Come concentrarsi per meditare

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 Concentrarsi nella meditazione è fondamentale, diciamo che è un passo obbligato.

La fortuna, per chi ha esercitato a lungo la meditazione, è quella di riuscire a fare questo passo con estrema velocità; tuttavia, la maggior parte delle persone ha una grande difficoltà con la concentrazione.

Siamo anche in un’epoca in cui concentrarsi è diventato difficilissimo.

Siamo distratti di continuo, abbiamo un cellulare che richiama la nostra attenzione assiduamente; anzi, a tal proposito, mi permetto di consigliare di togliere più notifiche possibile: almeno quelle dei social network sarebbe meglio evitarle; io, personalmente, non ho nemmeno installato nel cellulare Facebook o cose del genere (uso WhatsApp, perché mio fratello è sordo – e il suo canale principale per comunicare è quello – e quindi lo deve usare principalmente per questo motivo, e devo tenere le notifiche accese; ma non tengo accese tutte le notifiche – come quelle di tutti i gruppi a cui appartengo: ho attivato solo quelle principali, delle persone più importanti con cui comunico).

Comunque non è solo il cellulare a distrarci, viviamo in un mondo pieno di stimoli, come telegiornali da tutte le parti ecc.

Insomma, siamo continuamente tirati per la giacchetta da qualcuno che vuole la nostra attenzione; e quindi, a maggior ragione, diventa utile – più andiamo verso un’esasperazione di richiamo di attenzione, come sta già succedendo – sviluppare in noi la capacità di concentrarci.

E quindi come fare per concentrarsi?

Sicuramente lo strumento principe è, nell’ambito della meditazione, il respiro: questo è un oggetto su cui porre la nostra attenzione, e che ci aiuta a concentrarci.

Perché, cos’è che facciamo quando ci concentriamo?

Cerchiamo di focalizzarci.

Quando parlo di concentrazione, non vorrei essere equivocato; mi piace ricordare che la concentrazione, in ambito meditativo, ha più la caratteristica della focalizzazione: ovvero, prendere un oggetto e focalizzarsi su quello.

Non è sforzosa, o meglio, un retto sforzo – inteso come un richiamo equilibrato all’attenzione e all’essere presenti senza distrazioni – è fondamentale; in questo senso è utile mettere quell’energia, quello “sforzo”, e ricordarci di essere presenti.

Ma mentre ci stiamo concentrando, focalizzandoci su un oggetto come il respiro – quindi su un “qualcosa” – questo sforzo non deve essere eccessivo; non è come concentrarsi quando guidi nella nebbia, quando ti vengono le vene che pulsano sulle tempie, non è quel tipo di concentrazione lì.

È un tipo di focalizzazione leggero, uno sforzo piacevole.

Ritrovarci focalizzati è piacevole.

Tant’è che il termine che si usa per parlare di concentrazione è Samadhi, ovvero uno stato di assorbimento mentale molto tranquillo e pacifico.

Quando siamo focalizzati non c’è più uno sforzo eccessivo, ma c’è uno stato di quiete.

Certo, non è uno stato che si raggiunge necessariamente subito, ci sono delle volte in cui siamo più distratti e facciamo molta più fatica a concentrarci, e ci sono delle volte in cui questo stato di quiete lo raggiungiamo, e poi lo perdiamo.

Tutto questo è normale, fa tutto parte del percorso.

Il nostro obbiettivo non è necessariamente quello di riuscire a essere focalizzati, perché potrebbe essere frustrante non riuscirci quando si pensa che questo sia fondamentale.

La parte fondamentale è tentare di focalizzarci, più che riuscirci a tutti i costi; anche perché più ci provi a tutti i costi e meno ti avvicini alla vera concentrazione, perché nasce la frustrazione, oppure ti distrai con pensieri come: “Non ci riesco”, “Non fa per me”, “Ma come si fa?”; e tutto questo non ti aiuta.

Quindi il modo migliore per abbandonare questi pensieri è, semplicemente, quello di stare con la difficoltà, con quello che c’è.

Quindi se in quel momento c’è difficoltà a concentrarti, cerchi di stare con quello che in quel momento sta accadendo; e questo rasserena, e ti aiuta a focalizzare.

Cos’è quindi che facciamo veramente?

Dicevamo: puntiamo l’attenzione al respiro.

Prima di fare questo, è consigliabile creare un “microclima” che favorisca la concentrazione.

Ad esempio chiudere gli occhi (che non è fondamentale in ambito meditativo, anzi, ci sono delle tecniche meditative – come lo zazen – in cui gli occhi vengono tenuti aperti), tuttavia lo scopo principale in meditazione è quello di non distrarsi con lo sguardo, quindi, se non hai difficoltà a farlo, il mio consiglio è quello di tenerli chiusi gli occhi; altrimenti, cercherai di puntare gli occhi in una zona che non ti distragga (magari in basso) e, magari tenendoli socchiusi, cerchi di rivolgere lo sguardo all’interno.

Quindi, occhi chiusi sarebbe l’ideale.

Se ti siedi, ti aiuta (perché in piedi siamo più agitati); se sei comodo è meglio, ma non troppo abbandonato – ovvero appoggiato sullo schienale o comunque troppo rilassato – perché non saresti concentrato, e saresti distratto, troppo abbandonato.

Quindi per concentrarci abbiamo bisogno di un certo equilibro, di una certa presenza; e, al contempo, di una certa rilassatezza.

