Consapevolezza e Meditazione: Svilupparla e Gestirla
Un abbonato al Come Meditare Coaching domanda:
Puoi ritornare sul concetto di consapevolezza, come svilupparla con la meditazione, come gestirla durante il rimuginare dei pensieri, evidenziando la metodologia da seguire confrontandosi con le emozioni e le sensazioni interne? Accorgersi del rimuginio non è già consapevolezza? Grazie.
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Contenuti
- Consapevolezza e Meditazione: Svilupparla e Gestirla
- Il Rimuginio e la Consapevolezza
- Lo Switch della Consapevolezza
- L’Importanza di Accorgersi dei Pensieri
- Il Primo Livello di Consapevolezza
- La Consapevolezza nel Qui e Ora
- Espandere la Consapevolezza
- La Non Linearità della Pratica
- L’Importanza della Pratica e delle Tecniche
- Guarda il Video – vari livelli di profondità in meditazione vipassana: il potere della consapevolezza
Il Rimuginio e la Consapevolezza
Allora, accorgersi del rimuginio non è già un grado di consapevolezza? Come possiamo sviluppare questa consapevolezza? Quale tecnica adottare?
Beh, sicuramente samatha e vipassana ci sono di aiuto. Eh, samatha, lo ricordo, significa la parte concentrativa della vipassana. Vipassana è invece la parte penetrativa, che va in profondità.
Accorgersi del rimuginio è già un livello di consapevolezza. Esatto, perché il più delle volte il rimuginio c’è, ma mi sta portando via, mi trascina via.
Io non mi accorgo neanche che la mia mente è padroneggiata dai pensieri, che sono padroneggiato dai pensieri. Io non sono presente. E, se non sono presente, vuol dire che non ci sono. Non essere presente vuol dire che non ci sono.
Quando io sono padroneggiato dai pensieri, io non ci sono.
Lo Switch della Consapevolezza
Quindi, già il solo fatto di accorgermi che c’è un rimuginio, già quell’istante in cui mi sono accorto che ero padroneggiato dai pensieri, è già un buon livello di consapevolezza che permette di fare uno switch, uno switch tra essere trascinato via dai pensieri e dire: “Proattivamente, sono io il protagonista, a quel punto, che sto pensando, che sto rimuginando.”
Quindi è un momento magico, banale forse, perché lo facciamo tante volte di accorgerci, ma fa la differenza. Fa la differenza al punto che può salvare la vita.
L’Importanza di Accorgersi dei Pensieri
Chi di noi non si è ritrovato infuriato, a litigare violentemente, verbalmente, rischiando anche di passare alle mani? Chi di noi, a un certo punto, non si è chiesto: “Che sta succedendo? Che sto facendo? Che mi sta succedendo?” Ecco, questo è lo switch, e questo switch permette di non fare azioni malvagie.
Un’altra cosa che ripeto: è come dire… aver sentito degli assassini dire: “Ero fuori di me” quando ho assassinato. “Ero fuori di me.” Di nuovo, la presenza, l’assenza di presenza. Ero… non c’ero.
E ha fatto un’azione malvagia, che ha conseguenze sulla sua vita e su quella della povera vittima assassinata, per sempre. Ora capisci che ti salva la vita?
Cioè, quello switch è salvifico. Però è chiaro che quello è un episodio estremo, ma è un episodio estremo a cui siamo tutti esposti. Per fortuna, è solo una minoranza che mette in atto un gesto efferato, ma ne siamo tutti potenzialmente capaci.
E la stragrande maggioranza di noi, nella stragrande maggioranza dei casi, riesce in qualche modo a dire: “Che mi sta succedendo?” e accorgersi dei pensieri, accorgersi delle emozioni e accorgersi di che cosa sta succedendo.
Il Primo Livello di Consapevolezza
Ecco, quello è già un primo livello di consapevolezza. Come vedi, è fondamentale, è salvifico. Non voglio che, perché sia apparentemente banale, lo si sottovaluti.
Perché lo riconosciamo tutti e, chissà quante volte, anche nel corso di una semplice meditazione di cinque minuti, ci è successo di accorgerci dei pensieri. Perché questa cosa, apparentemente banale, invece è salvifica ed è già un primo livello di consapevolezza. Esatto.
