Come svuotare la mente

Molti vogliono meditare con l’auspicio di svuotare la mente.

Allora, intendiamoci su che cosa si intende per “svuotare la mente”, perché ci sono vari stati di coscienza che possiamo effettivamente avere mentre meditiamo. Ma non vorrei che questa ricerca ossessiva di svuotare la mente diventasse invece un’occasione per riempirla, questa mente, riempirla di “Devo svuotare la mente, devo svuotare”, che è un chiacchiericcio mentale…

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L’importanza del processo rispetto al risultato

come_svuotare_la_menteIl processo per svuotare la mente è più importante della mente vuota. Lo ripeto perché vorrei che fosse chiaro: il processo per svuotare la mente è più importante di una mente vuota. Che cosa voglio dire con questo?

Un primo passo, questo sì, ha una sua importanza: dare meno retta possibile al chiacchiericcio mentale, a questa mente piena di idee, concetti, pensieri che si accavallano, proprio come una scimmia impazzita che passa da un ramo all’altro.

Un pensiero porta a un altro, eccetera eccetera, in modo compulsivo e incostante. Questo rappresenta motivo di stress, ansia, stanchezza.

Ridurre il chiacchiericcio mentale

Quindi, abbiamo bisogno, il più possibile, di sfrondare questi chiacchiericci, tutte queste parole. Ma se ti dicessi di non pensare? Non ci si riesce. Ecco, tornando all’espressione che avevo detto prima, la strada che ci porta verso questo potenziale vuoto della mente è già di per sé benefica.

Sfrondare il più possibile questo chiacchiericcio mentale è già uno svuotamento importante della mente.

Produce un certo livello di calma. Il mio invito è quello di usare, per esempio, il respiro: un oggetto su cui porre l’attenzione per sfrondare quanto più possibile, non totalmente, il chiacchiericcio mentale.

Accettare di non riuscirci sempre

Piano piano si produce un livello di calma. Nella vita, abbiamo tutti alti e bassi. Ci sono momenti in cui possiamo raggiungere uno stato di mente completamente vuota e momenti in cui non ci riusciamo.

Ma non è grave non riuscirci. Anzi, diventa un problema volerci riuscire a tutti i costi, perché si riempie di nuovo la mente e si agita di nuovo la mente.

Non c’è una via per la pace; la pace è l’unica via. È importante capire questo aspetto. Quindi io non medito per svuotare la mente.

Se per svuotare la mente si intende sfrondare tutto il chiacchiericcio mentale, ci sta. Ma per “mente vuota” intendo una mente silenziosa, completamente vuota.

L’esperienza di una mente silenziosa

Riuscirci sempre è un’ambizione che potrebbe risultare molto frustrante. Tuttavia, con un po’ di allenamento, ci si riesce. Non tutti i giorni.

Quando meno te ne accorgi, la mente è silenziosa. Anzi, il fatto di stare con una mente silenziosa fa sì che tu non riesca in qualche modo a etichettare quell’esperienza, perché stai nel silenzio. Non hai bisogno di etichettare nulla.

È come perdersi in un tramonto: uno stato di pace privo di un tempo, privo di un obiettivo, privo di “mente vuota”. Nel vuoto non c’è spazio per le parole, non c’è spazio per gli aggettivi, non c’è spazio per le etichette. E quindi non c’è spazio per etichettare la mente vuota.

Perché accettare il percorso è fondamentale

Perché nel momento in cui tu dici “Guarda, ho la mente vuota”, in qualche modo già la stai riempiendo. Magari è un attimo, non è grave. Ma in qualche altro momento potresti dirti: “Ah no, però Claudio mi aveva detto che è grave!”. E così, capisci? Tutto di nuovo rientra dalla finestra, un chiacchiericcio mentale che per un momento si era sospeso.

Un momento che è eterno, un momento privo di una dimensione temporale. Perché quando siamo assorti in questo vuoto mentale non c’è spazio, non c’è tempo, non c’è etichetta: c’è vuoto.

In realtà, non è così lontano dal nostro quotidiano. Ho motivo di ritenere che in quasi tutte le meditazioni riusciamo, almeno per un istante, a vivere quella pace. Magari un istante così flebile, così poco etichettabile, che ci è più facile etichettare quando siamo distratti, quando siamo persi nei pensieri.

Diventare testimoni del pensiero

Però, già accorgerci che c’era un pensiero, etichettare il pensiero, ci fa cambiare posizione. Da essere trascinati via dal pensiero, in preda al chiacchiericcio mentale, diventiamo testimoni del pensare. Già questo produce calma, già questo ci permette di stare in uno stato mentale più elevato, più vicino a un vuoto mentale.

Ci accorgiamo che c’era un pensiero. Questo ci fa cambiare posizione: da trascinati via a protagonisti del nostro vivere. Stando nel qui e ora, c’è pace. E accorgerci che molto si avvicina a quello stato di vuoto mentale.

Samadhi e la profondità della mente

Non è ancora vuoto mentale, ma è propedeutico, vicinissimo. L’esperienza in sé, in sanscrito chiamata “Samadhi“, è uno stato di profondo assorbimento mentale. Ma ripeto: il mio invito è sfrondare il chiacchiericcio mentale, “svuotare la mente”, tra virgolette, senza l’ambizione di trovarla totalmente vuota.

Sarebbe frustrante accorgersi che non è così facile. La frustrazione non aiuta. Aprirci a lavorare in quella direzione, rimanendo nel percorso verso l’assorbimento mentale, già rende il percorso il punto d’arrivo. Focalizzarsi sul punto d’arrivo, al contrario, ci proietta sul futuro e non sul qui e ora.

Lo ripeto: proiettarci sul punto di arrivo ci fa focalizzare sul futuro e non sul qui e ora. Mentre noi, la pace, la troviamo nel qui e ora.

Insisto sull’importanza di fare pace con quello che c’è e di stare nel qui e ora. Questa è la via. Questa è la via per svuotare la mente.

 

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