Cos’è la meditazione di consapevolezza e in cosa consiste

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Meditazione di consapevolezza è un termine generico che include Samatha e Vipassana.

In questo momento è molto in voga la parola Mindfulness, che significa “A mente piena”, ovvero l’essere pienamente consapevoli a sé stessi durante le cose che si stanno facendo.

In realtà il termine Mindfulness, che è un termine inglese per la parola italiana “consapevolezza”, è solo uno dei termini che possiamo usare per tradurre la stessa parola dall’italiano all’inglese; un altro termine è “awareness”, che ha un significato di consapevolezza con un senso di “coscienziosità”.

Come vedi ci sono delle sfumature diverse.

Buddha, 2600 anni fa, quando ha “inventato” la Vipassana (che probabilmente esisteva già, lui l’ha strutturata meglio, inserendo anche altre pratiche per rafforzare i fondamenti della consapevolezza) utilizzava il termine “sati”.

Sati è una parola in lingua pali, che noi traduciamo con “consapevolezza”, e significa letteralmente “attenzione”; quindi la qualità di consapevolezza che noi cerchiamo di sviluppare, con Vipassana e altre tecniche suggerite da Buddha, è quella dell’attenzione.

L’attenzione a quello che succede nel qui e ora: questa è la tecnica di consapevolezza.

Sapere che sto parlando, sentire la vibrazione della voce nel mio petto e sentire l’appoggio mentre sono seduto, mi aiuta ad aderire alla realtà; accorgermi anche dello stato emotivo che ho mentre parlo, magari con un interlocutore che può influenzarmi e avere un interscambio con me, ecco, tutto questo è consapevolezza.

È aderire allo stato delle cose così come sono e stare nel qui e ora.

Se invece mi faccio trasportare via dai pensieri, e mi distraggo anche da quello che sto dicendo, divento pure noioso; e mi perdo la vita.

E mi perdo anche il contatto con gli altri.

Perché gli altri sentono il mio distacco, se non sono presente a me stesso.

Quindi aderire alla realtà è consapevolezza, e ci sono delle meditazioni che aiutano e stimolano questa consapevolezza.

La principale è la Vipassana, detta anche Samatha-Vipassana, e adesso è molto diffusa con il nome di Mindfulness.

Come vedi questa angolatura inglese di Mindfulness rende bene l’idea di sati, intendendo sati come presenza mentale e attenzione: stiamo parlando sempre della stessa cosa.

E come funziona la tecnica di consapevolezza?

Si tratta, in primo luogo, di radicare l’attenzione nel qui e ora; all’inizio usiamo uno strumento su cui porre la nostra attenzione, quindi prendiamo sati (l’attenzione) e la indirizziamo rispetto al corpo, per esempio, o rispetto al respiro.

Ecco: il respiro è un classico.

Quindi, all’inizio, prendiamo la nostra attenzione – che altrimenti è distratta, persa in mille pensieri – e la radichiamo ponendola nel respiro.

Tuttavia questo è solo il primo passo, non è ancora la tecnica di consapevolezza; ha anche un altro nome, è una tecnica di focalizzazione e non ancora di consapevolezza.

Ma è il primo passo, fondamentale, per andare oltre e cominciare a sviluppare una consapevolezza rispetto a quello che accade dentro di noi.

Ci possono essere tante cose che possono accadere.

Rispetto al corpo, rispetto alle sensazioni, rispetto agli stati della mente, e rispetto ai fenomeni: sono tutti campi di indagine.

Sono tutti campi in cui noi possiamo effettivamente notare delle cose.

C’è un suono, lo trovo piacevole, e mi accorgo che si è già sviluppato desiderio, brama, attaccamento, voglia di andare lì: la mia mente si è distratta.

Però posso accorgermi di tutti questi meccanismi, e divento quindi consapevole anche del fenomeno.

Quindi, come vedi, sono stato consapevole del corpo, quando l’orecchio è entrato a contatto con il suono; o del corpo, quando i muscoli si sono tesi per andare verso quell’oggetto; ho notato la sensazione piacevole; e ho notato la mente che si è distratta.

Quindi ho notato il corpo, le sensazioni, la mente, e il fenomeno.

Questi sono i quattro pilastri su cui Buddha suggeriva di andare nello specifico per sviluppare questa sati: questa consapevolezza; tant’è che questo discorso prende il nome di “Satipatthana Sutta” (ovvero: i fondamentali della consapevolezza).

Quindi, tornando alla domanda: cos’è la meditazione di consapevolezza e in cosa consiste?

In realtà avrei già risposto, ma mi rendo conto che la risposta potrebbe risultare poco chiara (be’, del resto ho fatto un corso di Vipassana, e mi rendo conte che condensare un corso intero in pochi minuti non è facile, ma se sei qui nel “Come meditare coaching” sei nel posto giusto e ti sarà sempre più chiaro).

Quindi: prima focalizziamo la nostra attenzione, e poi cerchiamo di esercitarci a rimanere attenti a quello che sperimentiamo, momento per momento.

