Luca domanda: “Alcuni maestri parlano di assenza di pensiero. Poi c’è la pratica di Metta, in cui bisogna pensare benevolmente agli altri. Ma allora bisogna pensare o annullare i pensieri?”

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Questa è una giusta osservazione, Luca.

In realtà, intanto, una precisazione: “Alcuni maestri parlano di assenza di pensiero”. L’assenza di pensiero non è mettersi a fare braccio di ferro con i pensieri.

Io questo ci tengo a… lo sottolineo sempre perché è un errore comune, come dire un equivoco, non è un vero errore, è un equivoco perché poi le parole ingannano.

C’è chi effettivamente dice che bisogna contrastare i pensieri, ma non è un contrasto vero.

Anche l’assenza dei pensieri non arriva attraverso un “Non devo pensare”, perché “Non devo pensare” è un pensiero, quindi è uno stato in cui semplicemente tu sei protagonista della tua vita e quindi puoi decidere se pensare o no, usi la funzione pensiero che come sai, come ripeto spesso, non è un nemico il pensiero, è un amico, però è una nostra funzione, il pericolo è quando noi ci lasciamo trascinare dei pensieri che ci portano nel passato e nel futuro e quindi ci perdiamo la nostra presenza, “ci perdiamo”, non siamo più consapevoli, non siamo più nel “qui e ora” perché i pensieri hanno questo potere particolare di portarci nel futuro o nel passato.

Quando siamo, stiamo usando il pensiero nel presente, siamo consapevoli che lo stiamo usando per pensare per esempio che cosa ci sta succedendo nel corpo, ecco, che è quello che faccio nella meditazione, ecco come sta il respiro, ecco che noi usiamo il pensiero, quindi noi ne siamo protagonisti.

Il punto è proprio quello: Essere protagonisti della propria vita o lasciarsela vivere, quindi il pensiero talvolta ha questo potere di renderci succubi dei pensieri, cioè si susseguono uno dopo l’altro, uno dopo l’altro, così senza proprio quiete che noi ci perdiamo in quei pensieri e ci perdiamo anche la vita che stiamo vivendo in quel momento, perché stiamo altrove, siamo nel futuro, siamo nel passato, siamo inseguendo quelle che tecnicamente, ormai chi mi segue lo sa, chiamo “pippe mentali”, siamo nelle “pippe mentali” e non siamo nel presente, ecco questo è il motivo per cui è meglio essere in assenza di pensiero, tuttavia noi usiamo, possiamo usare il pensiero per essere nel presente, cioè noi usiamo la tecnica vipassana, che è una tecnica – e qui comincio ad entrare nella tua domanda, Luca, ma vale anche per chiunque ascolta – la meditazione vipassana è proprio una tecnica di consapevolezza.

Allora, prima io osservo cosa succede in me con un’enfasi sul corpo, sul respiro, perché quella è una tecnica, una sfumatura diversa della vipassana che si chiama meditazione samatha, poi sono tecnicismi questi che più o meno ogni tanto ritornano quindi non ti preoccupare se non li segui fino in fondo, le parole possono stranire… Samatha, vipassana sono solo parole.

All’inizio noi usiamo questa tecnica per rilassarci un attimo, per staccare dagli stimoli quotidiani ed entrare in uno stato di quiete, dopodiché noi usiamo la meditazione vipassana, questa tecnica che è poi quella che tendenzialmente facciamo in comemeditare.it, con la vipassana, dicevo, osserviamo che cosa succede in noi nel presente, nel qui e ora, quindi nell’osservare, la nostra testa, il nostro cervello, il nostro pensiero, la nostra parte cognitiva è a disposizione della nostra parte percettiva, cioè di quello che il nostro corpo percepisce a livello di sensazioni.

Le sensazioni quindi sono date normalmente dai cinque organi di senso più anche il pensiero che diventa una specie di sesto organo di senso nella misura in cui produce sensazioni.

Un pensiero positivo ci dà sensazioni piacevoli, un pensiero negativo ci dà sensazioni spiacevoli, così come un buon odore ci dà sensazioni piacevoli e un cattivo odore ci dà delle sensazioni spiacevoli.

Poi ci sono anche le sensazioni neutre che hanno il loro peso però, insomma, non entriamo lì, andremo, seguiremo un altro rivolo.

Torniamo al discorso che faceva Luca.

Luca diceva Ok, quindi c’è la pratica di Metta in cui bisogna pensare benevolmente agli altri. Ecco in effetti… Allora, bisogna pensare o annullare i pensieri?