E allora: occhi chiusi; schiena dritta, non rigida; tranquilli, ma non abbandonati, e comunque presenti (e la schiena dritta ci aiuta in questo, a mantenere un buon equilibrio: e il corpo così lo abbandoni, lo rilassi completamene; se la schiena è ben dritta, e non sei abbandonato totalmente , puoi però “abbandonare” il resto del corpo su questa verticalità della colonna vertebrale).

Tutta questa preparazione già aiuta a concentrarti.

E poi, cosa fai?

Dal momento che, comunque, le distrazioni continueranno a emergere (la mente, vedrai come cavalca; i suoni, e mille altre cose, ti distrarranno), ebbene, non si tratta di cacciare via tutte queste distrazioni (assolutamente): si tratta, invece, di fare un po’ come si faceva con le vecchie macchine fotografiche – col focus, che zoomavano e mettevi a fuoco – e di mettere a fuoco un oggetto, rispetto a tutto il resto.

Quindi non è che cancelli tutto il resto, semplicemente punti tutta la tua attenzione (la tua energia) verso un oggetto, che nella stragrande maggioranza dei casi – e che io, comunque, consiglio di usare come oggetto di concentrazione – che è il respiro.

Quindi, ripeto, poni tua attenzione al respiro, e tutto il resto – gli stimoli, i suoni, i pensieri che dovessero emergere – non li cacci via, non ce n’è bisogno, ma semplicemente non gli dai spago.

Ti accorgi che – come nell’esempio della macchina fotografica – stai puntando tutta la tua attenzione a un nuovo stimolo (come un suono che ti ha distratto, per esempio), e in questo caso tu riponi, invece, tutta la tua attenzione al respiro.

Questo è lo strumento principale per riuscire a focalizzarci.

Ripeto, ci saranno delle volte in cui ti verrà più facile, e ci riuscirai; ci saranno delle volte in cui, pur riuscendoci, ti ridistrarrai dopo un po’; e ci saranno delle volte in cui avrai più difficoltà.

Va tutto bene.

Il vero lavoro non è riuscire necessariamente a concentrarti, ma è allenare la capacità di essere attenti, e allenare la capacità di poterti focalizzare.

Ripeto, più vorrai proiettarti nel futuro rispetto a un obbiettivo – come quello di essere concentrato a tutti i costi o quello di stare per forza in uno stato di grande assorbimento mentale – e più ti allontanerai da questo obbiettivo, perché smetterai di essere nel qui e ora con quello c’è, e tenderai a sostituirlo con quello che vorresti che ci fosse.

Focalizzarsi è quindi un esercizio fondamentale per andare poi in visione profonda, e quindi in consapevolezza.

Diciamo che il clou della meditazione in generale è già questo; chi riesce a focalizzarsi riesce, di fatto, a meditare.

Ci sono delle tecniche, come la meditazione trascendentale, che usa come oggetto meditativo un mantra, e che si basa proprio su questo esercizio: cioè su una focalizzazione sul mantra; poi, magari, c’è tutto l’aspetto del mantra in sé, ma – al di là del punto di vista tecnico di attenzione sul mantra (che potrebbe, volendo, essere anche un’altra cosa) – già solo questa tecnica ti permette di stare in uno stato di assorbimento mentale particolare.

E vedrai che, nonostante la percezione di te che puoi avere, nel qui e ora, di sentirti distratto, potrai notare che invece, di fatto, stai affinando l’abilità di focalizzarti su un aspetto e di poter rilassare completamente il resto, permettendogli di andare completamente sullo sfondo.

Questa è la vera capacità di concentrazione.

Non è un qualcosa di esclusivo, non è che cancelli tutto il resto (come con Photoshop, in cui ti concentri su un unico aspetto e cancelli dall’immagine tutto il resto), semplicemente fai in modo che il tuo focus sia ben preciso su di un oggetto (e quell’oggetto ti invito a far sì che sia il respiro).

E vedrai che con queste indicazioni riuscirai sempre di più a concentrarti e a esercitarti sempre più a sviluppare questa facoltà.

Tieni conto che noi occidentali siamo tartassati da mille stimoli, quindi riuscire a ritagliarsi del tempo, per sedersi e auspicarsi di essere concentrati, già questo farà sì che tu riesca a focalizzarti sempre e sempre di più.

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2 risposte

  1. Ciao Claudio,
    ti sono grata per il tuo contributo, chiaro e incoraggiante, su “ come fare a concentrarsi”
    Vorrei chiederti se ti sia possibile dirci qualcosa di meno concettuale sul “ lasciare andare” durante la fase dell’espirazione.
    Con gratitudine per il tuo lavoro,
    Rosa.

    1. Ciao Rosa, non capisco cosa mi chiedi. In che senso “meno concettuale?”
      Lasciare andare è una esperienza liberatoria e rilassante: lasci andare idee, preconcetti, pensieri, ansie.. dipende da quello che è nella tua esperienza del momento se ne parlo diventa concettuale. Fai caso che nella fase del espirazione c’è una tendenza naturale a lasciare andare con l’aria anche le tensioni corporee e mentali. Rispetto alla fase di ispirazione che è più attivante nella fase di espirazione c’è una maggiore tendenza ad abbandonarsi e anche a distrarsi.
      Per non essere concettuali il mio invito è di non cercare da me parole e concetti ma di stare con l’esperienza e vedere cosa c’è, realizzare cosa è presente e non trattenerla se tende a scivolare via quella esperienza, ma lasciarla fluire: lasciarla andare.
      Stai con quello che c’è. Conosci l’esperienza senza volerla cacciare e senza nemmeno fissarla e trattenerla

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