Chi ha inventato la meditazione vipassana?
La vipassana è una religione?
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Riguardo la prima domanda.
Tempo fa avevo letto da qualche parte che la meditazione Vipassana non è stata inventata ma piuttosto è stata scoperta; mi piace questa definizione.
Intanto è stato Buddha.
Vipassana significa “visione profonda”, ed è una parola di una lingua antica, il pali, ovvero la lingua che parlava Buddha; in seguito gran parte del buddhismo successivo ha seguito il canone in sanscrito, ma il buddhismo delle origini, quello Theravada, usa ancora il canone in lingua pali (una lingua più vicina al dialetto di provenienza pali effettivamente parlato dal Buddha).
È quindi una meditazione di matrice buddhista.
E quando dico buddhista intendo dire che proviene direttamente da quell’essere chiamato Siddharta Gautama, in seguito ribattezzato col nome di Buddha, che l’ha veicolata, organizzata e, in un certo senso, l’ha scoperta.
Nel senso che probabilmente la meditazione esiste da quando esiste l’uomo; lo stesso Buddha seguiva le pratiche ascetiche e meditative, anche molto dure, in auge nell’India del suo tempo (alcune sono ancora in auge: sono pratiche proprio da fachiri, molto pesanti da sostenere).
In seguito abbandonò queste pratiche, scoprì la “via di mezzo”, e suggerì di praticare la Vipassana.
Quindi la ha organizzata lui: è sicuramente “farina del suo sacco”.
Tuttavia stiamo parlando di una tecnica di osservazione; lui l’ha organizzata in questo modo ma stiamo parlando di qualcosa che, molto probabilmente, era già nell’aria, esisteva già in qualche modo:
lui la ha raccolta e organizzata in modo più chiaro e strutturato; sebbene abbia una struttura “libera”, nel senso che all’inizio si è ancorati al respiro e ci si appoggia ad un’altra tecnica chiamata Samatha, ma poi si espande la consapevolezza a tutto ciò che è possibile sperimentare e, di conseguenza, giungiamo a una fase di consapevolezza molto estesa ed entriamo in uno stato di visione profonda: siamo in Vipassana.
Siamo in una fase di assorbimento bella e importante, legata però anche al fatto che il respiro ci ha aiutato a ritrovarci e a non disperdere la mente; ecco perchè io insisto sempre sul respiro, perchè è un punto di riferimento sempre valido (un “evergreen” direbbero gli inglesi).
Quindi la Vipassana è stata inventata, per così dire, dal Buddha storico: Siddharta Gautama.
Veniamo ora alla seconda domanda: la Vipassana è una religione?
la Vipassana è una religione?
No: la Vipassana è una tecnica; e, in quanto tecnica, non ha nulla di religioso.
Anche se io applico una tecnica messa a punto da Buddha non ho bisogno di essere buddhista, e nemmeno religioso in generale: posso essere laico, possono essere cattolico, posso essere ebreo o di qualunque altra religione; se faccio una tecnica di auto osservazione, il mio rapporto con la religione non è importante.
La Vipassana è un modo per conoscere me stesso.
Ma quando conosco me stesso alla fine conosco le cose così come sono; Buddha diceva: “Io insegno le cose così come sono”.
Contemplando le cose così come sono, io osservo il creato; quindi se sono religioso, per esempio cattolico, posso anche capire meglio alcuni aspetti della mia religione approfondendoli grazie a questa tecnica che, ripeto, sebbene sia di matrice buddhista, non è una religione.
La Vipassana, dal punto di vista psicologico, è molto in voga con il nome di Mindfulness.
Cos’è la Mindfulness?
Lo statunitense Kabat-Zinn, che era un insegnante di Vipassana, la ha riorganizzata, togliendo ogni riferimento strettamente buddhista in modo da laicizzarla il più possibile, ne ha ricavato un protocollo per la gestione dello stress e lo ha veicolato con il nome di Mindfulness.
Oggi gli psicologi ne fanno un grande uso ma, da un punto di vista tecnico, il punto di riferimento cultutale è dichiaratamente la Vipassana.
Si tratta in sostanza della stessa tecnica, solo che le è stata tolta la cornice buddhista che aveva intorno.
Ora potresti chiedermi: “Ma allora qual’è la differenza?”.
Da un punto di vista tecnico la differenza è molto sottile, quasi inesistente; diciamo che la cornice buddhista conferisce alla tecnica quella ricchezza di contenuti e di comprensione del senso profondo della pratica che, altrimenti, potrebbe essere troppo annacquata e andare dispersa.
Mi spiego meglio con un esempio.
Mindfulness significa “pienamente presente”; e quello che facciamo in Vipassana è proprio questo: essere altamente presenti in quello che facciamo (in fondo è quello che veicolo anche io con la mia “meditazione per indaffarati”, in cui mi focalizzo molto sul quotidiano e sull’attenzione nelle attività della vita di tutti i giorni).
Sul fatto di essere presenti in quello che facciamo non c’è quindi tanta distanza; ma, come dice un mio amico che insegna anche lui meditazione Vipassana, anche un cecchino deve essere molto presente quando prende di mira e abbatte la sua vittima, non può distrarsi da quanto sta facendo:
è in piena Mindfulness; lo stesso dicasi per un borseggiatore che sfila il portafoglio a qualcuno sull’autobus (noi possiamo anche essere addormentati ma lui, almeno in quel momento, è molto più avanti di noi sul piano della consapevolezza).
Ma a tutti e due manca l’etica; manca una cornice di senso rispetto a quanto stanno facendo, che nella Vipassana hai, ma che nella Mindfulness rischi di perdere per strada.
Anche se non è detto: il mio maestro, che per diciotto anni è stato un monaco Theravada, va nelle università a insegnare la Mindfulness; quindi, come vedi, ci sono molte scuole di Mindfulness che tendono a mantenere un ponte aperto con la cornice originale anche se se ne sono apparentemente distaccate.
Certe volte, quando una cosa diventa un po’ più popolare, si annacqua un pochino e perdendo il punto di riferimento principale si tende a impoverirla.
Sono comunque cose che fanno parte del gioco.
Io sono contendo che esista la Mindulness e che, anche grazie ad essa, la Vipassana possa diffondersi; tra l’altro, sempre grazie alla popolarità della Mindfulness, esistono anche diversi studi scientifici sui benefici derivanti da queste pratiche.
Complimenti per il libro, sia le parole sia gli audio sono per me di grande aiuto e interesse
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Sempre estremamente chiaro ed esauriente, come il libro che ho avuto il piacere di leggere ed i cinque corsi dal vivo che ho avuto l’onore di frequentare negli ultimi anni. Grazie di cuore Claudio, per il contributo alla diffusione di questa straordinaria tecnica.
Andrea carissimo, è un grande piacere conoscerti.
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Complimenti ,anche per il libro,per l’energia di pace e di serenità che emana ,
con gratitudine,
Anna Maria
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Grazie e complimenti per queste delucidazioni.
Con infinita gratitudine,
Anna Maria
grazie a te del commento e del sostegno