Approfondimento sulla meditazione Vipassana

Un abbonato al Come Meditare Coaching domanda:

Nel percorso di approfondimento della meditazione Vipassana, mi sono imbattuto in tre modi differenti di identificare l’oggetto della meditazione stessa. Uno mantiene l’attenzione sul ventre che si alza e si abbassa (scuola Pian dei Ciliegi); uno scannerizza l’intero corpo facendo attenzione alle sensazioni corporee (scuola Goenka); l’altro si sofferma sulla zona compresa tra le narici e il labbro superiore (Santacittarama).

Come pensi ci si possa orientare in questa diversificazione di stili, in particolare qualora si dovesse alternare da uno stile all’altro? Non si rischierebbe di essere troppo altalenanti e/o superficiali e, quindi, non si arriverebbe in profondità?

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Introduzione alle tre tecniche principali di meditazione

Stiamo parlando di centratura. Stiamo parlando apparentemente di Vipassana, ma di fatto stiamo parlando di Samatha, prevalentemente di Samatha. Normalmente tutte e tre queste tecniche:

il migliore oggetto di meditazione in samatha-vipassanaattenzione al respiro sul ventre;

attenzione al corpo, col body scan (e alle sensazioni corporee); e tre,

respiro all’altezza tra la narice e il labbro superiore

Queste tre le considero come meditazione con un oggetto su cui porre l’attenzione. Quindi, tutti questi sono oggetti, cioè oggetti di attenzione, un luogo dove porre la nostra attenzione. Quindi, io sono il soggetto, osservo questa cosa (il respiro, il corpo, eccetera), questo oggetto.

Ecco, quindi, quando abbiamo un oggetto, tendenzialmente – e poi, mi smentisco – siamo in Samatha, cioè siamo in una fase precedente alla Vipassana, propedeutica alla visione profonda e quindi alla Vipassana, che però è di ancoraggio all’adesso ed è di concentrazione. Samatha significa appunto concentrazione.

La parola “concentrazione” mi piace poco perché suggerisce uno sforzo: non c’è sforzo in questa concentrazione, quindi tendo a preferire il verbo “focalizzazione”. Quindi, mi focalizzo, mi focalizzo su un oggetto su cui porre la mia attenzione. Nel caso specifico, il respiro. Poi parlo del body scan un attimo. Prima parliamo del respiro:

Tecniche di attenzione al respiro

anapanasati-respiro-nasoin realtà anche Goenka suggerisce come il Santacittarama (un monastero buddhista theravada), tra la punta del naso e il labbro superiore come attenzione al respiro. L’attenzione al respiro, che è una forma di Samatha – abbiamo detto di concentrazione – ha un nome anche questo in lingua pali, che è Anapanasati, dove Sati sta per consapevolezza, Anapana per inspirazione ed espirazione. Quindi consapevolezza del respiro: si può fare all’altezza del ventre, si può fare all’altezza delle narici.

Ciascuna delle due varianti ha vari modi per essere eseguita, ok? Ci sono varie scuole di pensiero.

Nel corso di meditazione di Vipassana le spiego più o meno tutte e ne spiego anche la differenza. Ora non entro troppo nei dettagli, però questa differenza qui la spiego perché merita, cioè la domanda richiede proprio questa spiegazione.

Normalmente, quali sono i vantaggi per esempio di porre l’attenzione al respiro addominale? Allunga il respiro e rilassa. A una persona che soffre d’ansia tendo a suggerire di usare questo tipo di attenzione alla pancia, soprattutto a una persona che magari tende ad andare molto sul mentale.

Quando tu sposti l’attenzione verso l’alto, verso il chakra superiore, stai poco radicato a terra. Quindi, spostare un po’ l’attenzione verso il basso ci aiuta a essere più radicati a terra, e questo è un altro vantaggio: chi è troppo mentale lo radichi anche un pochino a terra.

Quindi sono due livelli di vantaggio della respirazione addominale.