La Consapevolezza nel Qui e Ora
Poi, a seconda di come stiamo nel qui e ora… e quindi attenzione, non c’è un manuale sempre pronto. Nel senso che, nel qui e ora, le cose sono diverse e quindi non c’è una regola che vale per sempre.
Perché a seconda di come stiamo, possiamo andare più o meno in profondità. Se sarò molto distratto, avrò bisogno di concentrarmi parecchio e quindi userò di più il respiro, userò di più la parte di concentrazione, appunto samatha.
Ma quando mi accorgo che in qualche modo ci sono, ci sono, sono presente, comincio a pormi più domande. E quindi, invece di focalizzarmi solo per esempio sul respiro, comincio a dirmi: “Ma come sto? Quali sono le emozioni? Quali sono le sensazioni corporee e quali sono le sensazioni emotive? Mi piace? Non mi piace questa cosa? Mi è indifferente? E quali sono le emozioni?” E quindi comincio a indagare e espando il livello della mia consapevolezza.
Espandere la Consapevolezza
Espandere il livello di consapevolezza significa andare sempre più in profondità. Io immagino dentro noi stessi, no? Quindi l’oggetto di indagine è il nostro campo esperienziale, e questo campo esperienziale va da ciò che è più evidente a ciò che è più in profondità, più nel nostro inconscio.
E quindi, la pratica penetrativa, la vipassana, la visione profonda, permette di andare, come una cipolla fatta a strati, sempre più in profondità, sempre di più. Sia in generale, perché a forza di praticare sono in grado di andare ogni tanto più in profondità, sia però in ogni sessione meditativa.
La Non Linearità della Pratica
Perché poi non è che vado sempre di più in modo lineare. No. Cioè, il giorno in cui sono andato molto, molto in profondità, il giorno dopo sono parecchio distratto e non ci riesco.
Rimango più in superficie. Ma non è che non riuscire ad andare in meditazione in profondità, come il giorno prima, vuol dire che quella sessione sia inferiore a quella del giorno prima. Questo è un nostro modo di etichettare le cose.
Semplicemente, nel qui e ora faccio quello che riesco per andare in profondità. Se sono molto distratto, già il fatto di essere meno distratto è già un successo. Già il fatto di accorgermi del rimuginio è già un successo, come abbiamo detto.
Se poi riesco anche ad andare più in profondità, ben venga. Ma se non ci riesco, non è che sto meditando male. È chiaro questo? Spero di aver reso l’idea.
L’Importanza della Pratica e delle Tecniche
E ho già detto come fare, ma lo sai già, perché hai fatto poi il corso di vipassana, il corso di meditazione per indaffarati, hai fatto il corso avanzato di consapevolezza. Quindi tutte le tecniche le conosci molto bene. In grande sintesi, cosa facciamo? Mi focalizzo.
Quando sono focalizzato, anche spontaneamente mi viene da indagare, da vedere oltre. Che cosa c’è oltre il respiro? Che cosa emerge? Sto con quello che c’è. Se queste sensazioni più sottili faccio fatica a vederle, perché mi distraggo facilmente, tornerò più al respiro, perché è quello di cui ho bisogno.
Ma, come vedi, non c’è una regola fissa. Sto con quello che c’è. C’è tanta distrazione? Mi focalizzo. C’è più attenzione? Indago. Ma ti viene spontaneo quasi farlo. Poi, avere queste istruzioni sicuramente ti può dare una direzione.
Quindi sì, ma lo ribadisco: sono tutte cose che in qualche modo già sai. Ecco, quindi come fare.
Guarda il Video – vari livelli di profondità in meditazione vipassana: il potere della consapevolezza
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Grazie mille.la profondità può condurci anche all’ esterno.
Forse eliminare interno esterno
mi piace la tua osservazione direi proprio di sì: quando, guardando dentro, scopriamo sempre di più di come stiamo nel mondo, l’interazione (tra dentro e fuori) piano piano prende più importanza e il senso di separatezza si affievolisce sino a diventare tutto un Uno, privando sempre più di significato parole come interno ed esterno