanti i modi per metterti al servizio degli altri.

Tutto questo ti riempie il cuore; mentre la carriera il cuore non lo riempie.

Le soddisfazioni materiali non soddisfano pienamente, sono effimere; ma ce ne accorgiamo.

Il denaro: va’ e viene, è cangiante anche quello.

La carriera: oggi sei famosissimo, domani non sei nessuno; io che ho lavorato nello spettacolo me ne sono accorto: gente osannatissima, che per un po’ non compariva in tv e non la riconoscevano più, e faceva la fame perché nessuno la ingaggiava.

Succede, è tutto cangiante.

Il segreto è quello di non attaccarsi, di non trattenere e di lasciare andare, permettendo il fluire delle cose; e proprio permettendo che tutto fluisca, lo posso osservare, rendendo prezioso questo attimo, che è unico (questo respiro che faccio: è similissimo a tutti gli altri, ma è unico, preziosissimo, e mi tiene in vita).

Mi si chiede di chiarire ancora meglio il lasciare andare.

Il senso del lasciare andare è: aprire la mano; accorgersi che ci sono i carboni ardenti; e lasciarli cadere.

Non significa lanciarli, i carboni ardenti, non significa trattenerli, ma aprire la mano e guardare (che è consapevolezza), e l’azione di lasciare andare, è una azione automatica, non è una vera azione; è quella che in alcune filosofie è chiamata “azione senza azione”, è la stessa consapevolezza che produce il cambiamento: perché è chiaro che quando apri la mano, e vedi dei carboni ardenti, non hai più motivo di richiuderla, e i carboni cadono.

Drop it dicono gli inglesi.

“Drop” è l’azione del lasciare andare, che significa anche “sgocciolare”: fai fluire ogni fenomeno, lascia che cada, che sgoccioli via.

Che tipo di meditazioni possiamo usare?

Innanzitutto, la meditazione di consapevolezza, la Vipassana; e questo, già l’ho detto.

Ce n’è un’altra, che non ho detto: è la meditazione della “equanimità” (Upekkha).

Per equanimità si intende la capacità di accogliere sia le cose belle che quelle brutte della vita; questo aiuta il processo di non attaccarci alle cose belle, e di non respingere quelle brutte, ma di accoglierle in modo equanime.

Uno fa fatica ad accettare che tutto va e viene, ma le cose stanno così, e il non accettarlo è motivo di sofferenza.

Quindi io ti esorto a continuare, sia con la pratica di Vipassana, che con quella di Upekkha (l’equanimità).

qui trovi il corso base di meditazione vipassana:
www.comemeditare.it/vipassana

qui trovi il corso avanzato di consapevolezza:
www.comemeditare.it/corsoavanzato

Trovi la Pratica dell’equanimità o equilibrio (Upekkha) nel corso sulle 4 Dimore Sublimi:
https://comemeditare.it/corsi/4dimore-presentazione/

Trovi gratis il corso sul buddismo qui:
https://comemeditare.it/meditazione/tecniche-di-meditazione/risorse/come-avere-gratis-il-corso-di-buddismo-anche-intero/

Guarda il Video di l’utilità del “non attaccamento” e del “lasciar andare”

questo video è stato estrapolato da una sessione del Come Meditare Coaching qui trovi maggiori informazioni su questo servizio di sostegno nel tempo: http://www.comemeditarecoaching.it

 

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