Meditazione Vipassana: la meditazione delle meditazioni (secondo me)
“Qual’è la migliore meditazione?” mi viene spesso chiesto…
Forse si aspettano che io dica: “la meditazione vipassana è la migliore tra tutte le tecniche meditative”…
Ma non è vero.. o almeno.. non del tutto..
Noi siamo tutti diversi e io stesso non sono sempre uguale. La mattina sono in un modo la sera in un altro… come un anno fa ero diverso da oggi…
Quindi ogni generalizzazione lascia il tempo che trova..
Io posso dirti che tra le tante tecniche di meditazione la meditazione vipassana è per me – e ribadisco: “per me”- la più semplice, completa, “rilassante” e illuminante.
Ora ti offro uno spettro di possibili meditazioni tra cui scegliere.. cominciamo con la Meditazione Vipassana
Contenuti
Scopriamo assieme perché e quando usare la Meditazione Vipassana
Certo ho dei buoni motivi per dire ciò e adesso provo a spiegarli meglio..
Innanzitutto con “meditazione vipassana” intendiamo una tecnica insegnata 2.600 anni fa dal quell’uomo passato alla storia con l’appellativo del “Buddha” (lo ricordo spesso Buddha era un uomo: non un dio).
“Meditazione Vipassana” è solo una etichetta, un nome in una lingua, il Pali, parlata ai tempi del Buddha.
Questa etichetta non viene usata da altre tecniche Buddhiste, ma ovviamente ne risentono l’influenza.
Se dicessi ad esempio che una meditazione zen fosse uguale ad una vipassana: probabilmente i più esperti non sarebbero d’accordo con me..
ed in effetti ci sono delle sottili differenze, ad esempio sull’uso della postura, ma tra gli stessi esperti di una singola tecnica (ad esempio esperti specifici di meditazione Vipassana) a seconda delle scuole di provenienza si usano sottili differenze.. persino da insegnante ad insegnante.
Ma per chi usa la tecnica, per chi ne fa esperienza, tutto sommato cambia molto poco: specie se è alle prime armi..
In fondo si tratta di mettersi seduti prima a osservare il corpo o il respiro e poi a esplorare cosa succede in noi…
Persino le tecniche buddiste successive, ricche di visualizzazioni e mantra, si poggiano su una forma di meditazione simile alla vipassana anche se poi sviluppano tecniche sempre varie e diverse.
So che potrei essere smentito e non pretendo affatto di avere la ragione assoluta, ed è con una visione personalissima che mi sento di dire che, da un mio punto di vista, la meditazione vipassana ha influenzato fortemente tutte le altre forme di meditazione buddista..
E quelle non buddiste?
Beh la meditazione non l’ha certo inventata Buddha esisteva da millenni già ai tempi suoi (forse persino fin dall’esistenza dell’uomo).
Una forte tradizione infatti è quella vedica, indiana, yogica che è certamente ancora più antica delle meditazioni buddiste.
Tuttavia a me personalmente la meditazione vipassana offre un “piatto completo” fatto sia di raccoglimento sia di osservazione profonda e contatto consapevole con le “cose così come sono”.
Meditazione di Ancoraggio o di Raccoglimento
Molte tecniche meditative offrono un ancoraggio al corpo o al respiro o ad un mantra.
In vipassana questa particolare fase di ancoraggio è chiamata Samatha ed è talmente presente in tutta la vipassana che spesso la stessa meditazione vipassana viene chiamata “samatha-Vipassana”.
Ma l’ancora “lega”, “limita”.. La sua funzione è proprio quella di permetterci di essere più focalizzati e di non dispenderci.. ma il rovescio della medaglia è che ci lega.. ci ancora al respiro o al mantra o al corpo.
Per carità è fantastico riuscire ad essere ben focalizzati e in piena presenza mentale, nel qui ed ora… Il punto e che se voglio essere più con le cose “così come sono” e meno ancorato ad un mantra, ad esempio, avrò bisogno di lasciare un pochino più sciolte le briglie dell’ancoraggio..
In pratica avrò bisogno di entrare nella fase più pura della meditazione Vipassana.
Altre tecniche di meditazione “mirate”
Ma esistono tecniche meditative potenti e suggestive ciascuna con una funzione precisa..
Ovvero non volte, più di tanto, a sviluppare una visione profonda a 360 gradi ma a raggiungere un obiettivo ben preciso.