Qual è il vantaggio dell’osservazione al respiro tra la punta del naso e il labbro superiore? È che si raffina moltissimo il livello di attenzione, visto che si percepiscono delle sensazioni lievissime: puoi addirittura percepire la differenza tra l’aria fresca che entra e l’aria calda che fuoriesce e tocca questa zona qua.

Essendo sottilissima, questa sensazione raffina l’attenzione e può aiutare a focalizzare parecchio. Quindi la prima è soprattutto per quando c’è più ansia, quando c’è più distrazione: è più grossolana; questa, invece, è più raffinata come attenzione.

Io tendenzialmente prediligo quella addominale, ma quella che consiglio dipende con chi ho a che fare e per quanto mi riguarda dipende da cosa voglio ottenere. Cioè, voglio radicarmi di più, voglio raffinare la mia attenzione, e quindi opto o all’una o all’altra.

Come scegliere il punto di attenzione nel respiro

meditazione sul respiro addomeSu quale puntare? Ci sono varie scuole di pensiero, non entro troppo nel particolare.

Io personalmente faccio così: faccio prima un check del corpo, una specie di body scan generalizzato, sento il corpo come presenza sul suolo e comincio a porre l’attenzione al respiro.

Anche sul petto si può porre l’attenzione al respiro, non solo la pancia o il naso: dipende un po’ da come ti senti, diciamo così. Non mi distrarrei troppo a cercarla;  punterei in una zona e punterei a quella.

Puoi decidere di cambiare in corso d’opera? sì, però non stare troppo lì a pensarci: cerca di mantenere un luogo della tua attenzione. Ecco, una delle tecniche è proprio focalizzarti su quando porti l’attenzione al respiro, su dove lo hai sentito maggiormente in quel momento.

L’attenzione la sento di più sul petto? Ok, allora mi concentro sul petto. Ecco, questa può essere una tecnica, è una delle tecniche che suggerisco.

Ricapitolando, questo è quello che faccio:

  1. check del corpo,
  2. respiro dove lo sento di più oppure dove ho scelto prima di farlo, no? Quindi, ventre o narice.
    Poi è bello anche cambiare, no?
    È bello anche sperimentare: oggi lo faccio così, domani lo faccio colà e sperimento le varie tecniche.

Il body scan nella meditazione Vipassana

meditazione Body ScanOra, il body scan, cioè la scansione del corpo, è da un mio punto di vista – nel corso di Vipassana – lo prospetto come radicamento al corpo e quindi, avendo un oggetto come Samatha, come tecnica di concentrazione.

Ed è in effetti parzialmente così, però se vogliamo entrare nel tecnicismo, visto che tu hai una certa conoscenza (Pian dei Ciliegi, Goenka), hai evidentemente una certa conoscenza del mondo della Vipassana, della lingua pali, eccetera, è utile che ti faccia il quadro complessivo.

Chi ama la Vipassana spesso ama anche uno strumento che il Buddha ha lasciato, che è un discorso sui fondamentali di consapevolezza, che tradotto letteralmente è il Satipatthana Sutta. Sutta sta per discorso, Sati per consapevolezza, Patthana per fondamenta. Ok, quindi discorso sui fondamenti della consapevolezza. In questo discorso, Buddha ci invita a essere attenti a tantissime cose, una alla volta.

Prima a diverse cose inerenti al corpo, poi ha un paio di cose inerenti alle sensazioni, poi ha diverse cose inerenti alla mente, e poi ha diverse cose inerenti ai fenomeni, i Dhamma.

Questa è un po’ la struttura del Satipatthana Sutta. Io ne ho fatto un corso avanzato di consapevolezza dove insegno queste cose proprio perché ci sono tantissime tecniche, ciascuna merita un approfondimento, una sua conoscenza. Il discorso lo trovi anche gratuitamente.

Qui trovi il discorso gratis:
https://comemeditare.it/sutra-gratis/

e qui il corso avanzato di consapevolezza basato sul discorso:
https://comemeditare.it/corsoavanzato

Ricordo la prima volta che mi sono ritrovato a leggere questo discorso: ho detto “Sì, vabbè, ma come lo applico?” Anche se Buddha dice come applicarlo, non è poi così direttamente intuitivo.

