Disagio nel fare la pratica di Metta

la meditazione del cuore

Mi hanno chiesto: “Perché ad alcuni non piace molto la Pratica di Benevolenza?

guarda il video o continua a leggerne la trascrizione sotto:

Credo di aver capito cosa si intende con questa domanda: chi ha cominciato a meditare da un po’, e ha fatto un po’ di Vipassana, un po’ di meditazione sul respiro, e ha iniziato a sviluppare la consapevolezza per imparare a stare con quello che c’è – perché con Mindfulness e Vipassana è a questo che ci alleniamo – si è abituato a stare con le cose così come sono, senza cambiare nulla.

Con Metta, invece, noi andiamo a coltivare qualcosa che non è presente, o che è latente ma che ha bisogno di essere, per così dire, “innaffiato”.

Tant’è che queste meditazioni si chiamano Bhavana, ovvero “coltivazioni”: Bhavana è un termine in lingua pali, la lingua usata da Buddha, e significa per l’appunto “coltivare”, “alimentare”.

Quello dell’amorevolezza e della gentilezza amorevole, è uno stato superiore che talvolta ha bisogno di essere coltivato; è necessario innaffiare il seme della gentilezza perché, spesso, non c’è.

Se, come dicevo prima, sto nella sofferenza, sono immerso nella privazione, nella rabbia e nella paura, il mio cuore sarà chiuso, come se avesse una corazza.

Ma avere questa chiusura, questa corazza attorno al cuore, è davvero pesante.

Da una parte questa corazza mi serve, ho bisogno di sentirmi protetto; ma, dall’altra, questa protezione mi pesa troppo.

Tra l’altro, una delle cose belle della pratica della benevolenza, oltre il suo essere davvero molto piacevole quando riesci a sintonizzarti con la sua energia, è il fatto che dai amore.

Quando dai amore, all’inizio, lo dai come se lo prendessi da dentro te – la prima cosa infatti è “Che io sia felice”: alimenti l’energia dentro di te e la dai fuori – ma ti accorgi che, anche se ne dai, dentro di te ce n’è ancora, poi la dai di nuovo, e… ti accorgi di averne ancora di più!

Più dai amorevolezza e più cresce, in un circolo virtuoso pazzesco: più cerchi di esaurirlo, mandandolo verso l’esterno, e più te lo ritrovi dentro.

Si crea un circolo bellissimo quando riusciamo ad essere sintonizzati con quella emozione, camminiamo a un passo dal cielo.

Come quando siamo innamorati.

Siamo innamorati, di una ragazza o di un ragazzo, e in quel momento è tutto bello.

Noi sono belli solo il ragazzo o la ragazza, è bello tutto: è bello il lavoro, è bella tua mamma, qualunque cosa lo è.

Quando siamo sintonizzati sull’amore, al di là dell’oggetto che lo ha scatenato, ecco che ci alleggeriamo tantissimo.

Quindi l’invito è di sintonizzarci con questa energia.

Senza un oggetto esterno, possiamo trovare questa sintonia dentro di noi, ed ecco perché è utile coltivare Metta.

Spesso però Metta va stimolata, proprio perché manca, in quanto molto spesso siamo troppo assorbiti dai nostri schemi di pensiero.

È vero che spesso, con Vipassana, la meditazione di presenza mentale ci aiuta a sfrondare questi pensieri, e ad alleggerire le nostre corazze, ma non è un qualcosa di automatico.

Può capitare, e capita, che, alleggerendo tutte le corazze che abbiamo, il nostro cuore si apra spontaneamente; il gesto dell’illuminazione è quello di un fiore di loto che sboccia, proprio come un cuore che si apre.

L’illuminato ha il cuore aperto.

Pratica-di-metta_disagioQuindi, sfrondare con Vipassana è utile ma, ripeto, l’apertura del cuore non è automatica; perciò, andarla a stimolare, lo stuzzica un po’ di più questo stato emotivo.

E quindi: perché no?

Poi, certo, andare a stimolare qualcosa che non c’è, o è latente, appare artificiale; se fosse quello che c’è, sarebbe più semplice.

Quindi è normale che possiamo vivere come un artifizio, o quantomeno con un po’ di difficoltà, una pratica che stimola un qualcosa che, o manca, oppure ha bisogno di essere coltivato.

Quindi ci sta, che questa pratica possa essere percepita con un senso di difficoltà o di disagio: è umanissimo.

Invito comunque a cogliere anche questa difficoltà, e ha volerci bene nonostante essa.

Tuttavia, io che sono un amante della Vipassana e ritengo che quella sia la strada maestra, invito anche a non sottovalutare il potere, oltre che di Metta, delle Quattro Dimore Sublimi in generale.

Ovvero: la benevolenza, la compassione, la gioia compartecipe e l’equanimità.

Queste quattro qualità possono essere alimentate e darci, come si dice, un grosso boost: una grossa accelerazione verso il risveglio.

Tant’è che Buddha le definiva necessarie per raggiungere il risveglio di primo livello.

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