Ti faccio un esempio molto semplice legato alla stessa tradizione buddista della Meditazione Vipassana –la tradizione Theravada- e si tratta della “pratica di metta”, la pratica di benevolenza.
Questa tecnica serve a favorire l’ “apertura del cuore” ed è in grado di farci sviluppare e dimorare dentro uno stato di accoglienza e pace profonda, migliorando anche la nostra capacità di relazionarci con gli altri: siano questi, amici persone indifferenti o persino persone che ci sembrano a noi ostili.
Come capirai la tecnica nel caso, non è focalizzata sulla consapevolezza in generale (con le cose così come sono), ne sulla sola focalizzazione o raccoglimento (anche se in fase iniziale ci si prende sempre un po’ di tempo per focalizzarci).
Il suo obiettivo è preciso: “sviluppare” qualcosa.. nel nostro esempio l’apertura del cuore.
Molte tecniche quindi hanno un obiettivo preciso.
Queste “meditazioni”, personalmente preferisco chiamarle “fantasie guidate” come quelle usate in psicologia..
Tuttavia alcune rientrano proprio nell’ambito delle pratiche meditative (specie nelle tradizioni tibetane)..
In psicologia ad esempio posso usare una fantasia guidata in uno stato di raccoglimento particolare: quasi una forma di autoipnosi.
Benchè ogni fantasia guidata possa portare benefici specifici ci sono almeno un paio di benefici generici comuni a tutte le fantasie guidate (meditazioni mirate o autosuggestioni).
Mi spiego meglio con un esempio:
Se faccio una fantasia guidata per sviluppare una maggiore autostima e fiducia in me stesso, seguirò delle indicazioni – in una apposita “meditazione guidata” – studiata proprio per ottenere questo beneficio: bene questo era proprio il beneficio specifico che volevo ottenere!
Allo stesso tempo ci sono altri 2 benefici generici comuni a tutte le fantasie guidate (e non solo a quelle per l’autostima).
Il primo riguarda il fatto che è una tecnica immaginativa: ovvero sviluppa in me una immaginazione e me la fa vivere come “reale”.
Il beneficio maggiore delle tecniche immaginative e che poi -nella vita di tutti i giorni- mi sarà più facile replicare l’esperienza che ho precedentemente immaginato.
Un po’ come ritornare in un posto in cui siamo già stati rispetto ad andarci per la prima volta..
Il secondo beneficio è una sottile e più specifica forma di “consapevolezza”..
Certo in questo caso non parliamo della consapevolezza omnicomprensiva tipica della meditazione vipassana..
Ma si tratta pur sempre di un “piccola” ma magari importante, consapevolezza relativa alla micro esperienza che abbiamo fatto, ad esempio rispetto all’autostima.
In altre parole, nell’esempio dell’autostima, mentre seguo la meditazione guidata (la fantasia guidata), posso notare come mi è difficile (o facile) avere autostima e come reagisco a certi stimoli provocati dalla voce che mi conduce..
Quindi non sarò “consapevole” – come nella meditazione Vipassana – delle cose “così come sono”, ma sarò più consapevole del mio livello di autostima.
Facciamo ordine..
Ok quindi personalmente (non me ne vogliano i grandi esperti) classifico le “meditazioni” in 3 grandi categorie:
- Le meditazioni di concentrazione: servono a riportarci al “qui ed ora”. Spesso ancorano la mente al corpo, al respiro (che è sempre corpo) e a mantra.. (in realtà ad ogni esperienza che viviamo nel qui ed ora..)
- Le meditazioni di consapevolezza rispetto alle cose “così come sono”. La meditazione Vipassana (ma ad esempio anche un campanello che suona appositamente per richiamarci all’esperienza che stavamo facendo)
- Le meditazione mirate a creare una specifica caratteristica (meditazioni specifiche, fantasie guidate, programmazioni mentali, autoipnosi, eccetera)
Ma non è una distinzione netta.. Va da se che alcune meditazione posso contenere dei “pezzi” di altre meditazione o alcune meditazione possono rientrare in più categorie (specie la categoria 3 con la 1).
Ad esempio posso usare un mantra per ottenere qualcosa..
O Mentre apro il cuore con la pratica di metta, sto anche in Samatha focalizzato nel qui ed ora…
Insomma non sto elencando queste 3 categorie tanto per “restringere” delle tecniche ad una categoria o ad un’altra, quanto per offrirti delle zone dove andare a cercare la meditazione che ti serve di volta in volta..