E il body scan quindi lo ritroviamo sia in alcuni esercizi che Buddha ci invita a fare relativamente al corpo. Da notare: corpo, sensazioni, mente e fenomeni. Si va dal più grossolano, dal più radicato, dal più materiale, a un’attenzione sempre più raffinata a qualcosa di sempre più raffinato.

Quindi alcuni body scan non propriamente detti, però comunque che uno fa attenzione a certe parti del corpo, li ritroviamo sotto forme diverse tra gli esercizi proposti all’interno dell’attenzione al corpo.

L’evoluzione del body scan nella scuola di Goenka

Ma quello che viene insegnato nella scuola di Goenka, che poi è diventato famoso come il famoso body scan proposto da un suo allievo, che è Kabat-Zinn, che ha fondato la mindfulness – e quindi è un famoso esercizio di mindfulness – è il famoso body scan. Il body scan, come hai detto in modo appropriato, non è già tanto il corpo in sé quanto le sensazioni, e che cosa fanno le sensazioni rispetto al semplice corpo come aspetto fisico.

Già la sensazione è una percezione, anzi, è una risposta a una percezione. Le sensazioni, da un punto di vista buddista, sono “mi piace”, “non mi piace”, “mi è indifferente”.

Quindi rispetto a una percezione corporea, c’è un dolorino? – non mi piace; c’è la carezza del vestito, del lenzuolo sulla pelle? – mi piace; oppure tutte quelle cose dove non succede assolutamente nulla, per cui mi è indifferente.

Già questo è fare qualcosa di più sottile rispetto alla sola osservazione del corpo, e quindi per alcuni il body scan è già una forma di Vipassana. Ma io la propongo come se fosse una Samatha (la tecnica di concentrazione) perché il focus principale rimane il corpo; però, a dirla tutta, è già uno sconfinare da una forma di ancoraggio al corpo a un’attenzione più sottile, che già ci permette di vedere dei meccanismi come le sensazioni appunto, quindi in effetti è un bel passaggio che sconfina in vipassana.

Dal corpo alle emozioni attraverso il body scan

Meditazione Vipassana: processo di consapevolezzaNel corso di Vipassana dico anche, attingendo però a un approccio più laico, più psicologico, che comunque le sensazioni sono lì: parlo di sensazioni come percezioni, ma ci aprono in qualche modo alle emozioni. In poche parole a: come stiamo nel mondo

E quindi capire il corpo, consapevolizzare il corpo, ci permette di mettere alla luce quelle che sono le nostre sensazioni.

Capire, consapevolizzare le sensazioni, ci permette di mettere a fuoco quelle che sono le nostre emozioni.

Mettere a fuoco le nostre emozioni, quindi essere consapevoli delle nostre emozioni, ci permette di vivere meglio, cioè di allinearci alle nostre emozioni e regolarci di conseguenza: sappiamo cosa facciamo nel mondo, cosa vogliamo veramente e cosa non vogliamo, cosa ci fa bene e cosa ci fa male.

Questo significa vivere più pienamente la propria vita.

Quindi capisci come le sensazioni fanno un po’ da porta, da portale tra il mondo più materiale e il mondo della nostra mente: sono ancora estremamente legate al fisico, ma già non sono più solo fisico.

Rispondere alla diversificazione degli stili di meditazione

Torniamo alla domanda:

come pensi ci si possa orientare in questa diversificazione di stili, in particolare qualora si dovesse alternare da uno stile all’altro? Non si rischierebbe di essere troppo altalenanti e/o superficiali e quindi non si arriverebbe in profondità?

Sì e no, nel senso che sì, io sconsiglio di passare da uno all’altro in continuazione. Normalmente suggerisco, come ho già detto, di sapere prima cosa vuoi fare. Io comunque passo da un check del corpo al respiro, ma lo faccio abbastanza velocemente e poi mi focalizzo su un solo aspetto del respiro. Posso cambiare, ma tendenzialmente non lo faccio. Può succedermi, però cambio: cerco di cambiare una volta sola.