Ogni volta che poi dovessimo accorgerci di esserci distratti, dolcemente, ci appoggiamo al respiro e poi di nuovo estendiamo la nostra consapevolezza a 360 gradi

Ecco quindi che cosa facciamo.

Ed ecco anche in che cosa consiste: consiste nel prenderci del tempo per cercare di indagare e cercare di rimanere connessi, quanto più possibile, con tutto quello che succede.

Attenzione, per essere connessi con quello che succede, dobbiamo essere connessi con quello che c’è, non con quello che vorremmo ci fosse.

Lo ridico, perché è importante: per essere consapevoli dobbiamo essere consapevoli di quello che c’è, non dobbiamo forzare quello che c’è cercando quello che vorremmo ci fosse, perché, facendo così, smettiamo di essere consapevoli.

Quando noi inseguiamo un ideale, smettiamo di aderire alla realtà del fenomeno che c’è adesso; e non andiamo alla radice del fenomeno, non ne capiamo i meccanismi e non capiamo nemmeno il nostro stato mentale, perché, di nuovo, è sorto un pensiero.

Stavo pensando e mi accorgo che stavo pensando, di per sé è un bel momento – significa che non ero inconsapevolmente in balia dei pensieri – però, subito dopo essermi accorto che stavo pensando, ecco un altro pensiero: non dovevo pensare.

E questo è un ideale, un preconcetto: non è vero che non dovevo pensare, io i pensieri li posso osservare.

Il problema è che poi dopo io aderisco a questo pensiero giudicante, e finisco per giudicarmi.

È vero che avevo un pensiero originario, l’ho visto (Wow, l’ho visto!) e poi però mi entra un nuovo pensiero dalla finestra, che mi impedisce di stare con la realtà.

Anche i pensieri possono essere osservati, non c’è nulla da cacciare.

Va tutto bene: tutto è fonte di consapevolezza.

E quando tutto è illuminato dalla luce della consapevolezza, lì ci sono delle trasformazioni importanti.

Perché ci sono delle trasformazioni importanti, e perché è così importante la consapevolezza?

Facciamo un esempio, per essere pratici.

Io conosco molte persone – e io ero tra loro, anzi magari lo sono ancora, perché forse la matrice è quella – che si arrabbiano, e tutti quelli intorno a loro se ne accorgono che si sono irritate, ma loro non se ne accorgono.

Loro pensano di essere “zen”, tranquilli, ma non è così.

Come mai tutti se ne accorgono e tu sei l’unico che non se ne accorge?

Perché, probabilmente, tu giudichi la rabbia inopportuna e non ti concedi di essere arrabbiato, non lo vedi neanche quando lo sei; la reprimi la rabbia, e quindi la alimenti, e allora non c’è soluzione.

Non è reprimendo, o annullando, quello che c’è che noi risolveremo il problema.

Per risolvere il problema noi dobbiamo capire come funzioniamo quando siamo in preda alla rabbia.

Solo così possiamo andare alla radice di quello che ci fa arrabbiare e possiamo capirne i meccanismi (quindi i fenomeni: ti ricordi quando ti dicevo che i fenomeni sono una delle cose da indagare?).

E quando tu vai alla radice del problema il problema non ha più motivo di sorgere, perché hai capito il perché del problema, lo hai realizzato.

Certe volte c’è bisogno di realizzare a diversi livelli (e quindi realizzare ancora e poi ri-realizzare) per risolvere il problema alla radice; ma è questa la via, è questo che trasforma.

Ma come fai ad andare alla radice del problema se ogni volta che c’è un problema lo tronchi e non lo vedi più?

Non è possibile in questo modo.

E quindi ecco come può essere veramente potente la meditazione di consapevolezza, e come la consapevolezza può essere un fattore di grande trasformazione.

Per fare un esempio che faccio volentieri spesso, immagina di stringere in mano dei carboni ardenti: questo ti fa sentire vivo – “Soffro, soffro: quanto mi sento vivo!”; “Amo una donna che mi fa soffrire: quanto la amo!” – ma quando tu apri la mano, e vedi che in mano hai dei carboni ardenti, non li cacci via, cadono da soli: è automatico, basta aprire la mano e guardare cosa c’è.

Però bisogna avere il coraggio di guardare dentro noi stessi, e non chiudere la mano perché quello che ci mostra è spiacevole da vedere.

Non è che tutto quello che vediamo è piacevole da vedere, alcune cose lo sono, altre no; però se non ci apriamo a quello che c’è non potremo trasformare la nostra vita.

Trasformare in meglio, perché quando stiamo con le cose così come sono, stiamo meglio.

Quando invece crediamo a tutte le fandonie che ci dice la mente, ci sono ansie, preoccupazioni, affanni.

“E se mi succede questo?”; “E se mi succede quello?”; “E se non riesco a fare questa cosa?”

Se, se, se…

Sono fantasie.

La consapevolezza ci permette di aderire alla realtà, e trovare la pace.

Molto semplicemente.

Trovi il corso base di meditazione di consapevolezza qui: https://meditazionevipassana.it/corso

il corso avanzato qui: https://comemeditare.it/corsoavanzato

meditazione di consapevolezza

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