Aspetto psicologico del buddismo

psicologia nel buddhismo Mi si dice:

“Ho poco presente l’aspetto psicologico del buddismo.

Mi rendo conto che chiedo molto, ma se tu volessi approfondire l’argomento ti ascolterei volentieri”.

Anche se questa è una domanda che ho ricevuto su youtube, l’ho voluta portare qui a beneficio degli utenti del “Come meditare coaching” perché penso che sia una domanda che effettivamente possa risultare utile; poi avrò modo di rispondere anche alle altre domande.

In che modo l’aspetto psicologico c’entra con il buddismo?

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Alle origini della psicologia moderna

Se lo prendiamo dal punto di vista della nostra psicologia, se noi guardiamo le sue origini, possiamo dire che la dobbiamo in qualche modo a Freud.

Però non è che Freud nasce così dall’oggi al domani, nasce all’interno di un pensiero fortemente influenzato dalla filosofia occidentale; una filosofia che aveva prodotto l’umanesimo, e gli umanisti, come per esempio Schopenhauer, avevano attinto molto da una cultura orientale che sempre più cominciava ad affacciarsi e ad influenzare sempre più la nostra cultura e il nostro pensiero occidentale.

Per esempio si parla del velo di Maya; oppure, sempre Schopenhauer, parlava del pendolo del dolore: del come noi passiamo dal dolore alla noia, ovvero dal dolore – perché, quando siamo attaccati alle cose, ci manca sempre qualcosa – alla noia, che sopraggiunge quando abbiamo ottenuto quel qualcosa, passando per un intervallo fugace e illusorio, tra i due estremi del dolore e della noia, che la gioia.

È una visione un po’ triste, ma è vero che l’attaccamento – almeno dal punto di vista del buddismo – può portare a questa forma di dolore.

Quindi possiamo dire che, dal punto di vista storico, il pensiero orientale ha quasi certamente influenzato una maggiore voglia di attingere alla nostra mente.

Mentre in oriente lo si è sempre fatto, perché il suo pensiero si è sempre spinto in quella direzione.

La mente al centro del pensiero e delle pratiche buddiste

E per quanto riguarda il buddismo, Buddha insiste sul fatto che la nostra realtà è creata quasi interamente dalla nostra mente: la nostra sofferenza è legata nella nostra mente, e quindi la nostra mente è sia la causa della sofferenza che il mezzo con cui risolvere la nostra sofferenza.

Il lavoro del buddismo, specie di quello originario (definito da alcuni Hinayana, che fa parte del buddismo Theravada  e segue gli antichi dettami del Buddha) è molto incentrato sul lavorare su sé stessi.

Qualcosa che in realtà facciamo anche noi occidentali: quando sul tempio greco c’era scritto “conosci te stesso”, questo era un invito a conoscerci, e a capire molti dei nostri meccanismo mentali.

Gran parte del lavoro del buddismo è quello di smascherare i meccanismi mentali che ci portano alla sofferenza;

Diciamo che è un grande test di realtà, e in questa osservazione della realtà c’è uno smascherare tutti quei meccanismi mentali che fanno sì che noi ci identifichiamo con alcune cose, di come sbagliamo certe interpretazioni mentali, e di come la mente sia la soluzione per le nostre sofferenze.

Quello che Buddha stimolava a fare, e che ha insegnato per i suoi quaranta anni di insegnamento (dalla sua illuminazione attorno ai quarant’anni fino alla morte verso gli ottanta), era di guardarci dentro e di osservare i nostri meccanismo mentali.

Poi, quando scopriamo chi siamo veramente e come stiamo nel mondo, scopriamo che non c’è tutta questa separazione tra noi e il mondo e impariamo ad amare noi stessi e gli altri.

In seguito il buddismo si focalizzerà soprattutto sul secondo aspetto, e quindi meno su di noi e più sull’aiutare gli altri, ma il buddismo delle origini è profondamente psicologico; ovviamente anche il buddismo successivo non può trascendere da questo lavoro su di sé.

Credo di aver detto per sommi capi cosa c’è di psicologico nel buddismo.

focus nel “qui ed ora”

Io ho studiato counseling, i miei insegnanti erano quasi tutti psicologi e quindi ho studiato su molti libri di psicologia, e devo dire che molte cose che ho studiato nel buddismo le ho ritrovate quasi tutte nello studio della mente umana attraverso l’approccio psicologico, soprattutto quello del counseling che è molto focalizzato sulle dinamiche che si mettono in atto nel qui e ora.

Lo stesso termine qui e ora lo si ritrova sia in ambito psicologico che in quello del lavoro spirituale, e spesso le due cose possono combaciare.

Guarda il video – Aspetto psicologico del buddismo

tratto dal Come meditare Coaching

clicca qui per sapere di cosa si tratta: www.comemeditare.it/proposta

17 risposte

  1. Buongiorno Claudio,
    sarei felice di ricevere delucidazioni riguardo gli aspetti basilari del Buddhismo, come le 4 nobili verità eec.
    Un saluto

  2. Grazie Claudio! Come sempre disponibile a rispondere in maniera breve e preziosa, due qualità difficili da mettere insieme.
    Secondo me quasi tutta la “psicologia” da quella buddhista a quasi tutti i formatori, si è fermata a 50 anni fa. Il suo compimento (efficacissimo) sta negli sviluppi delle scoperte di MacLean sul cervello trino, sviluppate poi da Goleman (e per vie parallele da Benjamin Libet) e perfezionate da Origgi. Parlare di MENTE UMANA NON HA PIU’ NESSUN SENSO, abbiamo tre Menti che collaborano in una Unità, l’essere umano, Menti evolutivamente, strutturalmente, e biochimicamente diversissime, metterle in un unico termine toglie molte possibilità di capire noi stesse/i e il Divino.
    Buona VITA a TUTTE E TUTTI!

    1. non conosco questo approccio psicologico pur avendo studiato un po’ di psicologia (ho più una formazione da counselor). Tuttavia anche nel buddismo si parla di una forma relativa della mente ed una mente assoluta. Oltre ai vari intervalli riguardanti altrettanti stati mentali detti bardo, ma questo è un’altro discorso.

    1. ciao Paola, si esatto, anche: il processo è più strutturato comunque ed è legato alle sensazioni, agli organi di senso e alla mente sicuramente si estrinseca come hai detto con ciò che è gradevole con ciò che è sgradevole e con ciò che ci è indifferente

  3. Sto leggendo il libro “Esoterismo monastico” di Anthony Elenjimittam. L’autore descrive la sua esperienza pluridecennale nei monasteri buddisti, negli ashram induisti e nei conventi cristiani. In alcune parti del libro descrive il parallelismo tra la filosofia buddista e l’aspetto dell’autorealizzazione. Sono interessato all’argomento. Grazie

  4. Il buddismo mi ha sempre incuriosito ,ma non ho mai potuto approfondirlo, perciò ritengo molto interessante poter approfondire questa particolare religione

  5. È una religione che mi affascina e sto leggendo dei libri di Daisaku Ikeda.Faccio meditazione recitando Nam Mio ho Renghe Ch’io secondo la Soka Kakkai.

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