Quando la mente invade l’esperienza
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la Domanda di Daniela
Daniela chiede:
“Caro Claudio, più che una domanda è una invocazione di aiuto.
Quando, soprattutto durante la meditazione, mi sgorga un’evidenza, un’intuizione – come posso chiamarla, “enlightment”? (puoi anche chiamarla così, spesso si chiama “insight” n.d.Claudio) – e questa esperienza mi fa stare bene, senza se e senza ma, ecco che la mente mi propone di razionalizzare, di rivestire di parole: inutili, in quanto nulla aggiungono né spiegano su quanto provato.
Pur consapevole di questa invadenza della mente in campi che non sono di sua pertinenza, anche se torno al respiro mi rimane un senso di incompiuto, di nostalgia.”
Daniela ha quindi degli insight, delle intuizioni, le chiama enlightment, e sono proprio delle piccole illuminazioni: sono delle esperienze chiamate anche “Ah ah! Experience”, oppure anche “Eureka”, in cui cominci a capire delle cose.
Si tratta di una comprensione anzitutto esperienziale, una realizzazione: non è una comprensione prettamente cognitiva, ma proprio una realizzazione, a tutto tondo.
C’è quindi una parte esperienziale, ma c’è anche effettivamente una parte cognitiva che riconosce questa esperienza, le dà un’etichetta.
E va bene così, noi abbiamo una mente, e, in questo caso, la mente è al servizio di questa esperienza.
Poi, Daniela nota che questa mente si insinua, vorrebbe razionalizzare, vorrebbe raffreddare l’esperienza, cominciare a catalogarla, etichettarla; utilizzando questo emisfero più cognitivo, che si allontana un po’ dall’emozione e dal vissuto.
Leggo ancora le parole di Daniela, che ben descrivono la situazione:
“Ecco che la mente mi propone di razionalizzare, di rivestire di parole: inutili, in quanto nulla aggiungono né spiegano su quanto provato.”
Certo, si tratta di una realizzazione: è difficile da spiegare.
Io ho notato che molti miei allievi – ed è un’esperienza che ho notato anch’io – dopo un po’ che meditano dicono: “Claudio, ma lo sai che le foglie… sono verdi?!”
Erano verdi anche prima.
È evidente che noi sapevamo già che le foglie sono verdi, ma che cosa c’è dietro questa affermazione?
C’è una presenza, una assoluta aderenza alla bellezza che ci circonda nel qui e ora; se è fatta di cose naturali, come delle bellissime foglie, ecco che queste diventano splendide.
E quindi c’è, in questa esperienza, qualche cosa che, a parole, è banale: le foglie sono verdi, certo, lo erano anche prima.
Cambia la qualità dell’osservatore, perché è totalmente immerso nell’esperienza che sta vivendo.
Ora andiamo alla difficoltà di Daniela, che dice che le rimane un senso di incompiuto e di nostalgia.
Il bello della Vipassana è che “tutto fa brodo”: tutto insegna qualcosa, anche il nostro modo di vedere la realtà, cioè i nostri pensieri.
I pensieri, si dice, che sono degli ottimi servitori; noi abbiamo una mente, ed è una cosa rara, un qualcosa di molto potente per noi esseri umani: è un dono.
È un dono finché noi utilizziamo proattivamente le nostre facoltà mentali.
Diventa un problema quando invece siamo trascinati da questi pensieri, ed è un qualcosa che succede, ahimè, durante gran parte del nostro tempo, quando diventiamo succubi dei nostri pensieri; perché, come dicevo, i pensieri sono sì degli ottimi servitori, ma sono dei pessimi padroni.
Il fatto che ti accorgi che con la mente hai etichettato, va benissimo; il fatto che ti accorgi che la mente vuole trovare un suo spazio, e cominciare a trascinarti via in ragionamenti che, ti accorgi, non aggiungono nulla all’esperienza, va bene anche questo.
Perché, il fatto di accorgertene, vuol dire che continui ad avere una posizione da testimone rispetto a quello che sta succedendo, e di quello che la tua mente sta facendo.
Poi sai se attivarla o no questa mente e, nel caso specifico, non la attivi e torni all’esperienza.
Però, probabilmente, una parte di te avrebbe voluto continuare questo gioco intellettuale.
Nota questa parte di te, voglile bene; nota anche la frustrazione, nota anche l’incompiuto, con tutto il senso di nostalgia che ci può essere.
E va benissimo, tutto fa brodo, anche questo senso di incompiuto può essere osservato e trasceso.