Altalenare in continuazione può essere una tecnica, posso deciderlo prima però, cioè tendo a sconsigliarlo di farlo a caso random.

Comunque un giorno posso decidere oggi lo faccio a caso, ma a quel punto non è che vado a caso veramente: ho scelto di sperimentare una cosa particolare, che è quella di andare a caso. È chiara la differenza? Un conto è non so che fare e continuo a fare cose a caso, un conto è scelgo invece come porre la mia attenzione, anche se dovessi scegliere per una volta di andare a caso.

Profondità e continuità nella pratica della Vipassana

Per andare in profondità conviene in qualche modo raffinare l’attenzione.

Però attenzione, la profondità è già Vipassana: Vipassana infatti significa visione profonda, visione penetrativa.

E che cosa facciamo? Innanzitutto, come dicevo prima, ci focalizziamo, quindi usiamo un oggetto di attenzione, e poi, poi una volta che in qualche modo la nostra attenzione non è più divisa, non siamo più distratti e siamo focalizzati, cominciamo a estendere la nostra attenzione.

A cosa? Dipende. Normalmente Vipassana è a 360°. A 360° vuol dire che se sono molto distratto io rimarrò un pochino più in superficie; se sono più focalizzato, raffino e vado più in profondità.

Che cosa vado a fare? Eh, dipende da come sto nel qui e ora. Non cerco mai l’ideale: sto con quello che c’è nel qui e ora.

Se sarò molto distratto tenderò a fare delle tecniche più di focalizzazione e magari anche a usare nella focalizzazione quella un po’ più grossolana, la pancia per esempio, o il petto.

Se invece comincio a vedere che ho bisogno di focalizzarmi sì, però posso usare già un’attenzione un po’ più sottile che magari mi aiuta non tanto a concentrarmi, ma a rimanere concentrato. Quindi a mantenere quel filo, quel legame con l’oggetto di attenzione.

La continuità dell’attenzione nel respiro

Quindi, da distratto seguo il filo del respiro: seguire il filo del respiro può riuscire abbastanza bene anche tra la narice e la punta del naso. Però, ripeto, provare per credere.

Ricapitolando: andare a caso, o “random”, non lo consiglio, a meno che una tantum, una volta ogni tanto, tu decida di farlo, ma proprio il più raramente possibile. Non decidi di farlo “random”; puoi comunque cambiare, ma cerca di non cambiare. Cerca di mantenere un oggetto di attenzione che rimanga quello, perché l’oggetto ha senso se rimane la tua ancora. Se cominci a spostarti da un’ancora all’altra, la barca va avanti. Se tiri su l’ancora e la rigetti in un’altra, e poi ne rigetti un’altra, la barca va avanti. Se ancori e usi quella come ancora, la barca si ferma.

 

Guarda il Video – il migliore oggetto di meditazione in samatha-vipassana

 

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7 risposte

  1. Grazie Claudio,
    hai esposto in modo chiaro e soprattutto pratico i diversi modi di meditare per andare sempre in profondità per conoscere se stessi.

  2. Fantastica risposta, dettagliata e comprensibile, soprattutto perché certe domande mi sembrano letteralmente un po’ troppo tecnicistiche e fini a se stesse…Come se si stesse studiando il montaggio di un computer e non si volessero fare errori … Non si sente , in chi fa queste domande, l’abbandono e la pace mentale che scaturisce da questa pratica…Ma una ricerca di perfezionismo che non ha niente a che vedere con la Meditazione…grazie mille per il tuo tempo e la tua dedizione! Omshanti

    1. ciao confesso che talvolta anche io ho la stessa impressione, ma in taluni casi sò che sono dubbi plausibili e che se non li fanno a chi , come me, vuole rispondere alla domanda “come meditare” ?non saprebbero bene come farla.. ed i dubbi rovinano l’esperienza anche del meditante più avanzato. Certe volte ci possiamo perdere in un bicchiere d’acqua.

  3. Ciao Claudio,
    Grazie per lo splendido articolo.
    Quando scrivi ” in corso d’opera”, intendi nella stessa sessione di meditazione?
    Gianluca

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