In realtà, come dicevo, l’ideale sarebbe stare con le cose come sono e usare il pensiero da protagonisti, quindi non essere in balia dei pensieri, in questo senso è meglio “l’assenza di pensiero”, tra virgolette “assenza di pensiero”, e la meditazione vipassana serve a stare nel qui e ora, quindi serve a usare il pensiero per essere presenti nel qui e ora.

Più che usare il pensiero, usare le sensazioni, e quindi il pensiero, la parte cognitiva nostra, insegue un pochino le sensazioni.

Siamo uniti nella consapevolezza, nella piena consapevolezza perché sia l’emisfero percettivo che quello cognitivo sono tutti e due attivi contemporaneamente, cosa che normalmente non succede, quindi è una cosa particolare quella che sta succedendo, anche a livello cerebrale mentre siamo protagonisti nella nostra vita, perché appunto abbiamo queste due parti, e questo lo facciamo soprattutto con la tecnica vipassana, con la tecnica tradizionale di meditazione, quella che usiamo in comemeditare.it.

Quella che tu chiami Metta, meditazione di Metta, in realtà tecnicamente alcuni non la chiamano meditazione, benché molto simile, quindi anch’io qualche volta finisco per chiamarla meditazione, in realtà è una pratica, non è una vera e propria meditazione, non è quindi una tecnica di consapevolezza, è una pratica (la “pratica di Metta” appunto) che serve, che ha una funzione diversa che è la funzione di apertura del cuore.

L’apertura del cuore da un punto di vista spirituale è molto importante, ma noi non entriamo troppo nei rivoli spirituali.

Io mi sono sorpreso quando ho visto che anche nella scuola di counselling che stavo facendo insegnavano una versione laica della meditazione, così come piace fare anche a me, io mi sono sorpreso che hanno usato anche la meditazione di Metta, cioè la pratica di Metta.

In effetti ci ho pensato un attimo, ma la pratica di Metta, che è una pratica di benevolenza, è una pratica in cui a me… chi fa il come meditare coaching o che ha fatto la meditazione Per Indaffarati sa che c’è la meditazione del sorriso del cuore, ecco quella è una pratica di Metta.

Praticamente con quella pratica noi orientiamo il pensiero benevolmente nei confronti delle persone che amiamo o anche gli altri, quindi in qualche modo ci relazioniamo, pensiamo agli altri in termini positivi, ci auguriamo che noi siamo felici che gli altri siano felici.

Questa pratica, da un punto di vista prettamente psicologico, essendo noi esseri, degli animali sociali che interagiamo con gli altri, l’interazione con gli altri produce delle endorfine, produce delle sensazioni piacevoli e soprattutto ci alleniamo a stare più in armonia con gli altri, in questo senso questa pratica è molto potente, quindi come vedi non c’è bisogno di disturbare la spiritualità per dire, mi basterà usare anche la psicologia moderna per notare com’è importante riuscire ad aprirsi in modo il più benevolo possibile al mondo esterno.

Aprirsi al mondo significa anche sapersi chiudere quando gli elementi esterni possono essere nocivi, così come noi mangiamo il cibo, quando abbiamo fame mangiamo un certo cibo che ci fa bene e non altro che ci fa male, o comunque non in quantità ingenti se no comunque il nostro fisico ci direbbe fermati, quindi volenti o nolenti ci apriamo al mondo finché abbiamo fame e finché quel cibo lo desideriamo, ci fa del bene.

Ci fermiamo e smettiamo di mangiare quando siamo sazi, quando non ce la facciamo più, quindi l’apertura al mondo, anche quella, è equiparata al nostro sentire e come vedi torniamo alle sensazioni, alla consapevolezza di sé che ci fa agire nel modo migliore.

Quindi, per rispondere, Luca, alla tua domanda, diciamo sono due tecniche diverse, quindi confondere i due momenti può portarti ad una confusione, cioè la tecnica di consapevolezza tende a non farsi trascinare via dai pensieri, la Pratica di Metta, di benevolenza, “il sorriso del cuore”, ha una funzione completamente diversa.

La vipassana serve per la consapevolezza, la Pratica Metta, la benevolenza, serve invece per l’apertura del cuore, per essere, per avere un atteggiamento più benevolo nei confronti delle persone che ci circondano.

Ecco, quindi, se tu senti ovviamente dei maestri, ti parleranno di consapevolezza in un certo momento e di apertura del cuore in un altro, sono due tecniche diverse, due momenti diversi.

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