L’importante è mantenere attiva questa parte del testimone.
La domanda di Roberto
Ora voltiamo un attimo pagina e passiamo apparentemente ad un caso diverso, che è il caso di Roberto:
“Non appena comincio a meditare mi viene istintivo cominciare ad organizzare mentalmente le mie giornate.
All’inizio questo mi dava l’impressione che grazie alla meditazione stessi diventando più produttivo e organizzato, poi però ho capito che era un qualcosa di invalidante ai fini della meditazione.”
Lui, immagino, comincia a meditare la mattina, e inizia ad organizzare mentalmente la sua giornata.
Una delle cose belle che ci fa fare la meditazione – e che è quello che ci apre agli insight – è che ci fa uscire da uno stato di mente ordinaria, piena di mille pensieri e di distrazioni, e si comincia a fare spazio, in modo che i pensieri più inutili si diradano.
E questo porta a una lucidità mentale che fa emergere delle idee – spesso delle intuizioni davvero ottime – e così può partire, potenzialmente, anche la programmazione della giornata.
Quindi: cosa vuoi?
Vuoi meditare?
Vuoi programmare la giornata?
Se c’è un’idea, molto buona, che è sorta in meditazione, prendi nota un attimo velocemente – magari una parola che ti aiuta a ricordarti quel concetto – e poi volta pagina, torna a stare con quello che c’è; noi non meditiamo per fare uscire tutti questi pensieri.
A meno che tu non lo faccia apposta.
Però, se io ti dicessi: mettiti lì, autorizzati a fare una sessione (che è una finta meditazione, ma ti serve per far emergere i pensieri), probabilmente autorizzandoti a far emergere i pensieri, continueresti a stare in uno stato mentale ordinario e queste intuizioni non ti verrebbero allo stesso modo.
Puoi provare a sperimentarlo.
Se vuoi una esperienza meditativa e il tuo focus principale è meditare (e non prendere nota), e se non riesci a prendere un appunto veloce per tornare a meditare e continui a organizzare la giornata, intanto osserva che stai facendo questo.
Non perdere l’osservatore, cioè non perderti nell’organizzazione ma accorgiti di quello che sta succedendo – come già stai facendo e come faceva anche Daniela – e continua a mantenere la presenza.
Tutto può essere osservato, anche la nostra tendenza ad organizzare la giornata.
Non c’è in questo un qualcosa di sbagliato, il pericolo è che noi continuiamo a giudicare quello che facciamo e i pensieri tornino a insinuarsi, a furia di dire: “Questo va bene” e “Questo non va bene”.
Che in parte ci sta, ma l’importante e tornare poi all’esperienza di quello che c’è.
Certo, anche questi pensieri fanno parte dell’esperienza di quello che c’è: ecco perché in Vipassana tutto può essere osservato.
Persino il nostro giudicare noi stessi, il non volere i pensieri: tutto fa brodo e tutto può essere osservato.
E questo, attenzione, lasciando sempre accesa la luce della presenza.
Non c’è bisogno di cacciarli via i pensieri, basta notarli e, se sono troppo invadenti, tornare semplicemente a sperimentare il respiro e quello che c’è.
Ricordo che anche i pensieri possono essere sperimentati, puoi notare come ti fanno stare; Daniela lo ha notato bene di come poi le rimane un senso di incompiuto.
E i pensieri lasciano spesso un senso di incompiuto.
Perché cominci un ragionamento e, senza neanche accorgertene, non lo hai neanche finito che ne hai già cominciato un altro.
“Devo andare a fare la spesa”, “Ho finito il basilico”, “Non ho travasato la piantina”, “Devo innaffiare l’orto”… associazioni strane che ti portano a iniziare tante cose e a non finirne nessuna.
Queste sono cose che ho notato e che riguardano la mia esperienza, per la tua: nota tu.
Tornando a Roberto, effettivamente la meditazione aiuta a essere più produttivi e ad avere una mente più chiara; è vero.
E poi comunque ti rimane come bagaglio.
Quando chiudi la meditazione magari non ti ricordi tutte le intuizioni che hai avuto (e se non te le ricordi, in fondo non erano poi così importanti), ma questo bagaglio di maggiore chiarezza mentale te lo ritrovi anche durante la giornata, ti verranno più facilmente delle intuizioni anche in ambito lavorativo.
Quindi cerca di meditare per meditare, perché poi questo bagaglio di presenza ti sarà utile anche a beneficio del lavoro e del resto della tua giornata.