Questo infatti è il nostro vero obiettivo capire “quale è la meditazione migliore”
Concludendo: “quale è la meditazione migliore?”
Come avrai capito benché la meditazione che faccio più spesso è la meditazione Vipassana non posso dire che è la migliore, neanche per me stesso che la pratico spesso e volentieri.
Rispetto chi medita in qualsiasi forma: chi usa un mantra, chi fa la meditazione dinamica, chi usa delle suggestioni (anche se qui dipende da quali, ovviamente: se sviluppo il “volere male degli altri” c’è qualcosa che non va..).
(Ovviamente sto parlando delle singole tecniche non dei metodi.. In quel caso non potrei fare altro che portare l’acqua al mio mulino e consigliarti il percorso di meditazione per indaffarati, 7 minuti al giorno per una vita serena e consapevole 😉 )
Quindi quale consigliare?
Io direi che la Meditazione Vipassana è una che va “sempre bene “ o quasi..
Ma se vuoi raccoglierti ed essere più focalizzata/o meglio una della prima categoria.
O se conosci qualche tecnica specifica per ottenere qualcosa di altrettanto specifico (come la pratica di metta), fai pure quella.
Basta che sai cosa vuoi e cosa stai facendo.
Il mio consiglio è: non cambiare in corso di meditazione, ma decidi prima quale meditazione fare e falla dall’inizio alla fine..
Quindi come avrai ben capito, la risposta alla domanda originale è: non esiste una tecnica migliore, ma esiste la migliore per te nel “qui ed ora”.
Che sarà sempre diversa (anche se come nel mio caso spesso è la meditazione vipassana) da persona a persona, e, per la stessa persona: da un momento ad un altro.
Ora se ti senti confuso tra tutte queste possibilità comincia dalla meditazione guidata gratis del “calmo dimorare” e vai tranquilla/o 😉
Ciao Claudio, ultimamente noto che spesso durante la pratica di vipassana i pensieri sono più grossolani, quasi come quelli tipici del dormiveglia. Non credo sia esattamente torpore. O forse si. Osservo le immagini a volte insensate sorgere e poi svanire sotto la luce della mia attenzione. Cosa sta accadendo? È quella che si chiama “mente che sprofonda”? O è solo una mente che dopo un anno di pratica prova a resistere al vuoto creando immagini? O gorse ancora, è concentrazione non abbastanza supportata dal fattore energia? Aiuto! 😉 grazie di avermi letto.. 🙂 p.s. vado avanti nella pratica con entusiasmo, ma un aiutino ogni tanto serve a sciogliere qualche nodo…
mi pare che cominci ad osservare per bene i pensieri.
Personalmente noto una differenza tra i pensieri che appaiono normalmente da quelli che appaiono quando ho sonno: i secondi sembrano già avere una caratteristica onirica e meno “ponderata”.. ma continua a osservare e scopri come è per te.
Ciao Claudio, medito da mesi subito dopo aver bevuto un caffè, al mattino presto. Il mio dubbio è: quanto influisce il caffè preso immediatamente prima della pratica sulla pratica stessa? Oggi ho provato a meditare senza prenderlo. Ho notato che la mente senza caffè tende a divagare meno, magari a tratti c è un lieve torpore, tuttavia ho notato che nei momenti di assenza di pensiero la mente non cerca a tutti i costi di andare da qualche parte ma resta in quel vuoto più facilmente. Magari la concentrazione è leggermente minore, ma anche l’iperattivita. Che ne pensi? Grazie di tutto..
ciao Raffaele, innanzitutto i congratulo per riuscire a cogliere queste differenze: hai una buona capacità di osservazione (che nella meditazione è tutto).
Io prendo il caffè ed anche io noto spesso queste differenze tra prenderlo e non prenderlo.
Le scuole di meditazione tendono a dire di non usare sostanze che alterano la mente (in alcune tradizioni buddiste è tollerato il the). Anzi uno dei 5 “precetti” buddisti è proprio quello di evitare sostanze che alterano lo stato della mente.
Come ti dicevo anche io lo prendo ma da quando medito lo prendo in modo più attento e consapevole. Inoltre il vino, che continua a piacermi, tendo a berlo molto meno: da quando medito sono quasi diventato astemio.
Non perchè non mi piace il vino, ma perchè, di volta in volta, preferisco non alterare la mente.
Non è una scelta che ho fatto definitiva del tipo “voglio smettere e non berrò più vino” ma sto con quello che c’è nel “qui ed ora” e scopro che la stragrande maggioranza delle volte non ne ho voglia.
spero che questa condivisione ti sa in qualche modo di aiuto
Grazie infinte!!
prego è un piacere!
ciao, stare con ciò che c’è puo anche significare accorgersi di avere sonno e decidere di abbandonarcisi.
Ovviamente in quel caso abbandoni la meditazione e accogli il sonno: meglio se prendi questa decisione consapevolmente, piuttosto che lasciare che accada senza che decidi tu.
la differenza è sottile, ma importante…
Come hai descritto bene infatti la meditazione vipassana (ma anche la samatha) è: “stato di non pensiero vigilante” (mi piace molto come descrizione).
Quando dormi smetti di essere “vigilante” e ti abbandoni ai suggerimenti che la mente rilascia nel sonno.
ovviamente: va sempre “tutto bene”, tutto è perfetto “così com’è”, sia se dormi sia che sei vigile: specie se sei tu a decidere consapevolmente
Grazie caro Claudio per tutto,
generalmente parto con un mantra con cui raggiungo una buona profondità meditante. Poi passo alla
Vipassana e lentamente entro come in uno stato di non pensiero vigilante. Qualche volta mi addormento
ma succede quando medito per riprendermi dalla stanchezza a fine giornata o dopo avere mangiato.
Cerco però di resistere anche se non mi dispiace annullarmi per qualche minuto e riprendere le forze.
Si fà per dire per le forze: qualcosina si riprende ma credo di dovere mangiare ancora tanti panini prima
di arrivare ad eseguire bene ed in modalità “rigenerante” una bella meditazione. Ora andrò in ferie e potrò
esercitarmi molto. Ciao, anche a te un sereno periodo di riposo e tanti ringraziamenti, Luigi
Ciao a tutti e da qualche mese che seguo il tuo canale youtube e sempre da un po di mesi dallo yoga “ginnico”ho scoperto cosa e veramente e mi sono buttato sul Raja yoga e sulla meditazione .
Pratico ormai giornalmente la vipassana..
Medito sul lavoro se ho una mezzoretta libera se no la sera sul tappeto di casa .
Ma il mio probblema e che sento sempre piu nelle conferenze ecc…parlare dell osservazione dello spazio tra un pensiero e l altro cioe della non mente ..
Proprio uno degli adepti italiani di Osho che e stato con lui per 12 anni fino alla sua morte un certo Azima (soprannome ) parla di non mente per tutti i piu grandi illuminati della storia esistiti o meno da Osho, Buddha ,Cristo, Lao Zu ,Mahavira…ecc.
Mi spiego meglio…asserisce che questi potevano entrare ed uscire a piacimento dallo stato di non mente a quello vigile e viceversa …addirittura Osho in uno dei sui discorsi sul canale dell osho fondation dice che dopo anni non ce piu bisogno di meditare se si riesce ad avere una mente meditativa costante….
Insomma il punto e ma come si fa ad ampliare lo spazio tra i pensieri?
Io l altro giorno ero in uno stato particolarmente ansiogeno ..e riuscivo a malapena a sedermi per cercare di meditare 10 minuti ….piu che meditare calmarmi un atttimo ….
Come si raggiunge lo stato di non mente ?? sarei molto interessato …finora lo stato di non mente (fittizio) di cui ho esperienza e nel prendere un sonnifero o alcol…dove perdi i sensi e ti addormenti…
Osho e non solo lui parla della meditazione come di un alternativa senza effetti collaterali alle droghe alcol ecc…quanti anni e quanta buddita interiore ci vuole ??? ciao so che la risposta e molto ostica ma pultroppo la mia vita e alla continua ricerca della verita!….ciao
ciao Roberto, è una bella aspirazione quella che hai.
Difatto è uno stato di Liberazione, oserei dire, di illuminazione.
Io ci lavoro da molti anni, benchè rimanga una mia aspirazione (che evidentemente non ho ottenuto) la mia vita è molto migliorata aumentando questi momenti.
La meditazione per indaffarati enfatizza specialmente l’uso quotidiano della presenza a se stessi proprio per allenarci ad essere presenti non solo nel momento in cui siamo seduti a meditare ma mente siamo indaffarati nelle nostre normali occupazioni quotidiane (quindi vale anche per chi non lavora).
Il mio consiglio è: fai molta pratica meditativa senza ansia, ma con attenzione e gioia nel cuore